Doobie Shea Records

A oltre due anni di distanza ci pare opportuno aggiornare, anche se solo parzialmente, il lungo articolo d’introduzione dedicato all’etichetta di Tim Austin apparso sul numero 52 presentandovi quattro dischi molto validi. Giustifichiamo ciò che a qualcuno potrà sembrare semplice ritardo, ricordando che la tempestività nel recensire i prodotti discografici, pur essendo questa una regola (comune a tutte le riviste) che vorremmo non sottovalutare, non rientra nelle principali priorità della nostra pubblicazione.
I dischi costano molti, troppi soldi e la loro scelta deve essere ben vagliata. Aggiungiamo inoltre che le copertine dei dischi che amiamo ascoltare non riportano data di scadenza, la nostra musica dopo un po’ di tempo suona anche meglio, proprio come gli strumenti acustici in generale e a corda in particolare.
In quell’articolo avevamo parlato, nel dettaglio, di tre CD registrati da artisti vari, i primi due dedicati agli Stanley Brothers, il terzo a strumentali gospel. Si proseguiva con i buoni Unlimited Tradition, la brava Jeanette Williams per chiudere con gli strepitosi Mountain Heart.

Che aria tira oggi in casa Doobie Shea? Stando a quanto, come e cosa ha prodotto negli ultimi due anni, possiamo dedurre che la politica dell’etichetta sia indirizzata nel confermare un’immagine di sé molto ben ragionata, uno standard alto che tiene in considerazione ogni aspetto della sua produzione.
A partire dalla scelta degli artisti, giovani o al massimo di mezza età, dotati di tutti gli attributi necessari, di tecnica, gusto e talento elevatissimi e di un approccio alla musica moderno e accattivante.
La registrazione deve essere chiara, cristallina con tutti i suoni ben distinti, perfetta se possibile. Le copertine prodotte da esperti grafici, padroni delle più moderne tecniche e da fotografi ai quali è stata data indicazione di usare colori caldi, di ‘vestire’ i soggetti con abbigliamento comodo evitando lo stile ‘impiegatizio’ e/o cowboy, di evitare anche il cliché tutti-in-fila-con-gli-strumenti-in-mano, di dare un’immagine, insomma, attuale e internazionale e comunque assolutamente non provinciale.
Di tutto ciò, noi che non solo amiamo il genere ma in qualche maniera e nel nostro piccolo lo promuoviamo, non possiamo che esserne felici. Ci fa piacere che qualcuno da quelle parti voglia rinnovarle il look, guardando molte delle fotografie della rivista Bluegrass Unlimited o di ancora troppe copertine di dischi se ne può davvero sentire il bisogno.

E veniamo ai dischi. Il 2000 si apre con l’uscita del CD omonimo dei Grasshoppers, una band di cui si parla un gran bene. Il colpo grosso l’etichetta lo fa però con il debutto di un giovane veterano (nessun controsenso: è davvero così), Carry Me Across The Mountain di Dan Tyminski. Il nostro non proviene da una delle valli che circondano Hazard, Kentucky, questo giovanotto arriva dal Vermont, quello staterello lassù in alto vicino al New Hampshire e allo stato di New York.
Classe 1967, col bluegrass comincia ad avere a che fare intorno ai 15 anni, da allora solo poche band, banjoista nei poco conosciuti Green Mountain Bluegrass fino al 1988 e quindi nella Lonesome River Band invitato da Tim Austin a coprire anche qui il ruolo di banjoista. Passa al mandolino poco tempo dopo, giusto per registrare Looking For Yourself (1989, Rebel Records), l’album che precedette Carrying The Tradition (1991 ancora Rebel) il vero trampolino di lancio per la LRB, uno dei dischi più importanti del decennio, premiato come Album dell’Anno, in vetta alla classifica, redatta dai bluegrass DJ, per circa sei mesi!

Old Country Town (1994, Sugar Hill Records) è l’ultimo episodio che vede Dan Tyminski collaborare col quartetto. Lascerà il posto a Don Rigsby. Anche Tim Austin lascia la band a questo punto, ma non per proseguire con altri la sua carriera di musicista, bensì per trasformare in etichetta discografica la Doobie Shea, fino ad allora soltanto uno studio di registrazione e agenzia di rappresentanza.
Sarà il buon Kenny Smith ad imbracciare la chitarra al posto suo.
Dan Tyminski, durante l’inverno 1992-93 ha occasione di collaborare con Alison Krauss. Un rapporto che si consolida definitivamente quando quest’ultima, nel ’94, gli chiede di suonare la chitarra nei suoi Union Station. Prima banjo, poi mandolino infine chitarra: Dan Tyminski è un musicista completo, grintosissimo, con una voce che canta bluegrass in una maniera bluesy da brivido.
Ha vinto una serie davvero infinita di premi e riconoscimenti (recentemente ha vinto quello di Miglior Cantante dell’Anno), ha partecipato a produzioni altrui spesso ricevendo anche per queste ufficiali riconoscimenti, ha lavorato come produttore discografico ricevendo premi anche con questo ruolo, hanno richiesto il suo talento di musicista tantissime star, a partire da Dolly Parton, Clint Black e Randy Travis.
A 35 anni un musicista bluegrass non può chiedere di più.
Troppo occupato per pensare di incidere un disco tutto suo? Troppo importante il suo nome, soprattutto dopo la sua fondamentale parte nel film O Brother, e troppe le aspettative per mettersi a lavorare ad un disco in fretta, tra un impegno e l’altro, con la paura di deludere quelle aspettative? Chi può dirlo… Certo è che ricordiamo con difficoltà una tale attesa per un debutto solista assolutamente obbligato, come quello di Dan Tyminski.
Carry Me Across The Mountain è buono quanto buone sono le canzoni cantate da Dan nei dischi della Lonesome River Band o di Alison Krauss & The Union Station.

Il cast è stellare, gli autori pure. Si apre con la title track, fiddle e cori sono di Alison, il mandolino di Adam Steffey, il banjo è di Ron Block, il contrabbasso di Barry Bales e il dobro di Jerry Douglas: chi prima chi dopo, tutti Union Station members… Gran bella canzone, bluesata, scritta da quel mago di John Pennell.
Stuck In The Middle Of Nowhere è un bluegrass tradizionale veloce, quindi ottima la scelta di farsi affiancare dal banjo di Jim Mills e dal fiddle di Aubrey Haynie.
Classico il suono di I Dreamed Of An Old Love Affair, con la quale si torna al mid tempo. Preziosa la partecipazione di Tony Rice e di Ron Stewart (banjo).
Greens Fees è un veloce strumentale eseguito dalla stessa line-up del brano numero due.
Think About You Every Day è countrygrass, una linea melodica memorabile, arrangiamenti di classe, armonizzazioni vocali da urlo: uno dei momenti più alti del disco.
L’intro chitarristica di Rice nel gospel Praise The Lord annuncia l’arrivo di un’altra gemma. E’ un duet Ronnie Bowman (lead) – Dan Tyminski (tenor). Autore del brano è lo stesso Ronnie.
Si prosegue con brani dal tempo medio e dal suono bluegrass classico e con lentacci country commoventi, fino ad una particolare Faith Is A Mystery arricchita dalle percussioni suonate dallo stesso Tyminski, per chiudere con una Sunny Side Of The Mountain che avrà fatto gonfiare il pet-to al vecchio Re Martin.

Kane’s River, un nome che non dirà molto nemmeno a chi crede di saperla lunga.
John Lowell, chitarra e voce: insieme al contrabbassista è il fondatore della band, sulla chitarra è fantasioso e preciso, al canto è bravo e usa bene la sua bella e calda voce. Le sue precedenti esperienze portano i nomi di Wheel Hoss e Loose Ties.
Dave Thompson, contrabbasso e cori: il primo elemento individuato da Lowell per dar vita a questa band. Ha scoperto il bluegrass, pensate, attraverso Alison Krauss.
Jerry Nettuno, mandolino e cori: bravissimo mandolinista di consumata esperienza, decisamente valido il suo lavoro negli Highstrung, band da lui stesso creata anni fa in Florida. Ottimo e apprezzato autore, vincitore del premio Song Of The Year nel ’99 con Three Rusty Nails.
Julie Elkins, banjo e voce: un altro ottimo nome femminile da aggiungere alla non lunghissima lista di banjoiste. Vecchia conoscenza di Lowell, ha suonato il banjo nei Wheel Hoss fino a quando non ha raggiunto l’età della patente, quindi ha preso il volo in cerca di nuove e più entusiasmanti situazioni. Le ha trovate nei buoni New Vintage della North Carolina nel periodo post Gena Britt. Nel ’98 torna nel Montana per far parte dei Kane’s River. Ha una voce piacevole, non troppo alta, quindi accettata di buon grado anche da coloro che ritengono la voce femminile non adatta al bluegrass.

La band parte nel 1994, da sempre la sua casa base è Bozeman, Montana, diciamo un pochettino fuori dai paesi con un circuito bluegrass che si rispetti. La formazione attuale è la stessa dal 1998 e con questo disco, giunto due anni dopo, grazie alla Doobie Shea si è fatta conoscere a livello internazionale.
Il suono dei Kane’s River è contemporaneo, caratterizzato da un’impostazione costantemente pacata dalla quale raramente i quattro si discostano, non ci si attenda pertanto di ricevere graffi e tanto meno inviti a fare una corsa: con i Kane’s River si compiono amabili passeggiate, si trascorrono momenti d’intensa intimità.
Ogni componente dimostra di essere particolarmente valido, ma il risultato totale è maggiore della somma dei singoli elementi: la coesione, il suono d’insieme, la ricercatezza degli arrangiamenti dei Kane’s River sono di caratura superiore alla media. Tutto ben dimostrato in questo CD.

The Journey è il secondo album dei Mountain Heart. L’articolo che abbiamo sopra citato si chiudeva proprio con il loro omonimo debutto, un disco molto molto bello. Poco più di un anno dopo arriva un CD gospel da standing ovation. Ve ne parliamo.
Wings Of Love è un bluegrass mid-tempo benedetto da Doyle Lawson. Un’apertura senza effetti speciali, tranquilla, ma le sorprese sono dietro l’angolo.
Il lento country The Scars In His Hands lascia ancora in stand by le reazioni dell’ascoltatore che pazientemente attende di capire se è vero, come dicono, che questo gruppo sia il meglio che l’ambiente bluegrass riesce attualmente ad offrire. La canzone è bella, ma tutto qui.
Ecco, a questo punto, che un contrabbasso comincia a pulsare, la chitarra finger picking ad abbozzare contrappunti mentre la dobro spennella lingue di blues. La voce rivela il resto: è proprio un country blues acustico, palpitante, ritmico, coinvolgente, quasi ballabile…Il titolo è John, magia pura.

Atmosfere appalachiane nell’intro di The Hill Lone And Gray. La voce di Steve Gulley, notoriamente duttile, qui raggiunge livelli di espressività fuori dalla norma.
What A Time In Heaven ha la ritmica di certe canzoni della prima Nashville Bluegrass Band, con il trio Gulley-Abernathy-VanCleve che vocalizza un brano gospel quasi a marcetta.
I 2 minuti e 39 secondi che cominciano ora valgono il costo del CD: The Gospel Train. A cappella proprio come la cantava nel 1937 il Golden Gate Quartet. Non aggiungono molto alla versione originale, ma la loro interpretazione è comunque da capogiro, disarmante.
There’s A Higher Power di Carl Jackson è un bluegrass velocissimo dove le voci si intrecciano pericolosamente offrendo un’altra prova di assoluta maestria nella capacità di arrangiare e armonizzare lo strumento più antico del mondo.
Ci si attende ora un brano lento, e puntuale arriva, si chiama He Is I Am, bellissimo anche questo.
Il secondo e ultimo a cappella del CD è Travelin’ Shoes, eseguito in trio. Tutto o quasi giocato sulla ritmica, questo gospel particolarmente nero solleva da terra l’ascoltatore.
Ancora giochi di voci simili a quelli ascoltati in There’s A Higher Power, questa volta si tratta però di un bluegrass a tempo medio, I’ll Sail Away On Wings Of Love.
Chiude l’album una canzone molto lenta, molto bella, dove si ascolta anche un pianoforte e un violoncello. Questa conclusiva Not Long For This Earth dura 8 minuti e mezzo e mette fine ad un disco la cui bellezza sbalordisce. Un vero gioiello che merita di essere posseduto, di essere ricevuto come regalo, di essere regalato, un disco bellissimo.

Ha ricevuto complimenti da tutti, fans e musicisti, parenti, vicini di casa, passanti e addetti ai lavori, ha suonato un po’ ovunque nel circuito bluegrass e si è presa pure buone soddisfazioni dall’ambiente country (si è esibita anche ad una edizione del Fan Fair di Nashville) ma la sua carriera è stata limitata dal legame con una etichetta, la Pinecastle Records, che, per quanto ben distribuita, non riesce quasi mai a valorizzare i propri musicisti come dovrebbe e potrebbe.
Magari la piccola Doobie Shea non le farà guadagnare molta più popolarità rispetto a quella su cui Dale Ann ha contato fino al 2001, ma certo è che vedersi produrre un disco dalla casa di Tim Austin è sicuramente un fatto prestigioso: dischi belli e ben confezionati, caratteristiche consolidate.
La Pinecastle non sempre garantisce ambedue gli aspetti. Spesso nessuno dei due.
Dale Ann Bradley per la Pinecastle Records ha registrato due dischi a suo nome e altri quattro con le New Coon Creek Girls. Cumberland River Dreams del 2001 segna l’inizio del rapporto di Dale Ann Bradley con la Doobie Shea Records.
Nata e cresciuta a Pineville, piccola e rurale località nella parte est del Kentucky in una famiglia proletaria (suo padre era minatore), fatica non poco per riuscire a farsi regalare una chitarra. Dopo qualche anno di apprendistato nell’organico di band locali, le tocca abbandonare tutto per un matrimonio che si rivela fallimentare abbastanza velocemente.
Dalla Florida, dove si era trasferita col marito, torna nel suo Kentucky e ricomincia, questa volta davvero seriamente, a suonare e cantare, fino a riuscire a strappare un contratto al Renfro Valley, un noto centro per gli appassionati di country music del Kentucky. Nel 1992 entra nel gruppo tutto femminile delle New Coon Creek Girls.

Tre album fino al ’97 le permettono di crearsi una personalità all’interno della band, ma è con East Kentucky Morning che quell’anno il nome di Dale Ann Bradley esplode. Un disco di alto livello che le fa guadagnare recensioni ricche di buoni aggettivi, anche da questa parte dell’oceano, e non solo perché contiene una cover degli U2 (!). “Un album eccezionale”, scrisse il Music City News, qualcosa di simile pronunciò anche il Music Row Magazine, mentre l’Editore di Billboard, addirittura, lo inserì nella lista dei migliori dischi dell’anno!
Negli ultimi tempi la Pinecastle Records presentava il gruppo come New Coon Creek Girls featuring Dale Ann Bradley, riconoscendole di essere ormai divenuta la vera attrazione della band. Oggi quel gruppo tutto femminile non esiste più, ora il nome che gira è Dale Ann Bradley & Coon Creek, e della vecchia formazione è rimasta la sola bassista, Vicky Simmons, brava cantante e ottima autrice.
Gli altri due sono uomini, Michael McLain (un cognome importante nella storia della musica bluegrass) bravissimo al banjo, altrettanto al mandolino Eddie Miller, sostituito però dal giovane Brad Meinerding dopo le registrazioni del CD.

Gli ospiti del debutto su Doobie Shea sono niente poco di meno che gnomi del tipo Alison Krauss, Dan Tyminski, Barry Bales, Aubrey Haynie, Rob Ickes, Steve Gulley, Ronnie Bowman, Ron Stewart. E se questo non basta, si sappia che al progetto, oltre alle stesse Dale Ann e Vicki Simmons, hanno lavorato Tim Austin, Bill Wolf, Dan Tyminski, Bil Vorndick, Gary Pacsoza, ovvero, tra i più bravi produttori di suoni oggi negli Stati Uniti.
La musica di Cumberland River Dreams si divide tra acoustic country e bluegrass. Un disco, nel suo genere, assolutamente perfetto. Perfetto nel suono e nelle atmosfere, una raccolta di canzoni di gran classe delle quali solo cinque sono bluegrass veloci o a tempo medio, il resto è country a volte pop. E’ il momento giusto per conoscere Dale Ann Bradley, perché qui è al suo meglio.
Se poi si desidera approfondire ma non troppo, il consiglio è di acquistare l’ottima raccolta Songs Of Praise & Glory, dodici canzoni tratte da cinque album della Pinecastle Records.
Rickie Simpkins, Craig Market e Ernie Thacker sono i nomi che hanno inciso per la Doobie Shea più recentemente, occhi aperti su Country Store, è l’unica rivista italiana che ve ne parlerà…

Dan Tyminski – Carry Me Across The Mountain
Kane’s River – Kane’s River
Mountain Heart – The Journey
Dale Ann Bradley – Cumberland River Dreams

Maurizio Faulisi, fonte Country Store n. 64, 2002

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