Tony McPhee – Foolish Pride cover album

Chi scrive ha sempre nutrito un profondo amore per la ruvida ed intelligente poetica di Tony McPhee, il meno calligrafico, il meno tecnico, il meno ‘British’ insomma dei numerosi intelligenti chitarristi sfornati dall’Inghilterra nei secondi anni sessanta; l’uomo che con i suoi Groundhogs ha agitato la scena Blues londinese con la miscela incendiaria Hooker più Psichedelia, costruendo una musica aperta e tesa, urgente e dinamica, a suo modo progressiva.
Ed è proprio questa innata capacità di far funzionare organicamente, biologicamente macchine umane come i Groundhogs (quelli ‘perfetti’ di Split, o Thank You Christ For The Bomb, ma anche quelli recenti, soprattutto se visti a casa loro, negli antri scuri di certi pub londinesi) che rende non felice il rapporto di McPhee con le altre macchine, quelle ad esempio utilizzate per registrare da solo in casa questo ultimo Foolish Pride, il secondo lavoro senza Groundhogs dal remoto 1973 Two Sides Of Tony Mc Phee.

Va detto subito che non tutte le composizioni funzionano: meglio quelle più vicine alla solida tradizione del Rock-Blues come On The Run dove McPhee si ricorda di essere un maestro della tecnica slide ed il boogie chitarristico Been There, Done That nel quale ricorda a noi di essere forse l’unico inglese ad aver ben compreso quel John Lee Hooker a cui il dischetto è dedicato.
In certi momenti non funziona alla perfezione il rapporto di McPhee con l’ambiente domestico, nel quale devono risaltare quelle doti di ‘bel gusto’ e pulizia chitarristica che il nostro sofisticatissimo selvaggio urbano non ha mai posseduto.
In ogni caso Foolish Pride rimane un’opera più che onesta per un personaggio condannato per esprimersi a navigare sui tempestosi mari di birra scura dei pub londinesi, lontano dalla tappezzeria di casa, dalle batterie elettroniche, troppo gelide signore dei nostri tempi di metallo.

HTD CD 10 (Roots Rock, 1993)

Giorgio Signoretti, fonte Out Of Time n. 3, 1994

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