New York, Venerdì 16 Ottobre 1992: al Madison Square Garden ha avuto luogo un evento storico. La Columbia Records ha deciso di celebrare il trentennale della carriera discografica di Bob Dylan con un megaconcerto in cui tutte le star invitate hanno eseguito alcuni classici del repertorio del grande Bob.
Lo spettacolo, ripreso in diretta dalla televisione americana, è stato seguito da circa mezzo miliardo di persone in oltre 50 paesi nel mondo. Lo sforzo è stato notevole: il solo evento televisivo ha richiesto tre camion giganteschi che sono stati convertiti, per l’occasione, in altrettanti studi e regie per la produzione della trasmissione, la più imponente tra quelle ad alta definizione. A disposizione della regia ben 11 telecamere (di cui 3 sul palco ed una posizionata su un braccio meccanico), 600 miglia di cavi e un audio registrato su 48 piste.
Si è calcolato che, solo negli Stati Uniti, 22 milioni di persone hanno prepagato l’evento che veniva trasmesso da una Tv via cavo.
L’organizzazione del concerto, in sé, è stata altrettanto complessa e articolata. L’annuncio ufficiale è stato dato il 10 settembre, poco più di un mese prima: questo ha comportato il lavoro di 50 persone a tempo pieno alle quali vanno aggiunte le 650 che hanno lavorato la sera dello spettacolo.
I 19.200 biglietti, messi in vendita al prezzo medio di 50 dollari (al cambio attuale circa 65.000 lire) sono stati “bruciati” in meno di un’ora e mezza. Il concerto è durato poco più di quattro ore di cui un’ora e trentasei minuti sono stati goduti anche dai telespettatori italiani sintonizzati su Canale 5 alle 23 del giorno successivo.
La trasmissione dedicata a Bob Dylan è stata condotta da un Fabrizio Zampa insolitamente sovraeccitato e confusionario che, sbagliando tra l’altro anche un paio di titoli, non ha fornito un servizio all’altezza della sua fama. In più, non si sono capite alcune decisioni quali il mancato rispetto della scaletta originale, il taglio di un paio di brani (John Mellencamp e Neil Young) e soprattutto l’assenza nella riduzione televisiva italiana di alcune tra le migliori performance.
Un vero peccato perché tutto il concerto, pur tra alti e bassi, è stato davvero memorabile soprattutto per chi è legato alla musica degli anni ’60 e ai suoi più acclamati protagonisti.
Vediamo quindi che cosa non si è visto sugli schermi di Canale 5 sperando che il tutto sia recuperabile al più presto, magari in videocassetta.
Lo show ha avuto una piccola anticipazione con un brano eseguito dalla band di Booker T. coordinata da G.E. Smith. Sul palco sono poi saliti Nancy Griffith, deliziosa come sempre, e l’ottimo John Hammond, jr., che ha eseguito un blues accompagnandosi con un dobro suonato nello stile bottleneck.
E’ quindi iniziato il vero e proprio tributo a Bob Dylan con John Mellencamp e la sua band (tra cui figurava un redivivo Al Kooper all’organo Hammond) in una strepitosa versione di Like A Rolling Stone inspiegabilmente tagliata da Canale 5 a cui ha fatto seguito una meno brillante interpretazione di Leopard Skin.
Si è persa purtroppo anche l’introduzione politica di Stevie Wonder a Blowing In The Wind e la performance di un grintosissimo George Thorogood (Wanted Man). Al contrario, dettata presumibilmente da ragioni discografiche, andata in onda la performance modestissima di Sophie B. Hawkins che ha riproposto I Want You.
Dopo Lou Reed è stata la volta di Eddie Vender dei Pearl Jam, uno dei gruppi di Seattle che stanno riscuotendo i favori del pubblico, che si è esibito in una versione acustica di Masters Of War.
A seguito di Tracy Chapman, scontata la sua versione di The Times They Are A-changin’, e di uno stonatissimo duetto tra Johnny Cash e sua moglie June Carter (puntualmente andati in onda) è stata la volta di uno dei momenti più emozionanti: Willie Nelson e la sua band hanno ridisegnato un brano tratto da Oh, Mercy. Lo stesso Willie ha poi accompagnato (e lo avete visto) Kris Kristofferson in una melensa I’ll Be Your Baby Tonite.
Con Johnny Winter il suono si è fatto più grintoso, dopo di che è stata la volta di Ron Wood degli Stones e soprattutto di Richie Havens che con Just Like A Woman ha fornito forse uno dei gioiellini più luminosi della serata: una versione acustica, in accordatura aperta, con quel tocco straordinario che solo lui sa dare.
L’unico taglio azzeccato è stata la partecipazione un po’ caciarona dei Clancy Brothers mentre in versione integrale è andato l’intervento inquietante della fischiatissima Sinead O’ Connor. Di Neil Young è stato mandato in onda (parzialmente tagliato) Tom Thumb Blues mentre è stata segata una strepitosa cover di All Along The Watchtower. Sono stati, per fortuna, lasciati la fascinosa Chrissie Hynde, un elegantissimo e straordinario Eric Clapton, Roger Mc Guinn e Tom Petty (Mr. Tambouríne Man), la bellissima My Backpages eseguita da Petty, Mc Guinn, Young, Clapton e Harrison e, ovviamente, l’ultima parte con Bob Dylan, sempre più caricatura di se stesso, che ha concluso la sua performance con una versione corale di Knockin’ On Heaven’s Door.
E’ stata infine lasciata una bruttissima interpretazione di George Harrison (If Not For You, ai confini della stonatura) mentre l’altro brano eseguito dall’ex-Beatle Absolutely Sweet Marie era decisamente meglio.
Tagliati senza attenuanti, la Band che, seppur priva di Robbie Robertson, ha fornito una suggestiva performance (When I Paint My Masterpiece) con tanto di mandolini e fisarmoniche, un magnifico trio formato da Rosanne Cash, Shawn Calvin e Mary Chapin Carpenter che ha eseguito in perfetta armonia You Aint Going Nowhere e soprattutto i due brani interpretati da Tom Petty, License To Kill e Rainy Day Women 12 & 35.
Tralasciamo il fatto che il tutto è stato imbottito da mezzora di spot pubblicitari. E dicono che la musica in TV non rende ….
Ezio Guaitamacchi, fonte Hi, Folks! n. 56, 1992