Sam Bush è conosciuto come uno dei più grandi mandolinisti del mondo. Può tuttavia stupire sapere che una volta si pensava che Bush avrebbe lasciato il segno con il violino. Bush conquistò il ‘contest’ National Junior Fiddle per tre anni consecutivi e ancora oggi prende in mano il violino per qualche brano durante i suoi concerti.
Nella primavera del 2001 ha realizzato il disco dal vivo Ice Caps: Peaks Of Telluride per la Sugar Hill Records, tratto da esibizioni degli anni 90 al Telluride Bluegrass Festival, un evento che lo stesso Bush ha contribuito a rendere importante quando vi portò i New Grass Revival nel 1974.
Ascoltate il suono del suo violino in Big Mon e Lee Highway Blues e capirete velocemente che Bush è qualcosa di più di un eccellente mandolinista.
In una recente conversazione abbiamo parlato del suo stile di violinista, del suo amore per il mandolino, dei suoi diversi progetti e dei suoi piani per il futuro.
Prima di tutto, quando hai iniziato a suonare il violino e quale strumento hai cominciato a suonare per primo?
Ho iniziato con il mandolino all’età di 11 anni. Mio padre ha sempre tenuto un mandolino ed un violino in casa ed amava molto il violino. Siamo cresciuti ascoltando i dischi di Tommy Jackson ed io ho iniziato a suonare il fiddle a tredici anni quando già da due anni suonavo il mandolino. Uno dei primi pezzi che ho imparato fu Black Mountain Rag, credo che per circa un anno quella sia stato l’unico pezzo che fossi in grado di suonare.
Quali sono state le tue prime influenze musicali? La musica di Tommy Jackson è stata una delle più importanti?
Per me come mandolinista-violinista fu un grande modello, nei dischi di Tommy c’era anche un fantastico mandolinista da cui ho copiato molto. Jackson era un meraviglioso violinista da square dance e così quando iniziai mi fu naturale cominciare dai barn dances dove le persone amano le cose ritmate e ad alto volume. Il ritmo è la cosa fondamentale nelle square dances.
Quando hai iniziato ad esibirti?
Ho cominciato a dodici anni con le mie due sorelle che cantavano canzoni folk. Siamo anche apparsi insieme in TV a Bowling Green in Kentucky dove siamo cresciuti.
Hai seguito qualche particolare forma di preparazione musicale?
No per niente. Ho cominciato da autodidatta sotto la guida di mio padre, un allevatore che ama suonare. Vivendo a sole 55 miglia a nord di Nashville potevamo vedere la TV della città e così ho cominciato a seguire delle trasmissioni con artisti come Tommy Jackson o Paul Warren della band di Bill Monroe.
Era un po’ come avere dei video didattici direttamente dal televisore di casa per studiare i movimenti delle dita e dell’archetto, mi aiutò molto perché se potevo capire da solo le note, mi riusciva difficile capire certi meccanismi.
Ad un certo punto ho scoperto il grande Howdy Forrester che suonava con Roy Acuff e che considero uno dei più grandi violinisti di tutti i tempi oltre che un grande compositore di fiddle tunes. Ha fatto un paio di dischi che contengono a mio parere alcuni dei più belli momenti di violino.
Quando avevo circa quindici anni, mio padre ed io andammo a Nashville sulla Broadway dove c’era il museo di Roy Acuff e la persona che lavorava come guida quel giorno al museo era Bashful Brother Oswald il dobroista di Roy che aveva con sé un violino. Mi sentì suonare e chiamò subito Mr.Acuff dicendogli “Devi ascoltare questo giovane violinista” e così ebbi l’opportunità di esibirmi davanti a Roy Acuff.
Più tardi quel giorno incontrai Howdy Forrester, mi mise in mano un violino ma io ero così nervoso che suonai in maniera molto goffa, lui mi fermò e mi disse “Se devi suonare, fallo sempre con convinzione, stai in piedi e suona”. Ed ancora oggi seguo quel consiglio, la postura è molto importante. Quella sera suonai anche con Roy Acuff all’Ernest Tubb Record Shop per uno show radiofonico.
In un solo giorno avevo incontrato e suonato con Roy Acuff e Howdy Forrester.
Una giornata niente male per un ragazzino di appena 15 anni!
Lo è stata, veramente meravigliosa. Col passare del tempo tornavamo spesso a Nashville da bowling Green e ci ritrovavamo nel camerino di Mr.Acuff per suonare in grandi fiddle jam session.
Un venerdì sera eravamo al Ryman Auditorium dove si teneva la Grand Ole Opry ed io non sapevo che Roy Acuff aveva detto a mio padre di portare con se il mio violino. Papà venne da me con il violino e disse “Accordalo, Mr.Acuff ti porterà sul palco tra cinque minuti”. Roy amava come io suonavo Drunken Billy Goat e spesso mi chiedeva di eseguirla. E’ quasi più eccitante ora ricordarlo di quanto lo fosse all’epoca.
In quel periodo incontrai la persona che ha avuto la più grande influenza sul mio stile di violinista, Byron Berline.
Avevo ascoltato un disco che aveva fatto intitolato Picking And Fiddling, era la prima volta che ascoltavo il violino Texas-style ed era totalmente differente dalla tecnica usata nel sud-est. Così insieme ad un gruppo di violinisti del Kentucky andai a Weiser, Idaho, nel 1964 dove scoprii un intero mondo di violinisti tra cui molti nomi nuovi che non avevo mai sentito e anche Byron era lì. Ho imparato di più guardando lui rispetto ad ogni altra cosa e se qualcuno ancora oggi mi dice che il mio sound somiglia al suo, per me è il complimento migliore.
Sei stato campione di National Junior Fiddle per tre anni di seguito, quando è successo e continuavi nel frattempo a seguire il mandolino?
Ho vinto per la prima volta credo nel 1965. In quel periodo le mie attenzioni erano tutte per il violino anche se era il mandolino lo strumento che suonavo nelle bluegrass band.
Spendevo ore ed ore per prepararmi ai contest ed era molto divertente. L’obbiettivo di diplomarmi e la consapevolezza di dovermi guadagnare di che vivere mi spinsero a lasciar perdere con i concorsi.
Usi ancora strumenti della Zeta?
Non così tanto come il mio violino acustico. Abbiamo appena iniziato a sperimentare qualcosa con la Zeta, mi piacciono i loro modelli Acoustic Pro.
Ciò che più mi interessa nella collaborazione con la Zeta è la capacità dei MIDI, è molto stimolante. Sono influenzato da diversi tipi di violinisti, uno di questi è Jean-Luc Ponty che è il re dei violini Zeta.
Suoni ancora violini acustici dal vivo e se sì, di che tipo e come lo amplifichi?
Oh sì. Molto di più dell’elettrico. E’ una vecchia copia di Stradivari rosso che il mio banjoista trovò in un negozio di cianfrusaglie in New Mexico negli anni 70. Era malridotto, lo riparò e lo ridipinse di rosso, così decisi di provarlo e mi piacque molto di più di quello che usavo.
Per amplificarlo uso un ponte Barcus Berry con un microfono Sony che va in un jack stereo.
Nel 96 andò quasi distrutto in seguito alla caduta di una conga durante un live. Solo in quel momento mi resi conto di quanto tenevo a quello strumento, così lo portai a riparare in un posto a Nashville chiamato The Violin Shop diretto da Fred Carpenter e David Harvey. Non so come fecero ma lo rimisero a nuovo anzi da allora il suono mi è piaciuto di più.
Nel disco Ice Caps, potrei dirti il punto esatto in cui il violino venne riparato perché alcuni pezzi hanno un suono decisamente migliore rispetto ad altri. Sono stato fortunato, mi sentivo come se avessi perso un amico.
Sei conosciuto come un maestro del mandolino, c’è stato un momento preciso in cui ti sei concentrato maggiormente sul mandolino e cosa ti ha spinto a farlo?
Credo di essere sempre stato un mandolinista che ama suonare anche il violino. Da ragazzino prendevo lezioni di violino, poi all’epoca del college, mi venne offerto di prendere parte ad una bluegrass band come mandolinista.
Così mi trasferii a Luisville con questo gruppo e non toccai il violino per circa due anni.
La cosa principale è che preferisco suonare ritmiche piuttosto che soli e trovo che le ritmiche del mandolino e il cantato si sposino alla perfezione.
Comunque ho continuato ad amare il violino suonato in stili diversi. Amo artisti come Jean Luc Ponty e Jerry Goddman, mi piace lo stile blues di Sugar Cane Harris. Tutti questi hanno avuto e continuano ad avere una forte influenza sul mio stile, ascolto ancora Ponty, anzi credo di possedere tutti i suoi dischi.
Quando hai iniziato ad esplorare lo stile slide applicato al mandolino?
Nei primi anni ’70 quando formammo i New Grass Revival. Il nostro chitarrista, anche dobroista Curtis Burch aveva tutti questi strumenti Dobro ed un giorno venne con un mandolino National rivestito di metallo che compri per 50 dollari. Non riuscivo ad intonarlo così cominciai a sperimentare e cominciai a suonarlo con lo slide per vedere cosa ne sarebbe venuto fuori. Sono sicuro di non essere stato il primo anche se non ho sentito di altri che lo abbiano fatto.
Cominciai suonando con questo stile su una canzone di Bill Monroe intitolata Body And Soul presente nel primo album dei New Grass Revival e ho sempre continuato a sviluppare questa tecnica. Dopo due anni da quella prima volta un mio amico mi fece ascoltare dischi degli Allman Brothers e scoprii che Duane Allman faceva cose con la sua slide guitar che potevo fare con il mandolino slide.
Quali sono le cose in comune tra i due strumenti e quali le principali differenze?
A parte l’accordatura, direi che la cosa più simile tra i due è la posizione delle note, il fatto di aver studiato il mandolino mi ha aiutato molto nell’avvicinarmi al violino.
La differenza più grande l’ho incontrata nell’uso dell’archetto per sostenere e fare slide, ma ancora una volta io sono un mandolinista innanzitutto.
Hai un approccio diverso ai due strumenti, devi cambiare modo di pensare?
Ora non più, diciamo che il passaggio è ormai quasi automatico, non ci penso molto, è come se fossero impegnate due parti differenti del mio cervello. Ho naturalmente due approcci diversi ma questo non mi costa fatica anzi mi diverto.
Di solito suoni qualche fiddle tune nei concerti, cosa cerchi in una fiddle tune?
Cerco un ritmo e suono gioiosi, cerco di trovare pezzi che mi divertano e che possano allo stesso tempo divertire il mio pubblico.
Che accordature usi per gli strumenti?
Mi piace soprattutto l’accordatura in D in particolare per lo slide mandolin, a volte per variare accordo in G ma la prima resta la mia preferita. Per quanto riguarda il violino, non sperimento diverse accordature.
Quali sono le tue fiddle tune preferite?
Una che amo molto suonare e ascoltare è Tennessee Wagoner, una delle preferite anche di mio padre.
Mi è sempre piaciuto anche ascoltare Byron Berline suonare Gold Rush, poi qualunque cosa di Stuart Duncan o Mark O’Connor e Vassar Clements.
Sulla tua biografia si legge che suoni anche la chitarra, quando la suoni?
Durante gli spettacoli suono la chitarra solo in un paio di pezzi, invece come hobby, amo suonare la chitarra blues.
La Gibson ha recentemente messo sul mercato un mandolino modello Sam Bush F5. Hai mai usato questo modello al posto del tuo modello vintage 38?
Ci sono volte in cui lo uso al posto del mio vecchio mandolino, specialmente quando vengo in Colorado durante l’inverno quando quello vecchio è inutilizzabile. Il corpo dello strumento è simile a quello vecchio ed il suono è eccezionale. Qualche giorno fa ho provato tre diversi mandolini alla Gibson ed ognuno era davvero fantastico.
Sono onorato che abbiano voluto fare una segnature serie e credo sia stupendo che siano in grado di costruire nuovi strumenti che abbiano lo stesso suono di quelli del passato.
Tu sei anche soprannominato King of Telluride, hai da poco pubblicato un CD con canzoni prese da esibizioni a quel festival. Cos’è che rende così speciale quell’evento per te ed è stato così fin dall’inizio?
Sì da sempre, ancora oggi provo le stesse emozioni vedendo le Bridaveil Falls quando arriviamo in città.
Non è facile da descrivere, posso dirti che per me oggi è come una seconda casa, ci andiamo da circa ventisei anni, conosciamo molta gente che lavora lì ed è molto bello. Mi piacerebbe che tutti vedessero Telluride, non c’è niente di più emozionante come tornarci dopo molto tempo.
Con i New Grass Revival hai contribuito a diffondere il newgrass ad un pubblico vasto, cosa ne pensi di altre band che hanno portato in alto questo stile come i Leftover Salmon, Younder Mountain String Band e altre?
Mi piacciono molto i Leftover e anche gli Acoustic Sindacate una band del Nord Carolina con cui mi diverto a suonare ogni tanto. Queste due sono le band che preferisco, ma potrei citarti anche gli String Cheese Incident e comunque amo anche le grandi bluegrass band come la Del McCoury e David Grisman per non parlare dei Nickel Creek.
Cosa ti ha spinto verso uno stile diverso di bluegrass e quali sono state le reazioni all’inizio dell’esperienza con i New Grass Revival?
Noi venivamo da una bluegrass band chiamata Bluegrass Alliance e ci piaceva sperimentare con lunghe improvvisazioni strumentali, una cosa che se era nuova per il bluegrass, era invece frequente per altri stili musicali come il jazz o il rock and roll.
Quello che in realtà cercavamo di fare era trovare un nostro stile, suonare alla nostra maniera, non era nostra intenzione cambiare il bluegrass e se in qualche modo lo abbiamo fatto, è stato perché quello era semplicemente il nostro stile. Il nostro amore e divertimento per le jam session e l’improvvisazione, ci ha guidato su questa strada, verso un qualcosa non nuovo nel panorama musicale ma inusuale per quello del bluegrass.
Come sono nati i New Grass Revival?
Come ti ho detto ci siamo formati da una costola dei Bluegrass Alliance. Suonavamo tutti in quella band e quando terminammo il rapporto di lavoro con il violinista, scoprimmo che lui possedeva i diritti del nome della band. Così io, Courtney Johnson, Curtis Burch ed Ebo Walzer formammo i New Grass Revival nell’autunno del 1971.
All’inizio abbiamo incontrato qualche resistenza presso i circoli old time, credo che la gente fosse preoccupata del fatto che tutti avrebbero cominciato a suonare bluegrass come noi, poi avevamo un look diverso, lo stesso di ogni ragazzo della nostra età con tanto di capelli lunghi.
In tutti questi anni hai suonato con molti musicisti ma c’è un momento che ricordi in particolare?
Ci sono diverse esperienze musicali che ho vissuto in questi anni. Momenti meravigliosi legati al festival di Telluride sia con i New Grass sia da solo. L’ultimo concerto con i New Grass Revival nello show di capodanno del 1989 in cui aprimmo per i Greatful Dead e Bonnie Raitt all’Oklahoma Coliseum, un modo memorabile per un’ultima esibizione.
Anche la registrazione dei Nash Ramblers con Emmylou Harris al Ryman che più tardi ottenne un Grammy. Ancora l’ultimo show dei Nash Ramblers l’11 Febbraio del 1995 sempre al Ryman, fu in assoluto il più lungo concerto che abbia fatto. Più recentemente ho potuto suonare il violino allo spettacolo dei Grammy un pezzo intitolato Death By Triple Fiddles, con me c’erano Mike Marshall, Edgar Meyer e Joshua Bell.
Come è stato suonare con i Phish la scorsa estate?
E’ stato davvero divertente, quei ragazzi fanno parte di un gruppo di giovani musicisti che sono stati influenzati dai New Grass Revival. Mi hanno chiesto se volessi partecipare ad una delle loro lunghe jam session, ero lì con la del McCoury Band, Ricky Skaggs e Wynonna Judd, abbiamo suonato pezzi bluegrass oltre a brani loro molto lunghi. Io ho suonato il violino visto che per il mandolino c’erano già Ricky Skaggs e Ronnie McCoury.
Sei stato coinvolto anche in un progetto legato al balletto nel Febbraio del 2001, come è nata la cosa?
Beh, il coreografo Peter Pawlus e io abbiamo amici in comune, lui ha avuto l’idea di raccontare la storia della contesa Hatfield-McCoy attraverso il ballo e ha deciso di utilizzare la mia musica, alcune che avevo già scritto e registrato, altre che stavo componendo in quel periodo. Per me si è trattato di una nuova sfida.
Ti esibisci da solo?
Con me ci sono Jon Randall alla chitarra e Byron Berline al basso. Non c’è batteria visto che si tratta di una ambientazione rurale mentre è presente il banjo di Scott Vestal.
Che parole ti senti di dire a chi voglia intraprendere una carriera di violinista bluegrass, magari con il tuo stile?
Suggerirei di imparare il maggior numero di fiddle tunes e di provare diverse versioni perché secondo me più accumuli conoscenza dello strumento, più cominci a sviluppare il tuo proprio stile. Non preoccuparsi di suonare subito in modo veloce, all’inizio non è importante, la velocità verrà con il tempo.
Che progetti hai per il futuro?
Per il momento portiamo avanti questa esperienza legata al balletto, poi preparerò qualche nuovo pezzo per i prossimi festival con la mia band, suonerò la maggior parte del tempo con loro piuttosto che con altre band come ho fatto negli anni passati.
*per gentile concessione di Fiddler Magazine. Traduzione di Aldo Marchioni
Aldo Marchioni, fonte Country Store n. 62, 2002