Come dice lo stesore delle note di copertina, il celebre J. Lomax terzo, ci troviamo oggi spesso a definire con termini di normale uso generi che, nel tempo, sono stati soggetto di difficile interpretazione. Problemi di marketing hanno portato artisti, anche di nome, ad essere in qualche modo banditi da quel sistema che, nel mondo della musica, ignora tutto ciò che non riesce a catalogare. Americana, alternative o insurgent country sono oggi termini che, tra gli appassionati, immediatamente riportano i pensieri su qualcosa di chiaro e specifico ma, nel caso di Earl Scruggs, avrebbero probabilmente aiutato a far decollare un progetto, quello appunto della sua Revue, che, in effetti, ebbe ai tempi parecchi problemi.
Dire che la sua musica era bluegrass sarebbe stato scontato, cosa aspettarsi dalla metà del duo Flatt & Scruggs, ma non avrebbe dato realmente l’idea e, sicuramente, avrebbe lasciato perplessi parecchi appassionati; come può essere bluegrass se si sentono, tra banjo e traditional, Dylan, Rod Stewart ed Elton John, se insieme all”high lonesome sound’ troviamo batterie travolgenti, chitarre incendiarie e molti personaggi del rock più rock. Billy Joel, Charlie Daniels, Bonnie Bramlett, Loudon Wainwright 3, Johnny Cash, Alvin Lee, Roger McGuinn, Linda Ronstadt, Clarence White, Waylon Jennings e perfino le Pointer Sister sono lì ad impedirci di catalogare questa musica in un genere piuttosto che in un altro, a meno che, come è stato provato furbescamente da qualche agile ex discografico, inventarne qualcuno.
Purtroppo ai tempi non tutti erano pronti per godere di tale prosperità, e molta musica di questa Revue si perse tra le crepe esistenti nello show-biz americano… ora, che abbiamo trovato l’etichetta giusta, vediamo di non farceli scappare un’altra volta.
Edsel 552 (Bluegrass Tradizionale, Bluegrass Progressivo, 1998)
Paolo Liborio, fonte Out Of Time n. 27, 1998
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