Everly Brothers

Lo scorso 4 aprile in Gran Bretagna è andato in scena il debutto di un tributo agli Everly Brothers realizzato dagli stessi produttori del famoso musical dedicato a Buddy Holly, per molti anni in cartellone prima a Londra, poi a Broadway, Australia, Germania e in molte città statunitensi.

Phil e Don insieme a Buddy in Inghilterra sono stati e sono tuttora i più amati tra gli artisti rock and roll della prima generazione. Buddy Holly insieme ai suoi Crickets sbarcò in Gran Bretagna il primo marzo 1958 e vi trascorse quasi un mese, esibendosi tutte le sere per un totale di 25 concerti. Gli Everly Brothers per attraversare l’Atlantico dovettero invece attendere fino al mese di aprile 1960, ci andarono anche loro accompagnati dai Crickets, poi vi tornarono nel 1962 e ancora nel 1963.

Il legame con l’Inghilterra si consolidò e divenne speciale anche grazie alla dichiarata ammirazione che i giovani musicisti britannici nutrivano nei loro confronti, a partire dai Beatles, le cui prime armonizzazioni vocali erano palesemente influenzate dall’impasto naturale dei due fratelli americani, Please Please Me i quattro di Liverpool la modellarono su Cathy’s Clown degli Everly uscita poco più di un anno prima, giusto per fare un esempio.

Anche gli Hollies amavano particolarmente le canzoni degli Everly Brothers. Grahm Nash, che degli Hollies fu membro fondatore, nella sua autobiografia (Wild Tales, 2013) racconta di essere stato rapito dalle voci e dal suono di Bye Bye Love, quella canzone ebbe un incredibile impatto su di lui, lo convinse a diventare musicista, con l’ambizione di creare un suono e uno stile che avessero sugli altri lo stesso impatto che ebbe su di lui quel primo indimenticabile successo degli Everly Brothers.

Nel 1966 Phil & Don volarono in Inghilterra per registrare un disco tributo al paese che si era dimostrato tanto generoso con loro, Two Yanks In England contiene una dozzina di brani, due terzi dell’album lo scelsero dal repertorio degli Hollies, altre dallo Spencer Davis Group e dai Manfred Mann.

Il forte legame del duo con l’Inghilterra sarà definitivamente celebrato il 23 settembre 1983, quando salirono sul palco della Royal Albert Hall per far ripartire la loro carriera dopo dieci anni di silenzio. Phil e Don avevano caratteri diversi e le tensioni accumulate in tanti anni di intensa collaborazione provocarono una traumatica rottura maturata nel tempo ed esternata pubblicamente da Don nella canzone I’m Tired Of Singing My Song In Las Vegas pubblicata nell’album Stories We Could Tell (1972).

La sera del 14 luglio 1973 il rapporto dei due fratelli si interruppe durante uno show a Buena Park in California, la scarsa resa di Don nella prima parte del concerto fece infuriare e perdere il controllo a Phil, che uscì di scena fracassando la chitarra davanti al pubblico attonito. Per dieci anni non si rivolsero la parola.

Quando nel 1983 decisero di tornare insieme scelsero una delle più importanti venue del mondo occidentale, la Royal Albert Hall di Londra, accompagnati da una band inglese di cui facevano parte Mark Griffiths, Graham Jarvis, Martin Jenner e l’asso della chitarra Albert Lee, che da quel momento divenne il direttore musicale della band stabile che li seguiva.

L’anno dopo il nuovo sodalizio venne suggellato dalla pubblicazione di EB 84, un bell’album che confermava l’intento di voler vivere la nuova avventura con approccio propositivo, facendo riemergere la creatività che li aveva contraddistinti per un abbondante lustro a partire dal 1957. Il disco venne prodotto da Dave Edmunds, che assemblò intorno ad Albert Lee una squadra di assi e confezionò con tanto gusto una serie di belle canzoni come On The Wings Of A Nightingale di Paul McCartney e The Story Of Me di Jeff Lynne (Electric Light Orchestra) appositamente scritte per l’album, di famose cover come Lay Lady Lay (che originariamente Bob Dylan voleva donare agli Everly ma che invece registrò perché questi declinarono l’offerta) e di diversi buoni originali scritti anche dai fratelli.

Sono tante, e non tutte qui riportate, le ragioni della forte relazione tra gli Everly Brothers e la Gran Bretagna, la realizzazione di un musical dedicato al più famoso duo di fratelli nella storia del rock quindi non sorprende, potevamo anzi aspettarci fosse prodotto anni addietro. Sarà forse causa dell’attuale carenza di nuove proposte che appaghino il pubblico più maturo o forse grazie al periodo favorevole per il musical in generale, certo che la scomparsa di Phil nel 2014 e la successiva affermazione dei giovani Wilson Brothers, Luke e Aaron, unanimemente eletti dal fan club degli Everly Brothers come i migliori artisti in grado di mantenere vivo il ricordo di Phil e Don, non poteva che indurre alla realizzazione di un musical celebrativo del più importante duet brothers del Rock and Roll.

Appassionarsi alla musica degli Everly Brothers significa essere introdotti attraverso il Rock and Roll nell’affascinante specifica tradizione dei duet brothers di cui la country music è tanto ricca. Se è vero che la prima string band era formata da banjo e violino, è altrettanto vero che alla base dell’universo country, che è fatto di tradizione ma anche di innovazione, di suoni rurali e progressivi, acustici ed elettrici, c’è il semplice, genuino e naturale accostamento di due voci appartenenti allo stesso nucleo famigliare.

Le voci in armonia di due fratelli cresciuti cantando le semplici ballate del sud rurale tramandate di generazione in generazione sono il punto di partenza del suono sul quale si è costruita una tradizione musicale sviluppatasi in una industria che attraverso il disco e i media ha condizionato i gusti di milioni di persone in tutto il mondo.

La bellezza delle canzoni contenute nel loro secondo album Songs Our Daddy Taught Us del 1958, uscito lo stesso anno in cui vide la luce il primo LP che li lanciò con pezzi quali Bye Bye Love e Wake Up Little Susie è un omaggio che i due vollero subito tributare alla propria famiglia, un tempo family band, per comunicare al mondo quale fosse la loro provenienza musicale e culturale. Ascoltando quelle perle risulterà più facile accostarsi alle storiche registrazioni dei duet brother che li hanno preceduti, dai Monroe Brothers ai Dixon Brothers, dagli Allen Brothers agli Armstrong Twins, dai Blue Sky Boys ai Delmore Brothers, fino ai loro contemporanei Louvin Brothers. Sulle orme degli Everlys e dei fratelli fin qui citati hanno camminato in seguito Johnny & Jack, i Brother Boys, gli O’Kanes e Brooks & Dunn.

Ma il più importante riconoscimento arrivò con Simon & Garfunkel dichiaratamente grati a Phil e Don per l’ispirazione ricevuta riguardo all’impostazione vocale, che decisero di replicare pubblicando persino delle cover degli Everly senza nulla aggiungere agli originali. Lo stesso rispetto che in tempi più recenti hanno avuto Billie Joe Armstrong e Norah Jones quando hanno deciso di registrare le 12 canzoni di Songs Our Daddy Taught Us per farle conoscere alle nuove generazioni. Lo hanno fatto con ammirevole delicatezza, con reverenza, un vero atto d’amore a partire dal titolo dato all’album Foreverly.

Discografia selezionata:

Raccolte
Heartaches & Harmonies (Rhino, 1994)
Il CD box per molti anni più completo sul mercato. 4 dischi con 103 canzoni che coprono l’intera carriera degli Everly Brothers, da una registrazione radiofonica inedita datata 1951 fino alla versione live della stessa canzone a chiusura del quarto CD effettuata nel 1990. Sorprende l’omissione di alcune belle canzoni come You’re The One I Love, in compenso è molto godibile il booklet completo anche di una interessante lunga intervista.

The Everly Brothers: Classic (Bear Family, 1993)
Tutto il materiale prodotto dal duo prima su Cadence, poi su Columbia dal 1955 al 1960 in 3 CD per un totale di 103 canzoni. Le canzoni sono state rimasterizzate dai master originali nella migliore tradizione Bear Family, e accompagnate da un booklet di 44 pagine con tutti i dettagli delle session. Valore aggiunto è l’inclusione di alcuni demo e registrazioni radiofoniche inedite.

The Everly Brothers: The Price Of Fame (Bear Family, 2005)
La produzione Warner Brothers completa dal 1960 al 1965, un meraviglioso box di 7 CD per un totale di 321 canzoni, 29 mai pubblicate precedentemente e un libro con quasi 200 pagine di grandi dimensioni e con copertina rigida rendono questo cofanetto un must per i fan alla ricerca di outtakes, rarità, canzoni registrate in altra lingua e spot promozionali con le voci di Phil e Don.

The Everly Brothers: Chained To A Memory (Bear Family, 2006)
E per completare la collezione delle canzoni registrate dal duo prima dello scioglimento del 1973, questo box di 8 CD e 1 DVD, con un libro di 204 pagine con la cronologia delle registrazioni e delle esibizioni live. Il terzo cofanetto dell’insuperabile Bear Family Records offre addirittura 50 canzoni inedite, che vedono la luce per la prima volta. Il DVD contiene infine rare clip da Hullaballoo, Swingin’ Time, Hollywood Palace e da uno speciale TV prodotto nel 1959 in Svezia.

Album
The Everly Brothers (Ace Records, 2006)
E’ il disco d’esordio e contiene già quelle caratteristiche stilistiche che li renderà così celebri e influenti introducendo nel mondo della musica rock le loro favolose armonie vocali. Accanto a splendide ballate country quali Maybe Tomorrow e Brand New Heartache, i fratelli Everly entrano nella scena rock and roll rileggendo a modo loro successi di Ray Charles, Little Richard e Gene Vincent e, soprattutto, due originali instant-classics quali Bye Bye Love e Wake Up Litlle Susie, che nel 1957 li portano in cima alle classifiche.

Songs Our Daddy Taught Us (Ace Records, 2004)
Un coraggioso omaggio alla tradizione e al loro imprinting stilistico: i loro genitori, Ike & Margaret Everly, erano infatti folk singers provenienti dalle verdi colline del Kentucky. Ecco quindi un inaspettato e riconoscente salto indietro nel passato con traditional quali Roving Gambler, Long Time Gone, Who’s Gonna Shoe Your Pretty Little Feet e le incantevoli Barbara Allen e Kentucky. Gli arrangiamenti scarni lasciano brillare in tutto il loro fulgore la magia di due voci capaci di evocare l’America rurale di altri tempi.

A Date With The Everly Brothers (EU Import, 2013)
E’ il 1960. Da poco passati alla Warner i fratelli Everly hanno subito colpito nel segno con il singolo Cathy’s Clown e il long playing I’ts Everly Time. Nel mese di luglio ritornano in studio per registrare questo disco che, oltre ad avvalersi delle composizioni del team Felice e Boudleaux Bryant (tra le quali spicca la celebre Love Hurts), trova spazio anche per un blues di Jimmy Reed (Baby What You Want Me To Do), un classico di Little Richard (Lucille) e la stessa Cathy’s Clown, frutto delle session del disco precedente e già numero uno in classifica.

Stories We Could Tell (CAMDEN, 1996)
L’ultimo album del duo prima dello scioglimento, uscì nel 1972. Un LP del migliore country rock d’autore con un incredibile cast che comprende tra gli altri John Sebastian, Geoff Muldaur, Clarence White, Ry Cooder, Warren Zevon (che per qualche tempo fu il pianista della band che li accompagnava) Russ Kunkell, David Crosby e Graham Nash. Il disco dal punto di vista della produzione è sovraccarico di suoni ma questo non influenza l’intimità dell’atmosfera, le due voci sono splendide e la scelta delle canzoni azzeccatissima, a partire dalla cover di Mandolin Wind di Rod Stewart.

Maurizio Faulisi, fonte TLJ, 2018

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