Una serie di dischi con gli Hot Rize, tre con la sorellina Mollie, uno con i suoi O’Boys e altri tre a suo nome; il primo dei quali prodotto dalla Flying Fish circa dieci anni fa, il secondo che doveva far parte del catalogo di una major (contratto stracciato all’improvviso ed in maniera inspiegabile con tanto di ‘lieto’ fine in tribunale) ma poi stampato dalla Sugar Hill e, infine, Rock In My Shoe. Tim O’Brien è un artista di cui vi abbiamo già parlato in diverse occasioni, nonostante la tenera età di questa rivista; infatti si tratta di uno dei più prolifici e validi cantautori-interpreti in circolazione, uno di quelli che, pur volteggiando in un ambito definibile ‘country’, sono in grado, avendo fatto propri i diversi generi musicali, di spaziare con la più naturale disinvoltura. Ma queste sono cose già dette e ripetute; Tim dovreste ormai conoscerlo, e se cosi non fosse, allora sappiate che non esiste sufficiente cenere sul pianeta da potervi cospargere sul capo.
Parliamo del disco. Odd Man In, uscito nel ’91, è quel CD che doveva essere stampato da una major, e rimane ancora una volta la perla della sua collezione. In altre parole, anche se si tratta di una ottima produzione, Rock In My Shoe non raggiunge il livello espresso in quella occasione. Difficile poter incidere un altro disco di tale levatura, bisogna ammetterlo.
Probabilmente dovrebbe, a mio modesto parere, distinguere maggiormente quanto propone con le diverse formazioni con le quali incide dischi: con Mollie è ideale il repertorio di old time country; con i suoi O’Boys si può permettere di navigare liberamente attraverso tutto ciò che degli strumenti acustici (suonati insieme a due assi come Scott Nygaard e Mark Schatz) sono in grado di poter creare; a suo nome invece farebbe bene a mantenere quel sound di Odd Man In, tamburi più evidenti (a differenza delle ‘solite’ snare drums), elettrica e piano discreti, mantenendo tuttavia il suo caratteristico bilanciamento elettroacustico.
Rock In My Shoe è un bel disco, ma poco diverso dai precedenti, quindi privo di quell’impatto e continua originalità, che i suoi incontentabili fans da lui si attendono ad ogni produzione.
Ciononostante, almeno 7 o 8 canzoni in esso contenute sono a dir poco splendide, a partire dalle rockeggianti Long Distance e Rock In My Shoe, due brani che faranno ballare anche la vostra vecchia zia: rock’n’roll acustico, ‘spazzolato’, speziato da una accordeon trascinante che accompagna a tempo di two-step l’ascoltatore a braccetto da una parte all’altra del confine Louisiana-Texas; One Girl Cried sarà in grado dì trasmettervi la tristezza di quella ragazza con gli occhi lucidi, seduta al tavolo in fondo alla sala, unica attenta, coinvolta da una canzone eseguita sul piccolo palco, toccata come se a lei fosse diretta; Edge Of The Storm è l’ennesima storia che tratta la fuga, l’addio all’insignificante vita quotidiana da parte di una giovane donna con in tasca arrotolati i pochi dollari che i suoi vecchi le hanno donato, la solita bellissima storia della ricerca di se stessi attraverso il viaggio e la fuga, uno stereotipo tutto americano che riesce ancora ad affascinare; l’old time-quasi-bluegrass di Climbin’ Up A Mountain con tanto di clogging registrato (grande, Mark!), ecc.
Se non conoscete Tim O’Brien scordate tutte queste masturbazioni mentali e impossessatevi e godetevi Rock In My Shoe; se, al contrario, siete già suoi fans, sarete d’accordo sul fatto che il non dare una sterzata alla sua impostazione per Tim vorrà dire portarsi ancora a lungo quel sasso nella scarpa…
Sugar Hill SHCD 3835 (Folk, Singer Songwriter, Country Acustico, 1995)
Maurizio Faulisi, fonte Out Of Time n. 11, 1995
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