Whiskeytown - Stranger Almanac cover album

Alla seconda prova i Whiskeytown centrano decisamente meglio il bersaglio. Lasciate da parte quasi definitivamente le ruvidezze del punk e le schitarrate del rock, Adams e soci si focalizzano su un suono decisamente più root che li accompagnerà anche nell’utima prova, postuma, Pneumonia. rispetto però agli altri due dischi del gruppo sono proprio le grandi canzoni a fare la differenza. Ryan Adams tempera bene la punta del suo ingegno e ci regala almeno metà disco di capolavori, quasi tutti raccolti però nella prima parte del lavoro.

Si parte con Inn Town e meglio non potrebbe andare. Ballata con venature roots e con il violino di Caitlin Cary, l’unica rimasta con il chitarrista Phil Wandscher alla corte del capriccioso e irascibile Adams, che detta la melodia. Segue il pezzo più bello del disco e tra i più belli del 1998, Excuse Me While I Break My Own Heart, che nasce però dalle sessions del disco precedente Faithless Street, ma solo qui trova la sua forma compiuta. Un country rock cantato con Alejandro Escovedo che è assolutamente da brividi.
Il disco ci riporta brevemente al passato punk di Adams e alle ultime ruvidezza del rock (venato appena, appena, ma appena veramente, di grunge) di Yesterday’s News dalle Baseball Park Sessions di qualche tempo prima e poi al country, sempre dalle stesse sessions, di 16 Days, con un ritornello che colpisce per freschezza e bellezza.
Everything I Do non è da confondere con quella di Bryan Adams. Qui siamo su livelli decisamente più elevati ed è ancora il ritornello a immortalare questo lento affascinante. Quello che colpisce in questa prima parte è la presenza di chorus memorabili come accade anche nella successiva Houses On The Hill.

La seconda parte del disco è meno interessante, e quasi delude un po’ per la mancanza degli stessi brillanti ritornelli, anche se Dancing With The Women In The Bar fa paio con Excuse Me… per lunghezza di titolo e grandezza di composizione. Padroneggiano l’hammond, la slide e Alejandro Escovedo alla seconda voce. L’ultimo grande brano secondo me è Somebody Remembers The Rose, una ballata folk rock a due voci decisamente azzeccata.
Il resto è valido, ma più di routine, come la simil-R.E.M. Turn Around, il rock con un bel chorus, ma anche con un intro banale di batteria intitolato Waiting To Derail, il noioso folk di Avenues, l’occasione parzialmente sprecata di Losering (a una esecuzione marziale e originale del brano non corrisponde alcuna apertura melodica degna di nota) e la cupa Not Home Anymore che sembra una outtake di Nick Cave (parlo di outtake perché Nick avrebbe messo di meglio per concludere il disco!). Quest’ultima si segnala per una minore immediatezza e segna la conclusione del lavoro in tono minore.
A mio giudizio questi ultimi brani non intaccano però minimamente il valore decisamente elevato del migliore album dei Whiskeytown.

Outpost 30005 (Alternative Country, Country Rock, Roots Rock, 1998)

Fabrizio Demarie, fonte TLJ, 2006

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