Chi pensa che il panorama delle indies sia sviluppato soltanto negli Stati Uniti od in Inghilterra si sbaglia di grosso. Non è raro che artisti statunitensi trovino ‘la loro America’ nel vecchio continente e vengano qui per pubblicare i loro dischi, magari registrati in patria o addirittura concepiti in Europa.
Basti pensare al sodalizio di Tom Russell con la Sonet Scandinava, gli albums del trio Eric Andersen – Rick Danko – Jonas Fjeld, Jimmy Tittle con la francese Dixiefrog, Elliott Murphy, che ha oramai eletto la Francia a sua seconda patria o lo stesso Dallas Wayne, che ha trovato fiducia discografica addirittura nella gelida Finlandia, senza pur dimenticare l’italica label Club De Musique, ubicata in quel di Courmayeur, Italy.
Sono proprio loro a dare fiducia a Billy Eli, musicista texano di Austin, ed a pubblicare il suo Something’s Goin’ On nel lontano 1993. Dobbiamo purtroppo attendere ben otto anni prima che Billy torni a girare sui nostri lettori e questo accade grazie alla intraprendente indie svedese che risponde al nome di Dusty Records, sita in quel di Gothenburg, Svezia.
Trailer Park Angel, questo il titolo del CD in questione, ci ripropone un musicista che, pur seguendo il filone cantautorale, si esprime con un linguaggio prettamente ‘roots’.
Il disco è registrato ad Austin, con musicisti texani ed il suono è di quelli che ti entrano piano piano sotto cute e da lì non se ne vanno più. Il cantato di Billy è strascicato, secondo le tonalità prettamente texane, ma la musica si appoggia ora al rock, ora alla ballata più meditativa ed evocativa. Goin’ Out To California, malinconica e pregnante, è uno dei momenti più alti di tutto l’album, ma Baby It’ll Be Alright o Lost Song # 9 non le sono da meno, pur nella loro diametralmente opposta impostazioni.
That’s What I Think Too ha un retrogusto a metà strada fra il country ed il rock anni ’50 che le conferisce un sapore agrodolce estremamente accattivante ed attuale.
Il disco cresce ulteriormente con l’ascolto di Talk To Me (altro highlight del CD), ballata triste scritta dal vocalist aggiunto Patrice Porter ed interpretata da Billy con Bruce ben in mente. C’è dell’altro all’interno di questo album e vale la pena di approfondirne l’ascolto nella tranquillità del proprio ambiente.
Sempre in casa Dusty Records abita anche un gruppo svedese estremamente interessante: gli Enzendoh. Owe Wulff ricopre il ruolo di voce solista (ma lo cede al compagno Micke Jonsson nella grande ballata elettrica If The Rain Gets Cold) e suona chitarra, banjo, armonica e mandolino oltre a comporre tutti i brani della raccolta, il suddetto Micke Jonsson si occupa del basso e delle armonie vocali, mentre la batteria è appannaggio di Par Noren e le chitarre e le armonie vocali ricadono sulle spalle di Ronny Wiklund.
Gli Enzendoh hanno esordito alla fine del 1999 con The Sun Never Shines On Frank’s Back Door e ripropongono la loro formula di ‘power country’ in questo loro secondo album intitolato In The Middle Of Nowhere. Il sound è fiero e potente, il cantato (in inglese) è altrettanto valido ed il quadro d’insieme che si ottiene è quello di un gruppo omogeneo, con idee chiare su cosa fare e su dove andare.
Gli episodi chitarristicamente rock (The War, Blue Nights ed Out In The Light) aprono l’ascolto, ma non si può parlare di prevaricazione sugli episodi acustici: Me And Jerry Lee si abbellisce degli interventi di banjo che ricama su un tappeto di percussioni discrete, dove si disquisisce di pick-up trucks in un ambiente decisamente bucolico.
The Luckiest Guy (grandi armonie vocali) è impreziosito da un’armonica che apre le danze ed il tessuto è elettroacustico quanto basta per evocare visioni di granai rossi con le facciate rifinite in bianco affondati in una natura verde e rigogliosa.
A New Day Coming Up rammenta certe cose dei Poco anni ’70 ed il sangue accellera nelle nostre vene di ultraquarantenni (?).
I Won’t Tell è una ballata dal tessuto delicatamente acustico e vede la partecipazione di Mona Jonasson nel ruolo di duet vocalist, ruolo che le appartiene anche in Out In The Light.
Losing You risplende di un suono più smaccatamente country, grazie al fiddle di Lasse Sorlin, gregario di lusso alla corte degli Enzendoh, mentre si respirano profumi folk-rock (leggi jingle-jangle) nell’intro chitarristico di Just Another Guy.
Non avrebbe molto senso citare tutti e sedici i brani compresi nell’album, in quanto non è difficile trovare degli elementi di interesse in ciascuno di essi: il drive batteristico di If This Ain’t True Love, l’andatura rilassata e simpaticamente smargiassa di Driving By (con un grande Tommy Andersson alla pedal steel ed all’a-solo di chitarra), l’impatto chitarristico di Trouble o gli impasti vocali della conclusiva The Fool And The Dirt.
Un sentito TAK TAK (ringraziamento equivalente al THANK YOU anglosassone) alla Dusty Records per la fiducia – meritatissima, peraltro – accordata agli Enzendoh e per averceli fatti conoscere.
Le compilations possono essere particolarmente interessanti, perché è possibile scovarci nomi nuovi ed interessanti da approfondire. Questo Rockin’ At The Barn Vol. 3 (sto attendendo i volumi 1 e 2), edito sempre dalla Dusty Records, appartiene di diritto alla categoria di quelle interessanti – appunto – per vari motivi, rappresentati dal rock’n’roll elettroacustico di Robert Jackson, dall’improbabile swing di Shelley King (con Kim Deschapms alla steel in session), dalla superlativa ballata Rain, Rain, Rain dei suddetti Enzendoh (svedesi doc, ma americani ad honorem), dal boogie swingato ed alieno di Louie Ortega And The Wild Julians, dalla dolcissima ballata We Stone Prophets dei Lonesome Trailers, dal grintoso esercizio roots & country Hit The Highway di James Rider & The 420 Turnaround, dai preziosismi chitarristici di Steve Hopkins nella sua Livin’ On The Brink, dal new country-rock del duo anglosassone Power Of Ten, dalle digressioni semi-serie di Charlie Chesterman che appare come Chaz & The Motorbikes per firmare Jealous Again, dal graffiante rock-blues – che ancora mancava – di Wild Bob Burgos & His Houserockers, dalle atmosfere a-la Cowboy Junkies dei Mary Janes e dal folk-rock del conosciuto singersongwriter Eric Blakely. C’è dell’altro da scoprire in questa grande compilation, ma lo spazio è invariabilmente tiranno. Contattate i ragazzi della Dusty Records per ulteriori informazioni.
Dino Della Casa, fonte Country Store n. 62, 2002