Richard Greene

Richard Greene iniziò a studiare violino classico all’età di cinque anni. A tredici anni, lasciò perdere lo strumento, ma lo riprese da studente all’Università di California, a Berkley, dopo essere stato conquistato dal fiddle old-time di Mike Seeger. Nei primi anni ‘60, Greene, nativo di Los Angeles, trascorse parecchio tempo a Los Angeles assorbendo il clima della new acoustic music. Durante tale periodo Greene studiò gli stili fiddle di Scotty Stoneman e del fiddler western swing Dale Potter.
Nel mezzo degli anni ‘60, un periodo con i Greenbriar Boys portò ad un lavoro con il padre della musica bluegrass, (il compianto, N.d.T.) Bill Monroe. Greene registrò quattordici pezzi con Monroe, tra l’ottobre 1966 ed il gennaio 1967. Da queste sessioni provengono classici di Monroe quali Blue Night e Midnight On The Stormy Deep.
Lasciati i Blue Grass Boys nel marzo 1967, Greene lavorò in una serie di gruppi eclettici, tra cui la Jim Kweskin Jug Band, Seatrain con Peter Rowan, Muleskinner con Rowan, David Grisman, Clarence White, Bill Keith e Stuart Shulman, e la Great American Fiddle Band, anche qui con Grisman, poi diventata la Great American Music Band.
Gli anni ‘70 vedono Greene in tour e in sala di incisione con Loggins e Messina, e in intenso lavoro di studio. Nel 1977, tuttavia, Greene sentì la necessità di riprendere l’esercizio con il violino classico. Il suo rinnovato interesse nel violino classico lo portò a formare il Greene String Quartet nel 1985, e ad esplorare generi quali il jazz, il blues ed il rock. Ora Richard Greene è ritornato al bluegrass alla grande, avendo recentemente pubblicato per la Rebel il suo secondo disco di bluegrass, old time e melodie originali intitolato Wolves A Howlin (Rebel 1730), e girando in tournée con la sua nuova banda, The Grass Is Greener, caratterizzata dai grandiosi strumentisti Tony Trischka al banjo, David Grier alla chitarra, Butch Baldassari al mandolino e Buell Neidlinger al basso. L’intervista che segue fu rilasciata allo Shasta Serenade Music Festival a Redding, California, il 14 Ottobre 1995.

JD – Ho sentito dire che tu sei stato il primo fiddler a portare il suono sinfonico dei violino nel bluegrass. quando suonavi con Bill Monroe and The Blue Grass Boys.
RG – Sinfonico è un termine molto generale. Io penso che il suono classico sia il migliore. E per essere proprio precisi, direi che Chubby Wise, che fu il primo fiddler di Bill sulle registrazioni bluegrass nel momento in cui la musica passò il confine tra old-time e bluegrass, fu il primo a farlo. Il suo suono in quel periodo era molto pieno, molto bello, molto ben curato e sorprendentemente intonato. Io non so se fosse un musicista istruito classicamente, non penso che lo fosse. Ma non importa. Lui portò questi valori nella musica bluegrass. E questo fu una vera sfida per tutti i fiddler che seguirono, non riuscirono mai ad ottenere il suo timbro. E così nessun fiddler tra lui e me ebbe quel suono; avevano un suono da fiddle. E’ una cosa diversa. E non ti puoi sbagliare, è un suono meraviglioso, puro, ma non ha la pienezza timbrica che ha il violino classico.
JD – Come si ottiene questa pienezza timbrica?
RG – E’ il modo in cui muovi l’archetto sulle corde, ma anche la scelta dello strumento, delle corde, di dove ti metti davanti al microfono, la scelta del microfono, dove metti l’archetto sulle corde, con quale velocità lo spingi… il violinista classico impara come proiettare il suono e a lanciarlo, come un ventriloquo. Immaginiamo di stare di fronte ad un’orchestra di ottanta elementi, non ci sono microfoni, il violinista deve suonare più forte, o almeno deve sembrare così. Perciò è come una proiezione del suono in una certa direzione.

JD – Che cosa ti ha spinto a mettere insieme The Grass Is Greener ed a registrare un album di strumentali bluegrass tradizionali?
RG – Avevo bisogno di interagire e comunicare in modo musicalmente più completo di quanto avevo fatto per molti anni. Come musicista da studio di registrazione ti dicono che cosa suonare, non aveva niente a che vedere con l’essenza di quello che sono stato, cioè un fiddler bluegrass. Sono stato un discepolo attento di Bill Monroe quando ho suonato nel suo gruppo. Così, nel cercare in che modo potessi trovare soddisfazione musicale, mi ha illuminato quello che la gente dice di me, e sebbene non l’abbia più fatto per molti anni, sono ancora conosciuto come un fiddler bluegrass.
JD – Quale è stato il tuo primo passo per tornare al blue­grass?
RG – Ho partecipato al raduno della IBMA (International Bluegrass Music Association) a Owensboro, nel Ken­tucky, nel 1993. Non avevo idea di quello che sarebbe accaduto. Quando arrivai lì vidi tutta quella gente che non avevo visto per anni, che ancora si ricordava di me, e trovai molto in fretta una base per comunicare musicalmente. Fu come un’onda crescente fatta di quello che avevo cercato. Fu una settimana di jam session in un albergo a dieci piani. Nell’atrio, intorno al quale salgono i dieci piani, ogni balconata aveva gruppi che suonavano. Sicché entrando in questo atrio potevi sentire cinquanta gruppi, tutti di ottimo livello, suonare tutti insieme in diverse tonalità. E’ un suono indimenticabile.

JD – Oltre a registrare e girare con The Grass Is Greener, so che impieghi molto tempo ricercando vecchie melodie.
RG – L’ho fatto da prima di lavorare con Monroe, la musica è così fantastica. Quando ne trovi una, e ti guardi in giro e scopri che nessuno l’ha mai nemmeno sentita nominare, men che meno registrata, è come un entusiasmante ritrovamento archeologico. Ed io amo portare questa musica nella band. Sentire David Grier, il nostro chitarrista, suonare Little Rabbit mi fa morire. E’ un colossale movimento di forza sentire la musica passare dai Crockett Mountaineers a David Grier rimanendo la stessa melodia. E’ entusiasmante. E capita anche che quella musica vada bene anche per me.
JD – Come fai a trovare queste melodie?
RG – C’è un buon numero di esperti di fiddle sui quali mi baso. In effetti, due case discografiche, Sierra e Rebel, appartengono a persone che iniziarono la loro carriera pubblicando fiddle music, e sono John Delgatto e Dave Freeman. Queste sono le persone che hanno raccolto e pubblicato quella musica, e sanno tutto su di essa. In particolare Dave Freeman, che è qualcosa di più che un archivista. Altri collezionisti mi mandano nastri registrati. Mi piace il modo in cui ho trovato Northern White Clouds, ad esempio. Qualcuno mi ha mandato un nastro di Monroe registrato dal vivo alla Opry (Grand Ole Opry, N.d.T.) dalla radio. Quella è la vera fonte. Northern White Clouds era stata presentata come fiddle tune, con Monroe che faceva un assolo. Così io ho preso solo l’assolo di Monroe, non ho ascoltato il violino, e l’ho trascritto con molta precisione, e quella è stata la fonte del mio arrangiamento della canzone. Ho definito così la melodia.

JD – Ho sentito che usi anche un computer per analizzare quelle vecchie melodie.
RG – Qualche volta ho inserito il pezzo nel mio computer, il che mi permette di riascoltarlo a qualsiasi velocità. Poi, ascoltando attentamente la melodia, cerco di capire quali siano le corde aperte, il che mi dice quale accordatura stesse usando il fiddler. Vedi, ci può essere una differenza di due o tre toni sopra o sotto rispetto a quando fu eseguito il pezzo, per via della variazione di velocità dei cilindri di cera, o di qualsiasi mezzo di registrazione sia stato usato. Ed ogni macchina attraverso la quale passa la registrazione ha le sue imprecisioni. E quando lo sento io, può essere in Do, mentre l’esecutore l’aveva effettivamente suonata in La. Così devi scavare a fondo, archeologicamente parlando, e riportare il pezzo a suonare di nuovo nella stessa tonalità in cui fu suonata in origine. Dopo di che, nota per nota, riporto la melodia nel mio programma di scrittura musicale, in modo che quello che ne esce sia una pagina di musica pubblicabile, ma analizzata molto a fondo.
JD – Little Rabbit è ora una fiddle tune molto registrata. Quando ti sei imbattuto in essa per la prima volta?
RG – Il pezzo apparve sul primo album che Dave Freeman abbia mai pubblicato per County Records (cat. 501), registrato dai Crockett Mountaineers negli anni venti. Dave ne stampò cinquecento copie, e fu tutto. E’ un album raro. Così, quando registrai il pezzo negli anni sessanta, esso era virtualmente sconosciuto. E negli ultimi anni in cui ho girato per i festival, ho trovato che la gente lo suonava molto. Mi piace avere il merito di aver fatto rivivere quel pezzo.

JD – Quale è stata la tua fonte per The Methodist Preacher, che è stato il tuo primo single pubblicato con The Grass Is Greener?
RG – Avevo sempre desiderato registrare The Methodist Preacher, perché l’ho imparato da Monroe. Eravamo seduti in un hotel, o in qualche sala prove da qualche parte, con un piccolo registratore Wollensack, e suonammo nove o dieci pezzi insieme. Questo era uno di quelli, e giurerei che sia andata così. E’ in quel modo che l’ho registrato, molto Monroviano.
JD – I fan della musica bluegrass hanno idee molto precise su cosa sia musica bluegrass tradizionale e cosa no. Come fai tu questa distinzione?
RG – Ho ancora Bill Monroe nel mio subcosciente, in ogni momento, perché quando ero nella sua band lui mi diceva sempre: “Questo va bene, questo no”, e ancora io seguo quella filosofia.
Traduzione di Aldo Marchioni.
Pubblicato per gentile concessione di Mary Larsen, Editore di Fiddle Magazine (Summer 96, Vol. 3, Nr. 2)

Maurizio Faulisi, fonte Country Store n. 36, 1997

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