Gillis Brothers - Heart & Soul cover album

Ne ho letto, ne ho sentito parlare parecchio, ma questo è il primo disco dei fratelli Gillis che ho il piacere di godermi. La musica che ne esce non sorprende, e conferma i commenti di alcuni amici che mi hanno riferito di quanto questi due siano legati al suono degli Stanley Brothers.
Il loro debutto discografico lo hanno fatto con la Hay Holler Harvest per la quale hanno, 1995) inciso alcuni dischi, ed ora passano di categoria avendo firmato per la Rebel, etichetta che ha ospitato, guardacaso, Ralph Stanley per circa vent’anni.
Heart & Soul si propone ad un pubblico legato alla tradizione, infatti il suo ascolto stupisce per fedeltà ad uno stile fermo su se stesso, ma comunque capace ancora di affascinare quanti tra i fans del bluegrass sono legati alla ‘golden era’ del genere. Anche la solita Rebecca Pittard, che ne ha curato la grafica della copertina, ha pensato bene di creare un’immagine che non lascia dubbi in tal senso, con una foto che ritrae i due, granitici, e con uno sguardo un po’ perso nel vuoto, senza tempo.

John e Larry Gillis suonano, rispettivamente, chitarra e banjo perfettamente nello stile degli Stanley, e cantano perfettamente nello stile degli Stanley. Può essere che questo vi faccia un pò sorridere, e vi capisco. Tuttavia, se fossi in voi, aspetterei a darne un giudizio almeno fino ad un primo ascolto di questo disco che, onestamente parlando, possiede più di un buon motivo per essere acquistato. Provateci, potreste apprezzare le loro voci, decisamente buone e ben utilizzate, con un tenor (Larry) che è stato lavorato minuziosamente su quello del vecchio Ralph, e il banjo ancora più grezzo e reminiscente delle scure montagne appalachiane di quello di un Richard Undenwood (non lo avete dimenticato, vero?). Anche la chitarra è ben inquadrata nello stile, molto presente, con pochi bass runs ma generosa in quanto a cross picking. Il violino è suonato dal sempre ottimo Glen Duncan; Robin Smith, buono pure lui, pensa invece a dare il tempo e ‘spingere’ col contrabbasso. Nei pezzi veloci, e soprattutto quando è il violino a prendersi l’assolo, mi pare che il suono cada un poco: un mandolinista come si deve (che dite di David McLaughlin?) avrebbe potuto sostenere l’intera band e aiutare ì due a produrre un suono persino più grintoso di quanto lo sia già (e lo è, accidenti se lo è).
Sta a voi, in definitiva, giudicare se due talenti come questi siano forse un po’ sprecati nella ricerca quasi ossessiva di fotocopiare un sound non loro. Personalmente credo che i due Gillis abbiano una grande potenzialità (ascoltate solo le voci, e poi ne parliamo), perciò ritengo che presto riusciranno a costruirsi una personalità tutta loro: io sono paziente, e mi attendo molto dai Gillis Brothers.

Rebel REB 1720 (Bluegrass Tradizionale, 1995)

Maurizio Faulisi, fonte Country Store n. 29, 1995

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