Cosa dobbiamo aspettarci da un cantautore in questo terzo millennio dopo che tutte le note sono state suonate e le parole cantate? Cosa può ancora toccare questo mio incorreggibile ‘heart of stone’?
Semplice: un arpeggio di chitarra ben suonato, alcune sapienti spruzzate di piano e violino, una voce distintiva e possibilmente accarezzata dai chilometri della vita e, non ultimi, testi profondi che si interrogano sui grandi temi ideali che attanagliano la società e la vita stessa, forse non proprio di moda di questi tempi, ma con i quali le nuove generazioni dovranno inevitabilmente confrontarsi.
Questo cocktail è perfettamente riuscito a Pacheco, classe ’46, giunto al suo 15° album; Tom ci regala undici belle canzoni con melodie che lasciano il segno e ti scavano un solco tra l’orecchio ed il cervello, sempre più profondo dopo ogni ascolto.
Il disco è ben suonato, infatti sono della partita importanti session men come il fido Steinar Albrigtsen chitarra e canto, Jerry Marotta alla batteria, Scott Petito al basso e produzione oltre al cammeo assoluto rappresentato dalla presenza al banjo (in due brani) della leggenda Pete Seeger.
Tra i brani in particolare segnalo la ritmata e accattivante What About Us e le convincenti Broken Piano, Butterfly oltre alla delicata Indian Prayer in apertura e la struggente title track There Was A Time.
Un album suggestivo da conser vare gelosamente per le lunghe sere invernali, quando magari hai litigato con la vita e devi fare gli origami con l’anima per renderla presentabile; non disperate, è comunque garantito, come sempre, l’effetto omeopatico della musica.
Appleseed CD 1067 (Singer Songwriter, 2992)
Gianni Zuretti, fonte Out Of Time n. 43, 2004
Ascolta l’album ora