Terry Allen

Questa è una delle rarissime (forse la prima?) volta in cui in queste pagine si parla di un concerto dove non è presente almeno una chitarra. C’è un pianoforte, invece. Il piano inconfondibile di uno straordinario esecutore e songwrlter: Terry Allen.
Pochi giorni dopo la sua nascita a Wichita, Kansas, la famiglia si trasferì a Lubbock, Texas, quindi, tanto per cambiare, mi trovo once again ad occuparmi di un texano a tutti gli effetti, infatti di Texas (e del vicino Messico) sono pervasi gran parte dei suoi testi.
Mentre sul palco sì esibiscono due americani vagamente Johnprineschi giunti forse da noi come pellegrini per il Giubileo, con la sensazione di perdermi ben poco mi apparto in uno scantinato insieme a Terry Allen.
E’ subito amichevole il primo impatto perché da bravi peccatori ci offriamo a vicenda una sigaretta poi ci sediamo alla meglio ed io premo REC sul mio registratore.

D.-Lubbock è una cittadina piena di chiese e di sette religiose. Hai avuto problemi per il tuo ultimo album Salivation?
R.-No, fortunatamente nessun problema. Con quel lavoro ho voluto denunciare l’ipocrisia che sta dietro tutta questa follia del Millennio. Anche voi con il Giubileo dovreste saperne qualcosa…
D.-Come hai cominciato a suonare il piano? Hai avuto una formazione classica?
R.-No. sono praticamente un autodidatta. Mia madre suonava il piano e quando ero molto giovane mi ha dato i primi rudimenti. Il primo pezzo che mi ha insegnato è stato St. Louis Blues.
D.-Questa è la seconda volta che suoni in Italia. Cosa mi dici del nostro pubblico?
R.-La volta scorsa mi sono trovato molto bene. Questa è la prima data, domani sarò a Ferrara e poi a Sesto Calende con John Trudell.
Il problema è cantare in una lingua diversa dalla vostra. So che ci sono artisti americani che non vengono in Italia per paura di non essere capiti. Io invece credo che anche chi non conosce i testi sente il feeling che gli trasmetto e capisce se sei vero o no. Per esempio a me piacciono molto Paolo Conte e Fabrizio De Andrè anche se non capisco una parola, perché mi piacciono le musiche e sento che sono entrambi autentici (combinazione essi sono gli unici due italiani famosi che piacciono anche a me – nda).
Poi io , come molti altri, vengo volentieri in Europa perché vi si da molto spazio ad artisti che in America sono ‘marginali’.
D.-E’ vera la storia di Truckload Of Art? (dall’album Lubbock On Everything, racconta di un autobus pieno di opere d’arte diretto in California da New York per portare il ‘verbo’ da Est a Ovest. C’è un incidente e quadri e sculture si sparpagliano sull’asfalto…-nda)
R.-Si e no. L’idea viene dalla mìa fantasia, però un sacco di gente mi ha scritto affermando di aver assistito o partecipato ad un fatto identico. Lo stesso avvenne per The Great Joe Bob (sempre da Lubbock…). quindi tutte le storie sono vere. (Joe Bob, campione di football, radiato per atti contrari alla decenza.. -nda)
D.-La tua band di Studio, The Panhandle Mistery Band, è anche il gruppo che ti affianca dal vivo?
R.-E’ difficile dirlo, perché il gruppo è tutto un va e vieni di elementi che possono capitare sul palco anche all’ultimo minuto. A parte i fratelli Maines, Lloyd (chitarre) e Donnie (batteria) il
resto è sempre molto elastico. Se Carlini mi pagasse di più verrei con la mia band anche in Italia (ride).

In quel mentre arriva proprio Carlini per chiamarlo sul palco. Grazie Terry.

Penalizzato da un Roland digitale, che traballa sotto le sue manate, Terry parte subito sul sicuro con Amarillo Highway, forse il suo pezzo più conosciuto e ‘coverato’. Mi ha detto che ne ha sentito una versione anche in svedese.
Il pianismo di Allen potrebbe essere riconosciuto fra mille, è un equivalente del Travis Style, non virtuosistico ma essenziale, efficace e molto ritmico.
La voce raggiunge note molto alte con pathos e grinta da vendere. Terry comunica una partecipazione emotiva fortissima per ogni parola che canta. Mi vergogno e mi irrito per l’altra metà degli avventori che chiacchiera, beve facendo casino e rompendo le balle. Ma la metà buona si diverte ed osanna il grande Terry che va avanti fra classici come New Deli Freight Train, e materiale degli ultimi album Human Remains e Salivation.
Ritorna per tre bis, poi non ce la fa più. Altro problema italiano: gli orari. Il concerto è iniziato a mezzanotte. Per colpa delle discoteche (sono queste a fare tendenza nel nostro Paese) gli orari slittano sempre più tardi e, come musicista e ‘concerto goer’ invidio gli svizzeri, i tedeschi e gli stessi americani. Lode alla BCMAI e a tutti quelli che organizzano i concerti con inizio in orario decente.

Fabio Ragghianti, fonte Country Store n. 51, 2000

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