Willie Nelson & Leon Russell – One For The Road cover album

Da quando Red Headed Stranger ha sfondato negli States, Willie Nelson metodicamente ha pubblicato un paio di album ogni anno. Senza contare le varie ristampe che la Rca e la United Artists, e la Lone Star di cui è proprietario lo stesso Willie, ogni anno immettono con regolarità sul mercato.
Quindi da qualche anno a questa parte ci troviamo di fronte ad una media fissa di quattro album ogni anno da parte del geniale texano. Tralasciando questa marginale considerazione sul business statunitense (che se nei sixties aveva strozzato Willie, oggi certamente lo consola nel migliore dei modi), torniamo a disquisire su questa nuova opera, One For The Road, certamente importante, come tutte le ultime iniziative di Nelson.

Willie guarda al passato sempre più intensamente e nostalgicamente: se Red Headed Strager era uno struggente racconto western, To Lefty From Willie era un sentito e nostalgico omaggio al padre della canzone texana Lefty Frizzell, se Troublemaker guardava volutamente ad uno stile gospel piuttosto antico, Stardust era la summa di tutta questa nostalgia e ricerca del passato.
Nelson è americano, è orgoglioso di esserlo (un texano è sempre molto nazionalista), e da questo stato di fatto o di essere nasce questa sua continua ricerca sulle tradizioni. One For The Road è un album che presenta rispetto al passato l’unione tra due maestri indiscussi del rock americano: il texano Willie e Leon, il re dell’Oklahoma. Russell esce da un lungo e buio periodo, in cui i due orrendi dischi con la moglie Mary gli avevano tolto quella fama e quel seguito che si era creato in anni di sudata vita on the road; solo recentemente con Americana e con il nuovo Life And Love le sue credenziali sono in leggera ripresa.

Ci sorprende non poco questa unione, anche per i momenti completamente opposti nelle carriere dei due musicisti: uno (Nelson) popolarissimo, con un album ancora nei top (Willie And Family Live) l’altro (Leon), piuttosto in ombra e passato nel dimenticatoio. L’album ne esce comunque splendidamente da questa unione e ci presenta due facce ben distinte.
Il primo disco il classico Nelson, piuttosto nostalgico ma elettrificato e gustosamente musicale; nel secondo album, seguendo la linea di Stardust, troviamo una sentita ricerca del passato, attuata attraverso una musica volutamente arrangiata e sofisticata. Se il disco porta l’indiscutibile marchio di Nelson, sia per lo stile sia la voce così particolare e personale, Russell si diletta ad arrangiare ed a fare il polistrumentista come è nelle sue caratteristiche di musicista/megalomane. È un disco denso di rimembranze e classici rivisitati.

Nel primo album abbiamo Trouble In Mind, un gustoso blues che oltre alla coppia Nelson/Russell ci dà l’occasione di ascoltare Maria Muldaur e Bonnie Raitt; quindi una cover eccellente di I Saw The Light, un Heartbreak Hotel rivisto e Don’t Fence Me In con un bellissimo duetto tra i leader. Quindi risentiamo con piacere Wild Side Of Life, un brano country che già abbiamo ascoltato decine di volte, You Are My Sunshine e Sioux City Sue.
Il secondo album ci presenta Nelson alla voce e Leon Russell che sostiene tutte le parti musicali; l’album è vicino al modello Stardust e le canzoni rivisitate sono tutte classiche e tipicamente americane. Infatti risentiamo Summertime, Tenderly, Danny Boy, Stormy Weather, Always, Far Away Places e così via. Questo album è comunque un’opera valida, anche se ha dei limiti per un pubblico fuori dai confini americani; perché questo voluto ripercorrere classiche canzoni, con uno stile legato al passato, è fatto in funzione di un pubblico che ama queste cose…

Columbia 36064 (Outlaws, 1979)

Paolo Carù, fonte Mucchio Selvaggio n. 22, 1979

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