Entrambi protagonisti della scena musicale di Los Angeles, i due musicisti che formano i Thee Holy Brothers arrivano al secondo lavoro discografico con un pesante e travagliato bagaglio personale che sembra non aver inficiato la riuscita di un album dalle molte note positive.
Marvin Etzioni ha lasciato il segno negli anni ottanta per aver fatto parte con Maria McKee dei californiani Lone Justice, portando il proprio talento anche nelle vesti di produttore per Counting Crows, Judy Collins e Stephen Stills tra gli altri, mentre Willie Aron è cantante, compositore per cinema e tv e polistrumentista membro del supergruppo The Third Mind con Dave Alvin, con un passato come fondatore dei Balancing Act e vicino ai Dream Syndicate di Steve Wynn.
High In My Balloon racchiude lo spirito più fresco e inventivo della scena californiana, citando spesso quel power pop e quel folk-rock tipicamente westcoastiano fin dalle prime note dell’introduttiva Born Torn dove rivivono i suoni byrdsiani legati alla straordinaria epoca di Laurel Canyon.
Tra armonie vocali, squillanti chitarre e anche un po’ di reminiscenze a la Phil Spector e Brian Wilson, Thee Holy Brothers si avvicinano ai Beach Boys di Pet Sounds nella gustosa The Holy In Everything, particolarmente apprezzata e molto trasmessa dalle radio nel periodo natalizio, mentre la divertente Guru Honk si avvale del mellotron di Rami Jaffe, già con i Wallflowers di Jakob Dylan e i Foo Fighters.
Il disco è una sorta di viaggio, terapeutico e profondamente curativo, che cerca di esorcizzare le paure e i dolori che i cicli chemioterapici di Marvin Etzioni e la sofferenza per la perdita del coniuge di Willie Aron possono complicare il loro percorso artistico.
L’ottimistica Sunshine In My Veins è in questo senso una forte risposta a tutto questo, con Magic Jacket che subisce l’influenza della ‘british invasion’ degli anni sessanta tra Who e Beatles e la suadente I Am Time che gioca con melodie cristalline e solari ancora una volta chiaramente californiane.
Tutto lo sviluppo strumentale di High In My Balloon è sulle spalle di Marvin Etzioni e Willie Aron e la loro duttilità rende queste sessions ricche di spunti intriganti con i riferimenti inevitabili a una stagione che ancora appassiona.
Emily Parade spicca per un arrangiamento di finissima marca a cui partecipano gli archi arrangiati da Paul Nelson mentre la fiatistica I Can See Through My Window Now si incanala tra country e rock spostandosi idealmente nel profondo sud, seguita dalla cadenzata (con rimandi a Johnny Cash e al suo ‘boom-chicka-boom’) Ode To Harry Cell e lasciando alla canzone che da il titolo all’album il compito di congedare la selezione con tutto il sapore degli anni sessanta, grazie anche all’uso dell’organo hammond, in un altro momento da sottolineare per freschezza e spigliatezza.
Disco questo sicuramente nostalgico dal punto di vista musicale che però non manca di suscitare fascino e attrattiva.
Regional (Country Rock, Roots Rock, 2025)
Remo Ricaldone, fonte TLJ, 2025