Tim Buckley - Live At The Troubadour 1969 cover album

Dopo l’interessante Dream Letter, prezioso documento postumo per questo songwriter californiano prematuramente scomparso, abbiamo la possibilità di ascoltarlo in questo ‘live’ registrato al Troubadour di Los Angeles. Vi sono solo 13 mesi di distanza tra i due lavori, ma le differenze tra la performance londinese e questa sono notevoli. Vi emerge una personalità più complessa e matura, decisamente più a suo agio nello sviscerare le sue complesse composizioni del periodo ricco e fertile di Lorca e Blue Afternoon.
La ritmica completa: Art Trip, batteria, John Balkin, basso, e Carter Collins, percussioni, sostengono magistralmente l’elaborato intreccio sonoro delle chitarre acustiche, Buckley, ed elettriche, un ispirato e jazzoso Lee Underwood.

Tim spazia con lunghe ed arrangiate folk-songs che si tingono di jazz per il senso ed il gusto della libera improvvisazione nei temi, per la continua necessità di sperimentare sonorità e soluzioni strumentali nuove, per la ricchezza e la creatività degli arrangiamenti – decisamente impensabili per quel periodo ed ancora attualissimi – e folk per l’uso di una voce capace di centellinare emozioni a getto continuo, bellissima nell’enfatizzare liriche di intensa bellezza e sentimento. Poche righe non bastano a descrivere tanto personaggio, erede spiritual-musicale in dimensione folk- jazz west-coastiana di quello che era stato Tim Hardin negli anni precedenti. Tanto grande come autore, sempre più rivisitato negli ultimi anni, che come interprete, come dimostrano anche i due inediti proposti in questo lungo compact, Buckley un personaggio unico ed originalissimo. Difficilmente voce, canzoni e strumentazione si fondono in un modo così unico ed omogeneo come nei dischi di questo talentuoso songwriter. Ritorniamo con piacere al passato per riscoprire, attraverso un caleidoscopio, emozioni d’autore.

Edsel ed cd 400 (Singer Songwriter, 1994)

Franco Ratti, fonte Out Of Time n. 3, 1994

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