on Hacker & The Hacksaws

Essere capaci di interpretare efficacemente, in modo credibile, di unificare in un unico sound repertori tanto diversi tra loro come quelli di Little Johnny Taylor, Chuck Berry, Elmore James, Robert Johnson e Sleepy John Estes, non è facile. Se ci si riesce, i risultati ottenuti possono essere incredibilmente stimolanti, oserei dire esaltanti.
Ron Hacker, chitarrista bianco californiano, passa dal repertorio urbano a quello country-blues, filtrandoli attraverso il suo dirompente slide-style, ottenendo gli effetti citati.

L’arrivo di Hacker sulle scene è tardivo ed in Europa viene scoperto solo alla fine degli anni Ottanta, anche se è attivo nella Bay-area, dove è residente, da più di quindici anni. Una infanzia difficile ed un amore precoce per la musica dei neri caratterizzano la sua vita. Con il passare del tempo, sempre accompagnato da una lunga serie di problemi personali, ha avuto modo di capire che, forse, era meglio concentrarsi a suonare il blues piuttosto che viverlo. Grazie a questo il blues ‘suonato’ ha trovato uno dei suoi migliori interpreti bianchi rubandolo a quello ‘vissuto’.

L’esordio discografico avviene nel 1988 con No Pretty Songs, un album ancora incredibilmente attuale come testimonia l’accoglienza avuta dalla sua ristampa in compact. Esso rimane tuttora la sua miglior credenziale e riascoltandolo possiamo immaginare il perché. Arricchito da due inediti di recente registrazione che portano la sua firma, la visionaria Snake Dancin‘ ed un sentito tributo a James Rachell, il mandolinista blues scomparso cui il CD stesso è dedicato, dal titolo Blues For Yank,  No Pretty Songs si fa sempre apprezzare per il repertorio chicagoano eseguito in stile tipicamente west-coastiano.

Assistiamo ad una sfilata di nomi tra i più popolari nella Bay-area: Johnny Nitro, chitarra, la vocalist Jo Baker, il sax di John Firmin, Hurricane Sam e Ron Thompson, piano, Nancy Wright, che in seguito entrerà nella sua band, al sax. Ma al di là dei side-men che irrobusticono íl sound del suo collaudato quartetto, quello che stupisce sono le doti del protagonista in grado di interpretare il blues con divampante passione senza trascurare un asciutto rigore espressivo.
Una chitarra in grado di unire tecnica e fantasia ad un’impressionante potenza che rasenta la ferocia a livello espressivo. Un chitarrista slide straordinario il cui stile, in chiave elettrica, colpirà tanto i fans di Thorogood quanto gli estimatori di stilisti come Roy Rogers, Ron Thompson e delle nuove stelle della slide-guitar.

La solitaria chiusura acustica alla national-steel, nel blues per Yank Rachell, un sigillo di pura classe degno di un Kaukonen.
Il secondo album esce nel 1990 e vede la presenza di Nancy Wright al sax al posto dell’armonicista Dave Wallhausen. Cambiamento che non impedirà a Ron ed i suoi Hacksaws di segnalarsi come uno dei più interessanti blues-act usciti dalla West Coast scene negli ultimi anni.

Nonostante Barstool Blues rappresenti una involuzione rispetto al precedente lavoro, registrato in studio e con molto più materiale originale, conferma comunque tutte le buone cose dette sul conto di questo cantante-chitarrista.  Barstool Blues, registrato dal vivo in un piccolo locale di San Francisco, immediato, accattivante, anche gli astemi di blues lo possono gustare tutto d’un fiato, trasporta l’atmosfera live direttamente tra le pareti di casa vostra, convoglierà più di un fans del rock verso questa musica.

I ‘thorogoodiani’ ed i fans del blues-rock-boogie potranno ritrovare una formula tanto amata, il sound degli Hacksaws si regge sulla slide-guitar di Ron e l’incredibile corposità del sax di Nancy Wright, ed andranno in visibilio per il blues-feeling di questa band, per il loro modo di rileggere e rivisitare classici, per la loro autenticità, per il sound coinvolgente, a tratti straripante.

Esaltare le doti di chitarrista di Ron Hacker, di un vocalist molto coinvolgente e viscerale, dal naturale blues-feeling, spendere parole per la corposità e la classe del sound di questa piccola-grande formazione, non rendono giustizia a questo personaggio ed alla sua band.
Per farlo, bisogna citare il trasparente amore verso il blues, le doti espressive di un interprete che dà la sensazione di dare tutto, l’originalità e la freschezza unite alla solidità ed alla potenza del sound d’insieme, ed altro ancora.

Nella sua espressione musicale, nel suo blues, Ron Hacker riesce a trovare un comun denominatore tra le qualità del blues californiano, elegante e raffinato, con un suo rigore stilistico degno dei migliori talenti della chitarra slide oggi di gran moda, e la graffiante e grintosa carica insita nei migliori interpreti di rock-blues delle zone industriali della costa est.
I suoi prossimi progetti sono un tour europeo ed un compact acustico. Per ora continua a suonare il blues con i suoi Hacksaws.

Franco Ratti, fonte Out Of Time n. 4, 1994

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