Mary Chapin Carpenter picture

Mary Chapin Carpenter , concerto al Teatro London Apollo.
Era da un po’ di tempo che questo pensiero mi ronzava per la testa, da quando avevo letto sulla solita rivista straniera di country music del prossimo tour di Mary Chapin Carpenter in Inghilterra con tappa a Londra al teatro Apollo.
Anche se a dire il vero tutto cominciò da quando lessi l’articolo su di Lei scritto dal nostro Faulisi sulla solita rivista italiana di musica country. D’altronde qualche sassolino dalla scarpa bisogna toglierselo.
Detto fatto contatto la mia solita agenzia di viaggi la quale mi propone un economico e conveniente pacchetto viaggi per il weekend a Londra. Non ci sono mai stato! Penso: prenderò i soliti due piccioni con una fava, anzi due piccioncelle con una fava!
Ora mi rimane solo la cosa più importante: prenotare il biglietto per il concerto di Mary Chapin Carpenter. Contatto vari box-office e biglietterie a Milano, ma niente da fare. Chiamo allora la mia amica Simona che lavora dodici ore al giorno sul computer on-line (ci ha trovato pure il fidanzato) per avere il biglietto dal box-office inglese, ma niente da fare: appare ‘price not available’ e andando avanti appaiono: 23-25/6 Telluride, San Raphael 19/7, Saratiga 20/7, San Diego 25/7, Salt Lake 28/7, Denver 29/7, New York 14/8. No, no! non ci siamo. Lì andremo magari questa estate.
E’ già martedì e comincio a preoccuparmi; mi ricordo ad un tratto dell’amica scozzese di mia mamma, conosciuta per merito del mio vecchio cane Scotty innamoratosi della sua cagnolina! Compagno di tante avventure e abbordaggi a varie cagnoline accompagnate da altrettante padroncine. Le spiego la situazione: la mattina dopo è a casa mia, chiamiamo il teatro e finalmente prenotiamo il sospirato biglietto del costo di ventisei sterline e cinquanta.
In sessanta secondi avevo n° di riferimento settore posto e fila.
Incredibile tutto merito di Scotty!

Il viaggio procede tranquillamente, siede accanto a me una signora canadese in viaggio per il mondo che inizia a parlarmi; cerco di rispondere nel mio miglior inglese possibile. Ad un certo punto incomincia ad acquistare mezzo Duty Free, mi guarda: non penserà mica che paghi io?
Arrivato a Londra sono un po’ spaesato, non trovo l’Underground ma alla fine mi ritorna e mi dirigo verso Piccadilly Line per raggiungere il mio albergo situato a Russell Square e indi il teatro Apollo ad Hammersmith.
Dopo aver ritirato il mio ticket al box office del teatro ceno con una pizza Margherita (all’inglese!!!) più cappuccino bianco al solito ristorante italiano all’angolo.
Il concerto è fissato per le 19 e 30. Entro e scopro che il mio posto è ‘circle’, cioè in galleria, NO! Faccio l’italiano e mi infilo in un’entrata laterale priva in quel momento del controllo. Trovo un posto libero in ottava fila nel corridoio centrale. Speriamo!
Inizia il concerto di Shawn Colvin accompagnata solo da voce e chitarra con suo caratteristico modo di suonare sincopato-stoppato-reprise; dura una buona ora e alterna pezzi nuovi a vecchi tra cui riconosco (Looking For) The Heart Of Saturday (ci voleva!), Someday di Steve Earle, Must Be The Place e One Cod Remove.
E arriva la prima sorpresa: entra in scena il figlioletto di quattro anni circa, che dopo la presentazione, sale in braccio alla mamma e canta una canzoncina col suo stesso stile.
Più tardi seconda sorpresa: entra Mary Chapin con la sua chitarra e insieme eseguono gli ultimi due brani.

Si accendono le luci e purtroppo arriva anche il proprietario del posto. Non mi perdo d’animo e rimango nei paraggi. Vedo i primi due posti sempre in corridio centrale stavolta in sesta fila… Si spengono le luci e mi siedo. Non arriva nessuno, fortuna sfacciata! Mary Chapin Carpenter è proprio davanti a me. Attacca subito con tre canzoni del nuovo album: Whenever You’re Ready, a cui segue Slave To The Beauty e Swept Away.
La band è al completo: Joe Carrol al piano, Dave Mattack alla batteria e John Jennings stranamente al basso e al cello! Sicuramente al concerto mancheranno i suoi magici ricami e contrappunti alla chitarra. Quindi abbiamo il solito Duke Levins alla solista e un altro chitarrista che però non conosco. Intanto inizio a scattare le mie foto (pure!) ma vengo subito redarguito da una bella ragazza inglese dietro di me “you cant’t go right and left, I don’t see” Mavaf…
Almeno ho conosciuto qualcuno!
Ma qua al concerto sono tutti fermi e impalati, neanche un battimani o una testa che si muove!
Mary Chapin usa una nuova chitarra; una ‘Chet Atkins’ con corde di nylon dalla forma originale, ma la nostra subito dopo imbraccia la sua Rickembacker blu e ci regala Passionate Kisses e The Hard Way, a cui segue Simple Life.
Il concerto fila via liscio, l’acustica del teatro è perfetta, il sound ottimo, il volume giusto. Noto che la nostra Mary Chapin è un po’ più cicciotta del solito, il viso sempre carino e i suoi biondi capelli lunghi sono mossi da un leggero vento come sul video Jubilee. Sogno o son desto?
Arrivano poi Stones In The Road, la nuova This Is Me Leaving You, Take My Changes, i nuovi pezzi lenti in finger-picking Someone Else’s Prayer, The Dreaming Road, suonati col suo solito stile molto fluido. Naturalmente non poteva mancare la dolce e mitica This Shirt, il tutto accompagnato da una band perfetta.

Concludono il concerto Alone But Lonely e The Long Way Home, e il bis con He Thinks He’ll Keep Her. Tutti immobili anche qui! Da non credere. Esce.
Terza sorpresa. Subito rientrano Shawn Colvin e Mary Chapin e ci regalano un fantastico set acustico di 40 minuti circa, in cui alternano ballate e pezzi in finger picking tra cui la delicata That’s The Way Love Goes dal video Jubilee.
Piccolo siparietto: Shawn Colvin non riesce a riaccordare la chitarra, e allora la nostra Mary l’aiuta tirando le sue meccaniche. Quindi rientra la band al completo con la Colvin al coro e il concerto si chiude con Shut Up And Kiss Me e Quittin’ Time, dove rubo 30 secondi di ripresa con la mia videocamera.
E’ stato proprio un magnifico concerto, di circa due ore e mezzo. Ma vado via così, tutto finito? Naturalmente non potevo tornare a casa senza averla conosciuta e averci scambiato due chiacchere.
Quindi io e altri tre temerari tra cui una ragazza tedesca aspettiamo pazientemente che salgano sul pullman nel passo carraio di fianco al teatro. Salgono su e noi ci avviciniamo. Allunghiamo i CD da firmare a una tipa e proviano a chiamare. Arriva John Jennings e gli domando come mai suoni il basso e il cello e non le sue chitarre. Mi risponde che si deve adattare ai nuovi pezzi e al nuovo sound della band.

Gli dico che io lo preferisco molto di più alle chitarre… risata! Arriva anche Mary Chapin mi presento e gli ricordo subito che sono venuto dall’Italia apposta per vedere lei. Rimane piacevolmente meravigliata e mi sorride… Quindi le chiedo quando verrà in Italia a fare un concerto. Non lo sa mi dice, naturalmente le piacerebbe molto e spera che in futuro qualcuno glielo proponga. Dopo qualche altra battuta e un paio di foto ci salutiamo. Le stringo la mano e ringrazio entrambi per la loro disponibilità.
E’ stata proprio una bella esperienza che rifarei volentieri, anche se un po’ faticosa, il giorno prima mi trovavo a Olbia per via di un’udienza e la mattina seguente sveglia presto perché alle nove avevo la partenza per Londra. Che la prossima volta Country Store riesca a farmi avere un Pass per la stampa per evitare questi sacrifici! E per chi ne vuole sapere di più venga a trovarmi al Rolling di Milano, è lì che lavoro, così gli racconto il resto.

Gabriele Dahó, fonte Country Store n. 59, 2001

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