Stesso luogo Nashville Tennessee, stesso periodo, il mese di giugno, stesso evento, la Country Music International Fan Fair vale a dire il più grande festival di musica country che si possa immaginare.
Dal 10 al 17 giugno anche quest’anno Nashville ha ospitato una marea di appassionati provenienti da ogni stato degli USA così come dalle più disparate parti del pianeta, tutti lì per ascoltare, vedere, salutare, toccare i protagonisti del movimento musicale country e di tutto ciò che ad esso ruota attorno.
Come l’anno scorso anche questa trentunesima edizione ha occupato il centro città della capitale del Tennessee con qualche conferma ed alcune interessanti novità.
I concerti si svolgono tra il Riverfront Stage, dove sono allestiti i programmi della mattina e pomeridiani, ed il maestoso Adelphia Coliseum che ospita i concerti serali delle grandi superstar. Gli stand degli espositori trovano spazio come l’anno scorso all’interno del Nashville Convention Center, è qui che gli artisti sfilano per autografi e foto ricordo, i fan club propongono le novità del catalogo di merchandise, le case discografiche pubblicizzano le ultime uscite.
Nuovi punti di interesse sono il Gaylord Entertainment Center dove l’emittente TV CMT ha programmato una serie di speciali con esibizioni dal vivo, la nuova Country Music Hall Of Fame dove oltre a visitare il bellissimo museo, è possibile assistere a interessanti spettacoli live e fare domande ad artisti in appositi incontri, anche il Ryman Auditorium è teatro di queste vere e proprie conferenze stampa aperte però al pubblico.
Confermato anche il fortunato programma di Fan Fair After Hours che coinvolge i numerosi locali della Broadway e del centro cittadino con concerti, aste benefiche e quant’altro.
Il programma spero si sia capito è più ricco che mai, inutile sprecare altre parole di introduzione, molto meglio passare al racconto dei sette giorni più intensi e più belli che Nashville vive ogni anno.
Martedì 11 Giugno
E’ il giorno in cui prende il via il programma ufficiale del Fan Fair ed anche quest’anno il prologo è affidato allo show preparato dall’IFCO (International Fan Club Organization) che come di consueto avrà come cornice il bellissimo Ryman Auditorium, quello che gli americani chiamano con espressione azzeccata la ‘Madre Chiesa’ della musica country.
Lo spettacolo dell’IFCO giunto alla sua edizione numero 35, riesce sempre a mettere insieme un cast interessante di artisti di buon livello per tre ore di buona musica che ti fanno entrare nello spirito giusto per affrontare il resto della settimana.
Tra gli ospiti di quest’anno spicca qualche nome importante come la brava Linda Davis ed il sempre in forma Jeff Carson che nell’ultimo anno è tornato alla ribalta sul circuito radiofonico americano grazie alla hit Real Life che dal vivo assume una ancora più intensa carica emozionale così come il secondo brano in scaletta I Almost Never Loved You, un’altra bella ballata che fa risaltare le buone doti di interprete di Carson.
Come di consueto lo show ospita numerosi artisti esordienti cui viene data l’opportunità di presentarsi al pubblico di Nashville, tra i volti più interessanti della serata spicca quello del giovane Tommy Shane Stiner, buona voce e già ottima presenza sul palco.
Molto meglio comunque la performance di Ty Herndon che scatena il pubblico femminile che a tratti riesce a coprire con le sue urla la musica della band, oltre che apprezzato per il look Herndon è comunque soprattutto un artista di buon spessore con momenti live davvero esaltanti, lo ritroveremo all’Adelphia Coliseum più in là nella settimana e in quel contesto ve ne parlerò più approfonditamente.
Un piacere anche rivedere sul palco del Ryman il veterano Joe Stampley che coglie l’occasione per presentare il debutto discografico di suo figlio Tony, che prima duetta con il padre e poi si esibisce in un pezzo del suo fresco repertorio, il giovane Stampley ha dalla sua un sound direi classico ed una bella voce profonda che copre un po’ la sua non proprio brillante attitudine a coinvolgere il pubblico.
Artista ben più consumato è John Berry, anch’egli affezionato all’IFCO, sul quale veramente non c’è più molto da scoprire, una buona band lo accompagna e lui possiede doti vocali veramente impressionanti soprattutto nel raggiungere le tonalità più alte.
Uno dei momenti più belli della serata è coinciso con la performance di David Ball, suoni honky tonk nello stile più classico con canzoni come Thinkin’ Problem, capaci di mandare in visibilio il numeroso pubblico presente in sala.
L’intervallo precede come di consuetudine l’esibizione degli artisti di punta della serata che quest’anno sono due esordienti dell’IFCO Show ma che già da qualche anno stazionano nelle vette delle classifiche country.
Comincia l’australiana Jamie O’Neal che propone una serie di pezzi tratti dal fortunato album d’esordio Shiver, tra essi segnalo When I Think About Angels, la più ritmata Frantic e la splendida There Is No Arizona ballata che ha consentito alla O’Neal di raggiungere il primo posto in classifica. La bionda cantautrice ha una bella voce che rende molto anche dal vivo e splendidamente in un contesto come quello del Ryman.
A chiudere la serata è chiamato Andy Griggs che risulterà alla fine la più bella sorpresa dell’intero spettacolo. Da lui ci si aspettava una esibizione marcatamente country-rock, sonorità che lo ha fatto conoscere in questi primi anni di carriera. Invece fin dall’inizio la scaletta proposta prende strade ben diverse, quelle di un set acustico con momenti bluegrass.
Griggs si presenta sul palco solo con la sua chitarra acustica e comincia con un paio di pezzi del suo primo album tra cui spicca la dolce You Won’t Ever Be Lonely.
Subito dopo il cantante chiama ad affiancarlo George e Tammy Sullivan con cui passa in rassegna alcuni classici della tradizione musicale americana. Il tutto è in perfetta sintonia con l’acustica e la cornice del teatro che rendono il tutto ancora più emozionante. Tra tutte ricordo una intensa versione di Wayfaring Stranger con intro a cappella ed accompagnamento midtempo che porta in risalto la voce del giovane cantante. Non poteva esserci modo migliore per concludere una serata così piacevole.
Complimenti agli organizzatori, è la quarta volta che ho la fortuna di assistere a questo evento ed ogni volta si è confermato essere uno dei più riusciti del festival.
Mercoledì 12 Giugno
Cresce sempre di più l’offerta del Fan Fair, la città ha già cambiato volto rispetto a pochi giorni prima quando le strade erano poco trafficate, soprattutto il popolo del country ha già invaso il centro di Nashville, i negozi hanno esposto le grandi offerte pensate in occasione dell’evento i molti bar e ristoranti della Broadway propongono musica live praticamente 24 ore su 24, il mitico Ernest Tubb Record Shop comincia a presentare le showcase di diversi artisti.
Attrazione principe della giornata è la nuova Country Music Hall Of Fame che oltre ai tesori che hanno fatto la storia del genere ospita piccoli concerti ed incontri con alcuni artisti storici tra cui le star della Grand Ole Opry Jim Ed Brown, Jan Howard e Jeanie Seely.
I veri grandi eventi della giornata sono programmati per la serata quando sul palco del Gaylord Entertainment Center si svolge la serata di gala per la consegna dei CMT Flameworthy Video Music Awards. Lo spettacolo è ricco con molte star di prima grandezza che si alternano come premiati e premiatori oltre che per qualche spettacolare esibizione live.
Si tratta di un evento sicuramente importante ma che non consiglierei a chi volesse veramente vivere lo spirito del festival, è uno show che deve andare in diretta Tv con conseguenti numerose interruzioni e che perde un po’in spontaneità e vivacità se paragonato agli altri show del festival.
Per la nottata, ed intendo veramente nottata, si torna al Ryman ed è un vero piacere visto che in programma c’è la prima Marty Stuart Late Night Jam.
Si comincia alle 11 di sera e come dice lo speaker che introduce l’evento nessuno può dire quanto durerà il tutto, prima di lasciare il posto, dovremo accertarci che Marty abbia lasciato il teatro perché solo a quel punto saremo sicuri che la sua voglia di far festa e suonare con i suoi amici sarà sopita.
Non chiedo altro e quando l’estroso musicista fa il suo ingresso on stage attaccando con Hillbilly Rock, il pubblico lo accoglie con il consueto calore ed affetto. La prima parte vede Stuart assoluto protagonista con una rassegna dei grandi successi della sua carriera, Kiss Me I’m Gone, Western Girls, Now That’s Country, Paint The Town, Tempted e Burn Me Down, solo qualche titolo per dare l’idea della ricchezza di questa strepitosa partenza.
I primi ospiti della serata sono Montgomery Gentry, i due si scatenano sul palco con un set assolutamente country rock che stride forse un po’ con il resto dello spettacolo, alcuni pezzi sono di sicura efficacia live, su tutti Hillbilly Shoes, All Night Long e She Couldn’t Change Me.
Molto più in linea con il tutto e sicuramente di grande intensità la performance di Pam Tillis che ha da poco ultimato le registrazioni del suo tribute album alle canzoni di papà Mel e si presenta con una band ridotta a tre elementi, chitarra acustica contrabbasso, e vocalist, il che non fa altro che accentuare la bellezza della acuta e pulita voce della Tillis, un timbro particolare in grado di personalizzare ogni tipo di canzone. C’è anche il tempo per un duetto con il vulcanico Marty che già in passato aveva collaborato con la collega.
La più bella sorpresa della serata la offre il giovane Joe Nichols assoluto esordiente non solo per lo storico palco del Ryman ma anche per il panorama musicale. Non ha ancora una band completa al seguito e si presenta accompagnato solamente da un ottimo chitarrista acustico che ne esalta la splendida voce, già matura e sicura, profonda ma capace di colorarsi di diverse tonalità. Il tutto accompagna il primo singolo del giovane, una meravigliosa ballata intitolata The Impossibile che ottiene la prima vera e sentita standing ovation del teatro.
Anche il buon Marty Stuart affianca Nichols per un duetto dedicato a Merle Haggard ed in particolare alla celebre Okie From Muskogee che ancora di più esalta Joe come uno dei grandi protagonisti della serata. Se questi quattro anni di Fan Fair mi hanno insegnato a leggere le reazioni del pubblico, vi dico che questo Joe Nichols avrà grande successo altrimenti significa che qualcosa non va nel mondo della country music.
Ma torniamo allo show perché è arrivato il momento dell’altra grande star prevista, e come può mancare Travis Tritt in un Marty Party che si rispetti. Sale sul palco ed è il delirio, un cappello nero copre la sua folta capigliatura, chitarra a tracolla e si comincia con una serie di canzoni bellissime interpretate con la solita grinta da questo vero campione del country moderno sempre però ancorato al passato.
Here’s A Quarter apre l’esibizione di Tritt ma il pubblico scandisce parola per parola tutti i pezzi in scaletta fino alle più recenti Great Day To Be Alive e Modern Day Bonnie And Clyde che precedono la trascinanti T-R-O-U-B-L-E e Southbound Train. C’è spazio anche per una anteprima di Country Ain’t Country Anymore singolo di prossima uscita che torna sul tema della situazione attuale della musica che amiamo e che viene accolto con grande calore dal pubblico.
E’ ormai passata da un pezzo la una di notte ma non c’è tempo per pensare al sonno perché Marty Stuart e Travis Tritt prendono il centro del palco seduti su due sgabelloni, pronti a duettare per la gioia di noi tutti. Quello che accade è un meraviglioso incontro musicale di due grandi musicisti e artisti completi che in versione semiacustica ripercorrono la storia dei grandi nomi del country con un occhio di riguardo a Waylon Jennings scomparso da poco in onore del quale Tritt veste il cappello nero che mai indossa nelle sue esibizioni in pubblico.
C’è spazio anche per canzoni del repertorio di Johnny Cash, Hank Williams e per un simpatico duetto in cui Stuart canta imitando lo stile di Bob Dylan mentre Tritt si trasforma in una perfetta copia di Hank Jr.
Ancora spazio ai pezzi che i due hanno inciso in coppia, prima The Wiskey Ain’t Working, poi This One’s Gonna Hurt You questa volta con un accompagnamento più elettrico e honky tonk.
Quando i due concludono, le luci del teatro si accendono e sembra tutto finito ma memori di ciò che lo speaker aveva raccomandato, non ci si muove ed infatti Marty ritorna in scena ed invita sul palco la moglie Connie Smith per un’altra manciata di duetti piuttosto rari tra questa coppia d’oro della musica country.
Questa volta lo spettacolo è giunto davvero al termine e guardando l’orologio sulla via del ritorno ci accorgiamo che sono passate le tre di notte e ad un tratto come usciti da una magia che aveva fermato il tempo, il sonno ci assale.
Giovedì 13 Giugno
Oggi si entra veramente nel vivo dei festeggiamenti, si aprono infatti i concerti in programma a Riverfront Park Stages con un line up di grande interesse.
Si comincia con la musica degli inossidabili Bellamy Brothers che riescono sempre a cogliere nel segno con un repertorio che non stanca mai, anche Chad Brock fa parte della rassegna mattutina che si chiude con la bella australiana Sherrie Austin, ottima interprete e autrice che da poco più di un anno ha dato vita ad una propria casa discografica, ci delizia con la sua versione di Jolene, prima di passare alla swingata There’s Something Missin’ In The Kissin’ ed alla fortunata In The Meantime e via via tutte le principali canzoni dei suoi primi tre album.
Il pomeriggio prevede due sezioni di concerti, la prima decisamente country sostenuta dalla musica di David Ball, Eddy Raven, Oak Ridge Boys e soprattutto Billy Yates, meglio conosciuto come autore di canzoni in particolare per l’amico George Jones, se la cava benissimo anche come interprete con suoni assolutamente classici e alcune canzoni di grande qualità come la strepitosa Choices o la spiritosa Daddy Had A Cardiac And Mama’s Got A Cadillac.
La seconda parte del caldo pomeriggio al Riverfront è tutta dedicata al bluegrass con nomi importanti come Nashville Bluegrass Band, Doyle Lawson & Quicksilver, Gibson Brothers e Lonesome River Band per un totale di due ore di concerto senza un attimo di sosta.
Anche il Nashville Convention Center ha aperto le sue porte ai numerosi fans in caccia di autografi disposti anche a tre ore di fila per poter incontrare i propri begnamini.
Nel corso della settimana i più attesi ed acclamati risulteranno essere Trace Adkins, Marty Stuart, i Lonestar, gli Alabama, Blake Shelton emolti molti altri.
Arriva il momento più atteso, vale a dire l’apertura dei cancelli all’Adelphia Coliseum, ci vuole poco per raggiungere lo stadio a piedi dal centro di Nashville, basta attraversare il ponte che sovrasta il fiume Cumberland ed in cinque minuti sei arrivato a destinazione.
Le tribune sono gremite quando Brooks & Dunn aprono l’evento organizzato dalla RCA con la loro Only In America, il pubblico non può sedersi un secondo dato che il CMA ‘Duo of the Year’ lo incalza con una serie di hit di successo una dietro l’altra, da Brand New Man a My Maria mentre Ronnie Dunn lancia le bacchette della batteria al pubblico e Kix Brooks scende dal palco per salutare le prime fila.
Quando una leggenda come George Jones sale sul palco, l’emozione è forte ed è bello vedere come il pubblico continui a sostenere e seguire con trasporto mentre il membro della Hall Of Fame passa in rassegna alcuni classici come I Don’t Need No Rocking Chair e He Stopped Loving Her Today.
Da un grande veterano a due giovani che già hanno conquistato il favore del pubblico, Kenny Chesney amatissimo dalle donne si scatena sul palco con alcuni successi vecchi (How Forever Feels, She Thinks My Tractor’s Sexy) e nuovi (Young, No Shirt No Shoes No Problem).
Brad Paisley si conferma artista di grande spessore e virtuoso della chitarra per una serie di canzoni dalla vena honky tonk come Wrapped Around Your Finger e Me Neither oltre alla spassosa I’m Gonna Miss Her.
Dopo le consuete buone prove di Sara Evans e dei Diamond Rio, si arriva al pezzo forte della serata.
Prima la incontenibile vocalità di Martina McBride che come l’anno scorso ha impressionato per la capacità clamorosa di spingere la sua voce verso ogni tonalità fin dalla prima When God Fearin’ Women Get The Blues e per tutta la durata del suo show mai scontato e sempre emozionante con punte di grande intensità nella finale Indipendence Day, canzone che non stanca mai e che la bella Martina introduce dal vivo con il ritornello cantato senza musica con vocalizzi che tolgono letteralmente il fiato.
A chiudere la serata una sicurezza come Alan Jackson che come sempre risulterà uno dei migliori. Accompagnato da una band completa di ogni strumento accostabile alle sonorità country il georgiano attacca con una scaletta ricca e di grande qualità, Gone Country, Chattahoochee, Little Bitty, Livin’On Love, Pop A Top sono solo alcuni titoli in scaletta che mandano in visibilio lo stadio prima che l’atmosfera si faccia più solenne quando Alan attacca l’arpeggio di chitarra di Where Were You (When The World Stopped Turning) il suo tributo alla tragedia dell’11 Settembre.
Tutti in piedi, quasi si tratti di un vero e proprio inno, bandiere, bandierine e quant’altro a stelle e strisce, qualche lacrima ed un lungo, lunghissimo applauso che saluta l’imponente sagoma di Jackson che hat off si congeda da un pubblico che lo adora. Alan Jackson un tesoro di Nashville!
Venerdì 14 Giugno
Giornata transitoria di questo Fan Fair, difficile eguagliare il livello raggiunto dagli appuntamenti inaugurali o previsto per gli eventi del sabato.
Comunque il Riverfont offre qualche spunto interessante come la presenza di Tim Rushlow, ex voce solista dei Little Texas, ora sulla breccia grazie a singoli come la ritmata Crazy Life.
Nel pomeriggio grande folla in riva al fiume per lo show condotto da Andy Griggs e Tracy Byrd che introducono uno dietro l’altro giovani artisti interessanti tra cui spicca una ex corista di Barbra Streisand, si chiama Kellie Coffey e con il suo disco d’esordio sta ottenendo un discreto successo grazie alla bella When You Lie Next To Me.
Si rivede anche Tommy Shane Stainer che stupisce la folla quando chiama al suo fianco il texano Clay Walker per duettare il classico di Van Morrison Brown Eyed Girl.
L’ultimo show del pomeriggio porta in scena una bella squadra di texani capitanata da Dale Watson con Sonny Burgess, Radney Foster e Deryl Dodd quest’ultimo particolarmente acclamato dopo quattro anni di assenza dalle scene.
La serata allo stadio porta la firma del gruppo Sony e propone alcuni ritorni, qualche esordio e numerose conferme.
I ritorni più graditi sono quelli dei BlackHawk, di nuovo in pista dopo la scomparsa di Van Stephenson, riascoltiamo con grande piacere i successi That’s Just About Right e Every Once In A While.
Anche Michael Peterson si fa rivedere dopo una lunga pausa, anche per lui un caloroso bentornato.
Per Ty Herndon un’altra ovazione sulle note di Love Too Much che diventa vero e proprio delirio quando su Steam e la finale You Can Leave Your Hat On le urla della fans del giovane Ty accompagnano ogni passo e mossa del cantante.
Gli esordienti di turno sono il quartetto dei Little Big Town in stile perfettamente new country come dimostra il loro singolo di lancio Don’t Waste My Time, primo Fan Fair anche per Brad Martin che propone Completely e Before I Knew Better.
Di ben altro livello la performance di Pam Tillis che oltre ai successi del padre tra cui I Ain’t Never scritta da Webb Pierce, si esibisce in alcuni tesori del suo repertorio come la N.1 hit Mi Vida Loca (My Crazy Life) e Shake The Sugar Tree.
Buona anche la prova di Mark Chesnutt che presenta il prossimo tour chiamando sul palco i suoi futuri compagni di viaggio Joe Diffie e Tracy Lawrence con cui canta Rockin’ The Roadhouse canzone traino del progetto live di questo super trio.
Resta poi in scena Joe Diffie che trascina la folla con i suoi successi d’annata come Pick Up Man e John Deere Green.
Merita una lode la buona prova di Tammy Cochran sempre più convincente man mano che la sua carriera prosegue, ancora efficaci i primi singoli So What e I Cry, addirittura splendida l’interpretazione della commovente ballata lenta Angels In Waiting.
Convincono anche i Derailers da poco approdati alla Lucky Dog e sempre fedeli alle sonorità tradizionali honky tonk con sfumature di Bakersfield sound, il tutto messo insieme con grande sapienza offre una band dal divertimento assicurato come dimostra More Of Your Love eseguita davanti ad un pubblico entusiasta.
Chiude la serata Billy Ray Cyrus che come al solito punta tutto su ritmi rockeggianti e prende possesso del palco sostenuto dal forte, fortissimo calore del pubblico che si fa trascinare al ritmo di Honky Tonk Woman e della finale Achy Breaky Heart che dieci anni fa segnò l’esordio del giovane Billy Ray sul palco del Fan Fair.
Sabato 15 Giugno
Tre giorni di sfrenati festeggiamenti stancherebbero chiunque ma non i fans della musica country che anzi sono più che mai pronti ad un week end denso di eventi interessanti.
Sul palco del Riverfront Park comincia alle 10 della mattina una serie di concerti imperdibili, a cominciare dal supergruppo The Players che vede scatenarsi la vena strumentista di Eddie Bayers, John Hobbs, Brent Mason, Michael Rhodes e Paul Franklin in una performance che fa letteralmente venire i brividi.
Lo show continua con un altro musicista doc, Lee Roy Parnell e la sua slide guitar con cui esegue tra le altre l’intensa Love Without Mercy.
Evento storico della giornata la reunion del duo Joe Stampley e Moe Bandy, una collaborazione che fruttò ai due una manciata di numeri uno in classifica ed un paio di awards.
Impossibile soffermarsi su tutti i protagonisti del pomeriggio, ognuno per un verso o per l’altro interessante, divertente, esaltante. Ricordo solo qualche nome tra cui David Frizzell, Conie Smith, Billy Hoffman e Rodney Crowell con il suo tributo a Johnny Cash I Walk The Line.
Tra le sale della Hall Of fame si può assistere al concerto della bravissima Elizabeth Cook, cantautrice di cui mi sono appassionato lo scorso anno dopo una esibizione all’Opry e che finalmente è pronta a pubblicare il suo primo album con una major, il suo lavoro autoprodotto resta a mio avviso strepitoso.
Ma durante il Fan Fair ad ogni angolo in ogni momento c’è musica da ascoltare, così di fronte al Gaylord Center Trace Adkins canta per CMT mentre tra gli stand del Nashville Convention Center i più attesi sono Jo Dee Messina e Neal McCoy.
Ma si è fatto tardi ed è già ora di puntare verso l’Adelphia dove ci aspetta un’altra notte di stelle organizzata dai gruppi WEA e EMI.
Tocca a due giovanotti dall’avvenire assicurato, prima Steve Holy che con la sua Good Morning Beautiful ha spezzato molti cuori da costa a costa così come Blake Shelton che ha ottenuto grandi riconoscimenti per la sua bellissima Austin e che sembra ormai essersi cementato nel cuore degli appassionati di country grazie anche ad altre belle story-song come Ol’ Red.
Anche la giovane Cindy Thompson si è imposta ormai su larga scala e la sua esibizione live ne conferma tutte le doti di buona interprete oltre che di ispirata autrice, What I Really Meant To Say sicuramente spicca per la bella musicalità.
Neal McCoy è il solito, scatenato showman capace di creare un clima di grande festa ma anche di riflessione quando propone I’m Your Biggest Fan dedicandola ai militari di servizio, altro momento di grande commozione e patriottismo, sentimenti che trasudano evidenti tra la popolazione americana quest’anno come non mai.
Di gran classe ancora una volta la performance di Tracy Lawrence, voce perfettamente country e repertorio ricco di belle canzoni, ad una ad una scorrono hits che hanno fatto la storia del genere nell’ultimo decennio Can’t Break It To My Heart, If The World Had A Front Porch e la splendida Time Marches On. Prima di salutarci Trace richiama sul palco i suoi due compagni di tour Diffie e Chesnutt.
Tocca poi a Keith Urban, un altro chitarrista di qualità che propone pezzi di grande efficacia live come But For The Grace Of God prima di dedicare a tutti i papà presenti Song For Dad in occasione del Father’s Day.
Vocione basso, capace di riempire uno stadio enorme, stazza imponente…è Trace Adkins che attacca, inconfondibile, (This Ain’t) No Thinkin’ Thing accompagnata da piccoli passi di danza, poi spazio alle ballate Every Light In The House e I’m Tryin’. Bravissimo Trace che conferma tutto ciò che di buono si ascolta nei dischi.
Dopo tanti uomini è ora di una lady e che lady, Jo Dee Messina ormai stella di prima grandezza accolta da un lungo applauso mentre già sono partite le note di Dare To Dream, cui seguono hits come I’m Alright, Bring On The Rain, Heads Carolina Tails California alternate a cover tra cui Stand By Your Man, Don’t Stop Believin’.
Su Jo Dee sono piuttosto di parte, la adoro e non posso dire altro che per la quarta volta in quattro anni il suo show mi ha divertito da matti.
Pregevole anche il closing act di questo scintillante sabato, si tratta di John Michael Montgomery, uno che non ha bisogno di presentazioni, infatti taglia corto con le parole ed attacca subito con i classici Life’s A Dance e la ballata I Love The Way You Love Me. Dopo la sfrenata Be My Baby Tonight, l’atmosfera si fa riflessiva per la ispirata The Little Girl. Si ritorna a ballare all’impazzata per la finale Sold che precede i fuochi d’artificio e ci lascia l’immagine di John Michael con la chitarra che reca sulla cassa la scritta bianca Thank You…siamo noi che ringraziamo lui e gli organizzatori per un’altra grande giornata arrivata al termine.
Domenica 16 Giugno
E’il giorno più triste, quello finale, che chiude i grandi festeggiamenti.
Al Riverfront si segnalano nomi importanti tra i quali Eric Heatherly con le sue atmosfere rockabilly, e Daryl Worley ispirato artista dalla voce pulita e con alcune canzoni veramente di grande presa, ascoltare I Miss My Friend per credere.
E’ il momento di fare un ultimo giro tra le curiosità degli stand, per raccogliere i gadget distribuiti dal camion della CMT, fare una foto ricordo a fianco dell’enorme sagoma raffigurante Alan Jackson a bordo di una jeep, firmare il lenzuolo bianco per un messaggio ai Lonestar.
Il gran finale all’Adelphia Coliseum è organizzato dalla UMVD e viene aperto dal texano Pat Green con sonorità country rock per We’ve All Got Our Reasons e Texas In 1880 nata dalla collaborazione con l’amico Radney Foster.
Ancora Jamie O’Neal che prima mixa la sua There Is No Arizona con la immortale Hotel California, quindi ci saluta con Natural Woman, proprio quella di Aretha Franklin.
Dopo il solare country-pop dei Rascal Flatts, è la volta della leggenda vivente, Earl Scruggs ed il suo inimitabile banjo per Foggy Mountain Breakdown, pochi minuti e sale sul palco anche Dan Tyminski per una I Am A Man of Constant Sorrow che stende il pubblico.
Prendi tre bellissime ragazze, una buona dose di country-pop eseguito da una band acustica ed avrete la bella ed originale performance delle SheDaisy con versioni inusuali delle loro hits Little Goodbyes e But…I Will.
Proprio sull’ultima nota del pezzo le nuvole si addensano sul cielo di Nashville ed una fitta pioggia comincia a bagnare le tribune dello stadio.
Tutto questo però non basta a fermare la magia che accompagna il concerto di Lee Ann Womack! La texana comincia con You’ve Got To Talk To Me e passa via via in rassegna i successi dei suoi primi tre album, ecco una bozza della scaletta I’ll Think Of A Reason Later, A Little Past Little Rock, Buckaroo, Now You See Me Now You Don’t.
Dopo due anteprime dal nuovo album in uscita il prossimo agosto, arriva il momento per me personalmente più emozionante, parte l’inconfondibile intro di I Hope You Dance e lì sotto il cielo ormai libero dalle nuvole di passaggio sembra che il tempo si fermi. Adoro la canzone, la avrò ascoltata un migliaio di volte (non scherzo!) ma ascoltarla dal vivo con la voce di Lee Ann così intensa, così capace di trasmettere il messaggio del pezzo…beh sensazioni da brivido che sarebbe un peccato raccontare dato che è impossibile renderne al meglio l’idea.
La texana chiude con Ashes By Now e se ne va dopo averci regalato uno dei più indimenticabili momenti di questa edizione.
L’ultimo artista in programma è Toby Keith che propone un vivace set trainato dalle principali hits della sua già importante carriera, tra tutte I Wanna Talk About Me, Getcha Some, I’m Just Talking About Tonight e How Do You Like Me Now oltre alla ispirata ballata The List. Stupisce questo bravo cantante per la possenza della sua voce, sempre in primo piano, mai sovrastata dai suoni della band.
E’ suo il saluto finale di questo Fan Fair, ripartono anche i fuochi d’artificio questa volta più lunghi, più colorati e proprio guardandoli, mentre già i tecnici cominciano a smontare strumenti e luci, solo in quel momento, come risvegliati da un intenso sogno in musica, in quell’istante ci accorgiamo che il 31° Country Music International Fan Fair è già un bellissimo, indimenticabile ricordo…
…Alla prossima!
Roberto Galbiati, fonte Country Store n. 63, 2002