Kingfisher Records logo

Il titolo dell’articolo, nella sua semplicità, può essere interpretato quale tributo ad una benemerita etichetta nata dalla passione per un genere musicale, o per la buona musica in generale di un fan con discreta disponibilità economica. E’ fuorviante: non siamo di fronte ad una nuova Rounder, Sugar Hill o Arhoolie Records. Ci teniamo ad essere onesti con i lettori, pertanto precisiamo subito che la Kingfisher Records altro non è che una operazione commerciale diretta da qualche business-man che ha individuato una buona fetta di pubblico da raggiungere. Una fetta di scarsa rilevanza dalle nostre parti, ma enorme negli Stati Uniti così come in alcuni paesi europei.

Basti dare un’occhiata ai nomi che compongono l’ancora limitato catalogo della label: The Kendalls, Eddy Raven, Lynn Anderson, T. Graham Brown, Patsy Cline, Merle Haggard, Conway Twitty, Lee Greenwood, Roger Miller… E anche la confezione dei dischi, che giudicare spartana è fare un complimento al grafico che ne ha curato la forma, esprime pienamente il tipo di politica della Kingfisher. Insomma, una serie di dischi di artisti di ieri e dell’altro ieri che tutt’ora godono di un rilevante seguito da parte del pubblico americano, perlopiù di mezza età e frequentatore di grandi magazzini.

Quel pubblico che, se vogliamo fare un paragone con la nostra bella Italia, è legato alla musica country pop degli anni ’60 e ’70, come lo sono coloro che affollano le piccole e grandi piazze nelle serate estive dei nostri paesi di provincia nei confronti dei Fred Bongusto, dei Mario Tessuto e redivivi vari. Ci rendiamo conto di fare un torto al grande Twitty e al grandissimo Haggard mettendola giù in questa maniera, tuttavia la confezione di questi dischi è, di fatto, già una piccola offesa nei loro confronti, e ci rammarichiamo che artisti come questi non vengano piuttosto presi in esame da etichette che riconoscono l’arte oltre che i relativi tanto agognati e auspicati proventi.

Nell’attesa quindi che una Rhino Records (giusto per citarne una) prepari con la solita cura una compilation che valorizzi meglio la musica di questi cantanti, avviciniamoci ai primi quattro CD del catalogo Kingfisher, perché, nonostante tutto, offrono buoni motivi d’acquisto.

Uno di questi è che, escluso forse Merle Haggard, di Lee Greenwood, Roger Miller e, incredibile ma vero, persino di Conway Twitty, i nostri cari negozi di musica, anche i più forniti, difficilmente propongono materiale sonoro. E pensare che se messi assieme, questi quattro assi hanno prodotto ben oltre un centinaio di dischi nelle loro fortunate carriere.

Da che parte cominciare? Partiamo da Merle Haggard, del quale spulciando bene qua e là si riesce a trovare qualche disco o tributi a lui dedicati. E’ bene ricordare il doppio CD della Razor & Tie per esempio. Se volete tuttavia provare a farvi una idea, seppur limitatissima vista la sua infinita produzione, della sua grandezza di artista country, questo tentativo di Greatest Hits, con tutte le lacune che in tal caso un CD di una decina di pezzi può soffrire, allora acquistate Today I Started Loving You Again. Contiene, proprio come gli altri pezzi del catalogo Kingfisher, delle versioni, non quelle originali, ben eseguite e ottimamente registrate di classici del suo repertorio. Quella che dà il titolo al disco per esempio è bellissima, così come Sing Me Back Home, Swinging Doors, The Bottle Let Me Down o l’ennesima versione di The Lonesome Fugitive.

Roger Miller, per quanto poco conosciuto dalle nostre parti, può forse essere ricordato per brani come King Of The Road o Do-wacka-do, che insieme a Dang Me, qui inspiegabilmente assente, fanno parte di almeno un migliaio di compilation sul genere ‘Best of country’ distribuiti in versione economica un po’ in tutti i nostri negozi. Roger Miller, scomparso quattro anni fa a soli 56 anni, autore di successo prima di scalare le classifiche in qualità di cantante, è stato uno degli artisti più amati dal pubblico country per tutti gli anni ’60. Anche in questo caso, nonostante le incisioni siano di buona fattura, non ci troviamo di fronte alle versioni originali dell’epoca. La caratteristica di questa serie di dischi, ad eccezione di alcuni casi come Haggard, è quella di essere testimonianza di una country music fortemente influenzata dal pop, spesso fino all’eccesso.

E proprio questa fu la fortuna di Lee Greenwood, un cantante che per buona parte degli anni ’70 e primi ’80 ha stazionato in pianta stabile nelle charts country e pop portandosi a casa un incredibile numero di awards. Dei personaggi trattati dalla Kingfisher è forse il più trascurabile, a condizione che non vogliate fornirvi di testimonianze sonore che mostrino ogni diverso aspetto della country music, da quella più tradizionale e tradizionalista fino a quella, come in questo caso, più attenta alle tendenze di mercato.

Chiudiamo con Conway Twitty, all’anagrafe Harold Lloyd Jenkins, classe 1933, anche lui prematuramente scomparso, nel giugno del 1993. E’ forse stato il personaggio più rappresentativo del country pop degli anni ’60 e ’70, offrendo sempre uno standard molto alto, grazie ad una delle più belle e profonde voci dell’intero panorama musicale americano. Dal suo primo tentativo di scalala verso il successo nella seconda metà degli anni ’50, quando si recò negli studi Sun per incidere 4 singoli (che videro la luce solo nel 1970!), ai primi grandi successi come It’s Only Make Believe, presente nella raccolta, Conway Twitty ha venduto decine di milioni di dischi e si è costruito una fortuna in fama e denaro. La MCA ha stampato negli anni almeno cinque o sei raccolte e greatest hits che, naturalmente, in Italia non sono semplici da reperire. D’aiuto, a tal proposito, può rivelarsi questa compilazione che include alcune delle sue gemme, come Hello Darlin’, Linda On My Mind, Danny Boy, It’s Only Make Believe ed altre ancora.

Questi dischi, come detto, vanno considerati solo uno spunto, nemmeno troppo fedele, poveri nella confezione e con l’assoluta mancanza di note, ma essenziali fino a quando continuerà a perdurare una tale mancanza d’interesse verso questo genere da parte di quei mass media che fanno tendenza e che hanno il potere assoluto nel dirigere i gusti della massa.

Maurizio Faulisi, fonte Country Store n. 34, 1996

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