Una chiacchierata con Ty Taylor (voce), Nalle Colt (chitarra), Rick Barrio Dill (basso) e Richard Danielson (batteria): i Vintage Trouble, che stanno scuotendo palchi di tutte le dimensioni in giro per il mondo.
Il vostro album di debutto ha avuto un buon successo di vendite (The Bomb Shelter Sessions – 2011), ed anche il nuovo 1 Hopeful Rd sta andando bene. Siete soddisfatti?
(Nalle Colt): Sì, sta andando bene! E’ la nostra prima volta con la Blue Note, abbiamo tenuto le sessions nel laboratorio di registrazione della Universal, per noi è un grande salto. E’ iniziata una importante relazione-collaborazione, speriamo che continui.
Siete soddisfatti del risultato in termini di groove e di suono? L’album è riuscito come lo pensavate e sentivate?
(Rick Barrio Dill): Probabilmente ognuno di noi ha una risposta diversa. La cosa interessante è che abbiamo registrato live, eravamo tutti nella stessa stanza per la maggior parte del giorno e non abbiamo suonato su basi musicali o tracce pulite o roba di questo tipo. Più suonavamo, più trovavamo qualcosa e i pezzi diventavano diversi, giorno dopo giorno…come i capelli, oggi hai un’acconciatura in un modo, sei mesi dopo in un altro, ma sei sempre la stessa persona…ascolto cose che suoniamo ora e dico “Oh, wow!” Ma è meglio, è peggio, o solo diverso? E’ questione di opinioni, ognuno di noi ha la proprie, in generale penso che siamo molto soddisfatti del risultato.
L’energia del suono live si percepisce, basso e batteria sono impattanti e formano un tappeto molto solido. Ho la sensazione che nei VT convivano due anime, una rock, tremendamente energica; l’altra profondamente soul, tanto da sembrare separata. Voglio dire: ascolto Another Baby e non mi aspetto che la stessa band possa comporre e suonare Show What You Know. Come create la vostra musica? Qualcuno di voi porta l’idea, oppure i brani nascono dal lavoro insieme?
(Ty Taylor): Ci sono cose diverse in momenti diversi. Nel periodo che amiamo, gli anni ’50 – ’60, non c’era una separazione così forte tra rhythm and blues e rock’n roll. C‘erano band come i Rolling Stones, loro semplicemente mettevano assieme quello che dicevi tu prima: come può lo stesso che ha scritto Satisfaction scrivere anche As Tears Go By?!? E’ semplicemente il modo in cui la band è abituata, non ti devi mettere in un tunnel. Come la gente e i pensieri, in certi giorni sentiamo di essere pieni di energie, altri siamo più malinconici, altri più selvaggi o più tranquilli… Come band cerchiamo di mischiare tutto in modo che la nostra musica esca non solo nella sua rappresentazione, ma anche nel modo in cui nasce la creatività. A volte può essere l’idea di qualcuno, a volte può essere qualcosa che accade durante il giorno, mentre cammini fuori. Ad esempio: c’è una piccola chiesa qui fuori, è interessante, l’ho guardata molto l’altro giorno e mi ha ispirato a scrivere qualcosa di carattere religioso. Poi sono tornato ieri e c’erano ragazzini nei dintorni, degli skater… questo mi ha dato lo spunto per scrivere un tema gospel ma non su musica gospel, come dire, un tema religioso su musica non sacra. Noi semplicemente prendiamo energia da dove viene. In passato ci siamo detti di non mettere confini a ciò che avremmo fatto, perché man mano che vai avanti guadagni in creatività, come una forza che viene dall’universo e che non puoi controllare. Meno ci pensi, più puro è il prodotto, e così noi prendiamo spunto da qualsiasi cosa ce ne offra. Se per qualcuno tutto questo rappresenta un problema, per noi è invece uno spettacolo.
(Richard Danielson): Avevamo da parte un sacco di materiale con tanti stili diversi, ma volevamo fortemente questa produzione. Li abbiamo selezionati e messi in un unico album, ma credo che siamo riusciti a trovare il filo rosso.
State già lavorando al terzo album, o direttamente al quarto?
(Ty Taylor): Sembra che nel mezzo faremo uscire una registrazione live, prima del prossimo album; c’è tanta gente a chiederlo e sembra la cosa più sensata.
Tre settimane fa ci sono stati gli attacchi dell’Isis in Francia; sono di questi giorni le manifestazioni in occasione della conferenza sul clima di Parigi; oltre alla questione dell’immigrazione. E’ un periodo molto difficile per l’Europa. Cosa avvertite nel girare in tour? Sentite intorno a voi rabbia, paura o semplicemente nulla?
(Richard Danielson): Speravo non facessi questa domanda, vorrei non rispondere, parlo per me e gli altri possono chiamarsi fuori. Sai, è un problema delicato ed è difficile per una band, non so per le altre. Quando ti fanno domande simili è come si ti mettessero un bersaglio sulla testa. E’ un momento molto delicato, puoi essere audace e dire: “Sì! Noi lo affrontiamo! Mettimi il bersaglio!” Per me è come se stessi portando un alveare che deve esser colpito. Non credo che le band in giro per il mondo si sentano tutte alla stessa maniera… siamo tutti spaventati, è molto tragico e triste. Siamo nervosi, voglio dire, è stata una cosa spaventosa! Questa è la mia risposta, anche se ho detto che non avrei risposto…ragazzi, dite voi…
(Nalle Colt): Eh…come band stiamo solo cercando di portare un po’ di gioia, suoniamo perché ci piace farlo… e cerchiamo di portar gioia alla gente! E’ una piccola via di fuga, so che in generale son tempi duri là fuori, noi artisti stiamo su un palco a contatto con la gente e stiamo solo cercando di portar un po’ di gioia in una realtà emotiva. Penso che stiamo facendo il nostro dovere, siamo intrattenitori. So che a volte è difficile e gli show live sono una grande evasione da questi pensieri. Abbiamo incontrato un sacco di persone durante questo tour, la gente viene e ci ringrazia per aver suonato ed esser stati carichi di positività.
(Rick Barrio Dill): C’è un buon mix di cose: la gente viene fuori, deve continuare ad andare avanti e dicono sempre che devi rialzarti, devi andare avanti perché non devi farti influenzare. Grazie a Dio siamo andati avanti, ed anche la gente, voglio dire…i nostri show sono quasi tutti esauriti in ogni paese, il pubblico viene e passa dei bei momenti. Quindi sai, è bello.
Venite da tre concerti in Germania e adesso ne farete ben quattro in Spagna. C’è una relazione particolare tra voi e questi paesi?
(Richard Danielson): Sì! Stiamo provando a costruirla anche con l’Italia, abbiamo avuto un grande tour con gli Ac/Dc di recente, tipo 9 o 11 spettacoli. Per noi è andata incredibilmente bene ma quando siamo arrivati nei paesi dalla lingua romantica, istintivamente ci capiscono meglio ed è andata anche meglio! I nostri migliori spettacoli con gli Ac/Dc sono stati in Francia e in Spagna, la maggior parte erano sold-out prima che arrivassimo. Penso che lo stile della nostra musica sia istintivamente colto anche meglio nei paesi latini. La gente sa come muoversi fianco a fianco, fanno gran feste.
(Nalle Colt): Però tutto il team ha detto che in Germania abbiamo fatto i nostri spettacoli migliori di sempre, e là la gente non è romantica per niente…ma anche loro facevano gran baracca dappertutto, è stato shoccante, ognuno ha il suo modo! Nei paesi romantici, se metti in slow motion è tutto molto bello ai tuoi occhi, ma poi vai in questi posti ‘più duri’ per natura, sai, più difficili da scaldare… ed è fantastico, perché gli show che riesci a fare lì sono più difficili ma anche più belli! Come hai detto tu ci sono canzoni più romantiche ed è bellissimo vedere quelli veramente coinvolti, ma è anche fantastico per certe nostre canzoni come Total Strangers, sai, pezzi un pò più duri che colpiscono gente con pulsazioni più dure e aggressive. E’ bello vedere questo!
(Ty Taylor): A proposito, parlando dei paesi in cui si parla una lingua romantica, l’Italia è incredibile! Sul tour con gli Ac/Dc abbiamo diversi punti di vista ma tutti concordiamo che quello in Italia è stato tra i tre migliori show di tutto il percorso mondiale.
(Nalle Colt): Assolutamente!
(Richard Danielson): Ma io parlo della reattività del pubblico, solo il modo in cui danno, in cui si scatenano, sai…migliori 3, migliori 5… dipende..
Non so, forse far musica in Italia è più difficile che da altre parti, penso..
(Nalle Colt): Perché?
La logistica, l’organizzazione…
(Nalle Colt): Parli delle strade? Eh eh eh
Anche della nebbia.
(Rick Barrio Dill): Avete un sacco di artisti nazionali, giusto? Ho un amico che suona per… Ligabue? Possibile? Suona la batteria, ed è la band più grande in Italia, tipo gli U2! Gli spettacoli che fanno!
Sì, ma questo genere di ‘grandi’, come li chiamiamo, sono pochi e nemmeno tanto giovani. Non c’è una nuova generazione che sta crescendo. Abbiamo Ligabue, Vasco…
(Nalle Colt): Mi avevano detto che Vasco ha tipo…70 anni?!? Io ho detto no, un momento, forse no, deve averne meno, fa concerti incredibili!
Il più giovane che può competere con loro è Lorenzo Jovanotti, che credo abbia quasi 50 anni.
(Nalle Colt): Non è un problema, questo è il motivo per cui noi dobbiamo suonare di più!
(Ty Taylor): A proposito…Imola è stato uno dei concerti più grossi fino ad oggi per noi, abbiamo una storia breve in Italia e la prima volta è stato in radio a Milano. Eravamo in una caffetteria e ci stavamo bevendo il caffè più forte che abbiamo mai preso. Mi hanno detto “vieni in radio”, non ci potevo credere, nessuno ci aveva mai invitato prima…beh, abbiamo provato a tornare per un sacco di tempo perché è importante per la storia della nostra band, sai la prima volta in radio in un paese è incredibile, è come star più vicini.
Avete un’esperienza formidabile negli show live, qual’è per voi la differenza tra suonare davanti ad una marea di persone o in un teatro, tra l’arena di Imola e un pub… quali sono le difficoltà o i vantaggi, in un caso e nell’altro
(Nalle Colt): Quando fai da gruppo spalla e sei in uno stadio, di fronte ad un mare di persone, l’energia è molto diversa. Anzitutto la gente non è lì per sentire te e quindi devi uscire, è quasi come un match di box, hai 45 minuti per convincere questa gente e mostrare loro qualcosa che non hanno visto prima. E’ un’esperienza diversa dal fare il tuo show, dove puoi respirare, mostrare la tua dimensione di musica. Quando fai da spalla a qualcuno di grosso sogni di poter esser lì da solo, ti senti un figo e parte di una cerchia ristretta di persone quando fuori ce ne son 100.000. Siamo stati molto fortunati, specie col tour degli Ac/Dc, ad avere quelle sensazioni live, sai, abbiamo avuto un grande feedback dalla platea, ha risposto benissimo. Anche con 100-130.000 spettatori puoi avere una sensazione di calore, come essere in teatro.
(Ty Taylor): D’altra parte veniamo da palchi mostruosi in posti piccolini come questo… per alcune band è una cosa tipo: Aiuto! Cosa sta succedendo?!? Per noi è il contrario! Siamo venuti qui, siamo eccitati, vediamo quanto vicina è la gente. Siamo cresciuti con questa specie di feeling, è così che siamo diventati una band, in posti molto piccoli, con un pubblico molto intimo. E’ semplicemente eccitante e noi ci mettiamo a nudo ‘tornando verso il basso’ e suonando in piccoli locali come stasera, sarà una gran festa. E’ come connettersi con chi ti ascolta.
(Rick Barrio Dill): Il bello è quando arriviamo noi rimaniamo sul tour bus e la nostra crew entra nel locale prima di noi, prende contatto con gli altri, poi tornano sul bus e dicono “oh ragazzi, non vi piacerà, è uno stanzino”. Noi li guardiamo e rispondiamo: Yeah!
(Nalle Colt): Mi viene in mente lo spettacolo al Lax, lo spettacolo che abbiamo fatto a… hai presente? Era una stanza, ma è stato figo e un sacco sexy. Divertente.
A febbraio partecipate alla Blues Crusade di Joe Bonamassa, credo sia un’esperienza ancora diversa.
(Richard Danielson): E’ bello perché chiunque compri i ticket per partecipare a quei tour non vuole mancare per nulla al mondo. I promoters mettono assieme band che potrebbero non funzionare assieme, ci son scontri, sorprese… Abbiamo suonato con i Kiss, eravamo davanti ai fan dei Kiss e li abbiamo sorpresi, è stato bello… le crociere sono divertenti perché sono partecipate da amanti della musica, a cui piace immergersi nella musica live.
(Ty Taylor): Non puoi scappare e per 5 giorni l’energia è lì, a volte vai ad un evento e non vuoi che finisca. Non vuoi che finisca quando sei nelle crociere! Continuate a suonare!
(Richard Danielson): Le crociere sono per gente che sa trattare con gli artisti, ama mischiarsi con loro, incontrarli tutto il giorno.
(Ty Taylor): I nostri fan ispirano gran parte delle cose che facciamo, è una vecchia questione, anche su facebook, ci sono anche molti fans italiani che ne parlano. Ci sono un sacco di lingue tra i nostri fans, che si separano e poi si mischiano, c’è gente che si è organizzata in piccole sezioni!
Avete un rapporto molto diretto con i vostri fan… com’è nato?
(Ty Taylor): In un posto simile a questo a Santa Monica che si chiama Harvelle Blues Club. Abbiamo iniziato a fare spettacoli lì, di solito 2 o 3 sets, poi ci prendevamo una pausa, scendevamo dal palco e andavamo a bere con gli spettatori, a stare in giro… così è cominciato. Abbiamo continuato a farlo anche quando eravamo in tour con gli Who, facendo grandi arene, facevamo la stessa cosa! Saltavamo giù dal palco e giravamo per l’arena, salutando la gente…
(Nalle Colt): In passato abbiamo sentito gente che si lamentava del fatto che non venivamo in Italia per concerti live. Avremmo voluto venir prima, ma gli italiani son venuti da noi! Voglio dire, c’era gente ai nostri show in Francia che diceva “vengo dall’Italia”, o in Germania: “sono italiano, sono venuto a vedervi ragazzi!” Abbiamo un seguito in Italia anche se non siamo venuti spesso.
Matteo Gaccioli, fonte Il Blues n. 135, 2016