Wayne Hancock - Swing Time cover album

Se due icone del country come Joe Ely e Hank Williams III hanno detto che “Wayne Hancock is the real deal”, vorrà ben dire qualcosa e comunque è da tempo che Wayne ha sulle spalle l’onere di rappresentare l’uomo della rinascita del Honky tonk.
Da quando, nel 1994, ha esordito nel Various Artists – Songs From Chippy, su Hollywood Records, il suo nome e stato accostato spesso ad Hank Williams, Ernst Tubb o Bob Wills, a tutti quelli che hanno scritto pagine storiche del hillybilly style, dando l’impressione di essere il musicista giusto per riempire un vuoto addirittura generazionale.
Nei 3 CD successivi a quell’esordio in sordina, Wayne Hancock ha dimostrato di meritare tanta fiducia, costruendosi una carriera fatta di sincerità cristallina, ma anche di un gustoso ed innovativo cocktail, per quanto sia possibile per questo tipo di musica, fatto di western swing, texas rockabilly, country, ma anche di blues e di jazz utilizzato in modo intelligente per fare uscire il suo stile dall’ambiente paesano e festaiolo tipico di questo genere, garantendogli una maturazione prima sconosciuta.

Per completare la discografia di Wayne Hancock , oltre ai 5 CD ufficiali, bisogna aggiungere l’EP South Austin Session, reperibile solo nel suo sito ufficiale e, naturalmente ai suoi concerti: meglio acquistarlo on line, costa meno. Musica senza compromessi, senza cedimenti a proposte discografiche che avrebbero potuto offrire il raggiungimento di altri traguardi economici, scandita dalla sua voce inconfondibile, nasale, a volte aspra ed a volte nobilitata dagli acuti tipici dello jodler, ma sempre ricca di espressività e di brio.
Musica che coinvolge e diverte, essenzialmente live, che ha cioè la sua ragione d’essere nei concerti, dove anche chi non e appassionato si ritrova a ballare ed a battere i piedi al ritmo india­volato, ma gentile, dello swing.
Swing Time è stato registrato nell’arco di due serate, il 6 ed il 7 Marzo dello scorso anno, al miti­co The Continental Club, vero e proprio luogo di culto di Austin, nel quale si sono esibite tutte le star texane, quantomeno prima di diventarlo e la produzione del CD è altrettanto importante, affidata a quel Lloyd Maines, mentore dei piú interessanti musicisti texani degli ultimi 10 anni.
Il sound di Hancock è al tempo stesso rilassante ed altamente energetico e rappresenta al meglio quella voglia di divertimento tipica dei concerti notturni, nei quali il musicista lascia da parte ogni velleità professionale per dare libero sfogo al proprio talento naturale e passare il limite, come la schiuma della birra che esce inarrestabile dal bicchiere.
Il concerto riprende buona parte del repertorio degli ultimi due LP con le tipiche road songs di Wayne Hancock, quelle che ogni trucker ascolta alla radio durante i viaggi coas to coast, insieme ad una manciata di covers tra le quali spicca Lose Your Mind, che apre il CD al ritmo ciondolante tipico dello stile di Ernst Tubb.

Ma è negli 8 brani che portano la firma di Hancock che dobbiamo andare a coglierne l’essenza dello stile, in Thunderstorms & Neon Signs, uno dei suoi pezzi migliori di sempre, intrigante nella sua eleganza sopraffina, o nella veemenza di Johnny Law che è fin troppo facile immaginarla come una summa di Sweet Little Sixteen e di Johnny B.Goode con una brillante performance di Paul Skelton e Dave Biller alle soliste o Highway 54 scritta, suonata e cantata al ritmo della sedia a dondolo sulla quale John Wayne siede con il cappello calato sulla fronte: grande.
Prima di ritornare ad un CD delle major, scopriamo che dopo Flatland Boogie, 13ma ed ultima traccia della scaletta ufficiale, c’è una ‘ghost song’ per la quale gli elogi si devono sprecare: un’esecuzione da antologia per una versione di Summertime che la dice lunga sulla cultura del nostro, che ha pensato di accostare Gershwin ad Hank Williams con risultati da Grammy.
Tutta la band gira al massimo ed anche il gusto del leader per la big band, vive il suo momento d’oro con il trombone di Bob Stafford in grande spolvero, insieme ad una prestazione vocale sopra le righe di Rebecca Snow a duettare con un Wayne Hancock che, ad ogni disco che pubblica, aggiunge zucchero al miele.

Bloodshot BS 097 (Country Swing, 2003)

Claudio Garbari, fonte Out Of Time n. 43, 2004

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