Rustic Records logo

Attiva dall’anno 2000, la Rustic Records, ubicata in quel di Phoenix, Arizona, è una delle tante facce che contribuiscono a far brillare il cristallo che noi conosciamo come ‘il panorama indie’. Voluta da Jeff Farias, frequentemente collaborato dall’amico Dave Insley, la Rustic Records vanta una scuderia all’interno della quale fanno bella mostra di sé nomi quali Nitpickers, Tammy Patrick, Crooked County e Trophy Husbands.

Il primo prodotto di questa interessante label è stato l’esordio discografico della cantautrice del South Dakota Tammy Patrick (The White Album – Rustic Records 001) datato 2000.
Dopo aver contribuito alla formazione del gruppo di rock politicizzato The Icemakers Of The Revolution (tre dischi all’attivo), Tammy ha collaborato alle registrazioni del gruppo folk-rock The Darkestra e di Carrie Newcomer.
A seguito del suo trasferimento in Indiana, si è unita alle Bathtub Virgins, con le quali ha registrato due CD. Avendo poi scelto come nuovo domicilio Phoenix, Tammy ha incontrato Jeff Farias e nascono così i presupposti per il suo esordio solista.
Il disco prende il nome dalla cittadina di origine di Tammy (White, appunto) ed è prodotto dal duo Farias-Insley, presentandosi come un prodotto molto essenziale nella sua semplicità, ma arricchito da quella naturalezza e spontaneità che contraddistinguono la migliore produzione di qualsiasi filone artistico. Dodici brani, nove dei quali firmati o co-firmati dalla stessa Tammy, aiutata da un paio di amici che rispondono al nome di Jeff Farias (sempre lui) e di un non meglio identificato Nilsen.
C’è poi la remake di un classico di Stuart Hamblen, This Old House e la reinterpretazione di 1968 a firma Kevin Daly, chitarrista elettrico e cantante nella compagine dei Trophy Husbands (insieme a Farias ed Insley).

Questa band al completo (Tom Post suona la batteria) compare a fianco di Tammy in qualità di ospiti nel CD in questione, con risultati eccellenti, merito anche delle voci di Max Farias e Brenda Venable-Insley (pare che il tutto resti in famiglia…) dell’accordion di Mario Moreno, della pedal steel guitar di Jon Roundhouse, del violino di Connie Gregory, delle percussioni di Bobby Domings, del piano di Beth Lederman, della chitarra di D.C.Williams, del banjo di Jim Bolek e del mandolino e delle voci di Steve Borick.
Se il brano di apertura è la recitazione di una composizione della stessa Tammy, eseguita senza alcun supporto musicale, la proposta prosegue con l’eccellente ballata semi-folk di Coming Home, a tratti assimilabile a certe cose della compianta Kate Wolf, con apprezzabili apporti vocali di Borick, che prosegue nel suo lavoro anche nella successiva Billy West, ritmata dalla batteria discreta e mai invadente di Tom Post e dalla pedal steel di Jon Roundhouse: grande!
1968 aggiunge spessore e dolcezza al già cospicuo valore aggiunto di questo album, appena iniziato, ma già degno di interesse, mentre Shovel Birds è semplice e folk quanto può esserlo un brano come questo, nonostante sia datato 2000, grazie anche al mandolino di Steve Borick ed al banjo di Jim Bolek.
Stesso discorso per Whiskey. Da segnalare ancora la sognante Crashing Down On Me, la ruspante Tonight, la pretenziosa e quasi bluesata No Place e Joe Smith con un bel lavoro iniziale di chitarra acustica. Niente di sconvolgente, ma questa Tanmmy Patrick è sicuramente molto più meritevole di certi nomi che oggi inquinano le nostre orecchie.

Altro fiore all’occhiello della Rustic Records è senza dubbio la compagine dei Nitpickers, formata da Dave Insley (voci e chitarra), Jeff Farias (voci e basso), Steve Borick (voci, mandolino e chitarra), Tom Post (voci e percussioni) e Jim Bolek (voci, dobro, lap steel guitar e banjo).
Formatasi nel 1998 a Tempe, Arizona, la band esegue per lo più brani originali che parlano di avversa fortuna e della vita vissuta in un parcheggio per case mobili, il tutto filtrato da un umorismo maturato nel clima desertico della zona e grazie ad una sensibilità molto ‘particolare’.
Jeff Farias ha girato per otto anni con i vari Darkestra, Carrie Newcomer e Bathtub Virgins (e qui ha conosciuto Tammy Patrick), mentre Dave Insley ha militato per anni in piccoli gruppi dell’Arizona quali Chaingang e Politics Or Pontiacs. Steve Borick e Jim Bolek hanno suonato in vari gruppi bluegrass quali Green Sky, The Northland Band e Fresh Tracks e Tom Post è fuggito da un circo per suonare con i Nitpickers.
Il sound della band è il risultato delle varie radici ed ispirazioni dei membri del gruppo, riunite attorno all’impronta prevalente, che è quella di un folk acustico e piuttosto alternativo, con armonie vocali mutuate dal bluegrass.
L’iniziale Borrowed Time non fa eccezione, mentre la seguente Tunnel Road e Walk Alone evidenziano una vocalità anomala, che ricorda i brani dei Beat Farmers affidati al vocione del compianto batterista country Dick Montana.
Heart So True ben concilia lo script bluegrass con le armonie vocali del gruppo, dove tutti e cinque i membri cantano.
Big Heart ha delle implicazioni che varcano il confine meridionale dello stato dell’Arizona, ma questa volta la voce non mi sembra all’altezza.
Altri episodi degni di nota rispondono ai titoli di 5th Of July, Cashed In My Old Life e Roy Boy, con quel suo gradevole ed ingenuo incedere western.
Un discorso a parte per Jig It To Beaver, esercizio di folk ricercato, con implicazioni che affondano le radici nel folk della terra d’Albione e nel medioevo Europeo.

Se prima abbiamo parlato del lavoro dei Nitpickers, non è senza meraviglia che ritroviamo ben tre membri (su quattro) di quella formazione come titolari, insieme a Kevin Daly, del gruppo dei Trophy Husbands, terzo freccia nella faretra della Rustic Records.
I Trophy Husbands nascono dalle inclinazioni country e rock’n’roll di Kevin Daly e del poliedrico Dave Insley. Da anni sulla scena roots rock di Tempe, pur con le note puntate in ambito bluegrass e folk, i due si sono uniti a Jeff Farias (voci e basso) ed a Tom Post (voci e batteria) per incidere, nel 2001, un album di alt. country intitolato Dark And Bloody Ground (Rustic Records 003) che non esito a definire stimolante e (con)vincente.
Il titolo si ispira al resoconto storico di un fatto violento accaduto in Arizona nel 1880 durante la cosiddetta ‘guerra dei pascoli’ ed il suono è molto personale. Fortemente influenzato dal suono dell’elettrica solista in mano a Kevin Daly, la ritmica martella senza soste ed il risultato (vedi Everybody Knows, Cadillac) è una musica epidermica e senza fronzoli, diretta ed immediata, di presa sicura.
Un poco più raffinata è la seconda proposta, title-track del CD, dove l’acustica solista di Dave Insley ha il suo momento di gloria meritata.
Big Wheel è uno di quei brani che ti fanno domandare il perché le truck-driving songs sono sparite dal panorama country, pur con alcune eccezioni eccellenti, fra le quali ricordiamo Dale Watson ed i Bastard Sons Of Johnny Cash. Il pezzo risulta uno dei più gradevoli di tutto il CD, pur nella sua evidente elementarietà.
La musica country, pur nelle sue sfaccettature, resta comunque il filone determinante per i Trophy Husbands e brani quali She Don’t Love You, Just Call Me Lonesome, Up And Gone (con tanto di ‘boom-chicka-boom’ sound a-la Johnny Cash), Cowboy Justice (bellissima) e la conclusiva Texas Wind la dicono lunga sulle radici dei nostri quattro pards.
Discorso a parte per Skellys 1975, composta da Dave Insley, che mi ha fatto letteralmente saltare dalla sedia al primo ascolto. La voce assomiglia tantissimo a quella di Willie Nelson e la narrazione sorretta da chitarra acustica e steel congiura per fornire pura magia alle nostre orecchie. Ascoltatela al buio, magari osservando le luci basse e luccicante di El Paso sotto di voi (anche se soltanto con gli occhi della fantasia…).

Anche se originari dell’Indiana, i Crooked County hanno pubblicato il loro secondo CD intitolato Drunkard’s Lament per la Rustic Records nel giugno del 2001. Il cantautore Toby Purnell aveva fondato il gruppo nel 1998 come veicolo promozionale al suo crescente catalogo di brani originali ed aveva inciso Whiskey Burns nel 1999 con l’aiuto di alcuni eccellenti musicisti dell’Indiana.
Poco dopo anche il fratello Jason aveva dimostrato di avere talento artistico e così i due fratelli si erano uniti alla bassista e cantautrice Merrie Sloan ed a ben DUE batteristi: Mark Minnick (che però non compare nella line-up che ha registrato questo Drunkard’s Lament) e Travis T. Olsson.
Uno script eccellente, un picking sicuramente efficace, armonie delicate ed una sezione ritmica trascinante contribuiscono a caratterizzare il sound dei Crooked County in maniera inequivocabile. Il solito Jeff Farias contribuisce con il suo basso in un paio di brani, ma l’apporto esterno al gruppo senza dubbio più importante è fornito dall’armonicista Kurt Squire.
Importante anche il fiddle di Gordon Lowry.
Sul fronte dei brani, l’impostazione vocale dei fratelli Purnell è decisamente ‘sudista’ ed è proprio in brani quali High On The Hog, la ricercata (vocalmente) Kentucky, l’introspettiva Aging o Get Drunk And Gamble che si evidenziano le ispirazioni ed i modelli originali.
Le composizioni a firma Merrie Sloan (Deliah e True Evil), o quelle dove Merrie ricopre comunque il ruolo di cantante solista (L&N Railroad) risentono di una formazione artistica più orientata alla musica folk, ma non certo per questo meno apprezzabile.
L’album si snoda su ben quindici tracce, per un totale di quasi un’ora di buona country music, meno alternativa di quanto proposto dai colleghi di scuderia, ma se questo sia un pregio od un difetto non sta certo al vostro recensore stabilirlo.
La soggettività nel valutare un’opera artistica è limite invalicabile e caratteristica imprescindibile in un’ottica di doverosa equità, pertanto vi invito ad approfondire l’ascolto dei Crooked County contattandoli al loro sito personale.

Dino Della Casa, fonte Country Store n. 60, 2001

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