Per i fans italiani, la pubblicazione del programma della Country Night è un po’ come quella della formazione della nazionale di calcio: un’occasione di dibattito, critiche, recriminazioni, soddisfazioni, tutte reazioni riconducibili ai gusti ed alle tendenze personali su un terreno, direi, prevalentemente dominato dall’attaccamento alla ‘tradizione’. Come ogni enclave sotto tiro, infatti, il pubblico italiano del country difende le proprie sicurezze dalle ‘innovazioni’ forzate dalle case discografiche o dai ‘colpi di testa’ occasionali dei singoli artisti. I quali, prima di essere, perché no, apprezzati devono essere attentamente valutati e verificati sul campo.
Con attenzione e cautela vennero infatti accolti il Lyle Lovett con mini orchestra nel 1996 e il Billy Ray Cyrus dei troppo frequenti cross-overs nel 1997.
Quest’anno sono i Mavericks di Raul Maio a suscitare le consuete diffidenze ed anche alcune defezioni. Perché? Perché vengono presentati come headliners dagli organizzatori con la dicitura sospetta “featuring the Havana Horns” e tale dicitura è la più evidente causa delle defezioni e diffidenze di cui sopra.
Non si può comunque negare che il programma di questo, che è il decimo anno di vita della divertente kermesse di Gstaad, sia decisamente di buon livello: oltre ai già citati Mavericks ci saranno BR5-49, Lee Ann Womack e Brady Seals. Beh, cosa potremmo chiedere di più? Due pezzi grossi e due esordienti blasonati. Ma andiamo per ordine ‘crescente’.
Brady Seals, bellone dai lunghi boccoli biondi, deve un po’ della sua notorietà alla carriera pluriennale (6) di vocalist e tastierista con Little Texas, lasciati, si legge nelle biografie, per intraprendere la carriera solista. Una scommessa che sovente si rivela rischiosa o quanto meno azzardata, basata com’è, talvolta, sulla presunzione dei singoli, altre volte semplicemente sullo sviluppo di dissidi personali.
Dei Little Texas, già a Gstaad nel 1994 per una buona esibizione, si è persa ogni traccia, almeno da questa parte dell’oceano. Il nostro era un componente di buon livello della band, considerato che uno dei punti-forza erano le harmonies a tre e quattro voci, ed era coautore di gran parte dei brani.
Non ne ricordo di cantati da lui: credo fosse difficile passare sopra Tim Rushlow, ma mi sento di dire che potremmo scoprire che ci piace. In questi casi la differenza la fa il repertorio. Resta il dubbio: mantiene lo stile dei Little Texas, quel country-rocketto gradevole ma con poche impennate (quelle poche però buone: ricordo Amy’s Back In Austin che avrebbe fatto invidia ai buoni vecchi Eagles), o si è rinnovato? Chi ha il suo unico CD lo sa già. Noi lo sapremo a Settembre.
Lee Ann Womack, l’artista da cui mi aspetto sinceramente di più. L’ho sentita l’estate scorsa a San Antonio, all’annuale George Strait Festival e mi è piaciuta molto malgrado il boicottaggio del rimbombo possente dell’Alamodome e malgrado fosse imbottigliata nel programma tra l’insopportabile Mindy McReady e l’insipida Deana Carter.
Origine texana che si rivela nello stile tradizionale del repertorio. A qualcuno ricorderà la brava Rhonda Vincent.
Solo due album prodotti finora, ma già vincitrice del ‘Top New Female Vocalist Award’ 1998 dell’Academy of Country Music, e nominata per l”Horizon Award’ 1998 della CMA.
Degno di menzione il suo secondo CD del 1997 da cui venne tratto il single che la consacrò definitivamente tra le nuove promesse, quel Never Again, Again che tradisce la solida presenza di Ricky Skaggs alle harmonies e forse anche alla produzione al parte del lavoro.
Da sentire anche il duetto con Mark Chesnutt Make Memories With Me. Poco d’altro si sa per ora dì lei: sul piano artistico che proviene da un’esperienza di autrice per la Sony Tree Publishing con brani per Bill Anderson e per lo stesso Ricky Skaggs, sul piano personale, che è single con una figlia di sei anni che la accompagna in tour e che, non potendo andare a scuola, viene da lei direttamente istruita.
BR5-49: credo che sairanno la band-spettacolo della Country Night, visti i loro precedenti e la loro storia. E’ stato detto che abbiano rivitalizzato l’anima della Country Music riportando allo stesso tempo lustro e frequentatori a downtown Nashville con le loro apparizioni al Robert’s Western World per la prima parte degli annì’90. Sono stati definiti in mille modi, tutti probabilmente impropri vista la capacità del gruppo di reinterpretare classici a modo loro spaziando in tutti gli stili ‘americani’, dall’honky tonk al bluegrass, dal rockabilly al folk-rock.
Contraddistinti da una vivacità ed una grinta fuori dal comune che hanno loro procurato un vasto seguito prima ancora che fosse pubblicato il primo CD a documentazione dei loro live shows (Live At Robert’s -Arista 1996), i ragazzi ricordano molto da vicino la Nitty Gritty Dirt Band dei bei tempi per almeno tre aspetti: 1 ) la voglia di rivisitare i classici; 2) la capacità di poter suonare (bene) molti stili e di fonderli allo stesso tempo in un insieme intrigante, energico e molto personale; 3) la voce di Gary Bennett che richiama immediatamente i timbri (e la nasalità) di Jeff Hanna (ascoltare Bettie Bettie e Me ‘n’ Opie Down By The Duck Pond). Il loro CD ufficiale, sempre del 1996, che li lancia stabilmente tra le nuove stars del New Country con una campagna pubblicitaria più veemente dello standard usuale, è assemblato secondo gli stessi criteri con qualche enfasi sul rockabilly. Considerate le loro caratteristiche ed i precedenti, mi sento di poter scommettere che saranno loro a salire, nel dopofestival, sul palco del Saloon a tarda notte.
Mavericks: Potremmo definirli ‘un work in progress’ con indefinita destinazione. Provenienti dalla Florida, esordiscono come country band nel 1990 con un CD intitolato al loro nome per un’etichetta indipendente, la Y&T, che include le prime versioni di brani poi riproposti in From Hell To Paradise (MCA 1992). Composto sostanzialmente di canzoni di Raul Maio, questo CD ottiene buoni riconoscimenti dalla critica ma limitato successo commerciale. Le fortune del gruppo iniziano con What A Crying Shame (MCA 1994) prodotto da Don Cook (lo stesso di Brooks&Dunn e di Mark Collie) la cui title track entra nei Top 40 ed aiuta ad ottenere il platino.
Maio ce la mette tutta per somigliare a Bryan Ferry.
Music For All Occasions, del 1995 registra un cambio di rotta: al loro repertorio stile retro-country si aggiungono brani che strizzano decisamente l’occhio ad un pop un po’ banale: alle modulazioni di Maio fanno eco alcuni arrangiamenti orchestrali, un po’ kitch. Il pezzo forte, o almeno quello più pubblicizzato, è il simil-tex-mex All You Ever Do Is Bring Me Down, troppo lunga, monotona, quanto meno discutibile. Mentre negli USA Raul Maio è l’idolo del pubblico femminile di mezza età, stranamente in Italia alcuni giornalisti di settore lo dichiarano veementemente il profeta della nuova avanguardia del country: curiosità italiane!
Un paio di ottimi exploit, sottoforma di covers, compaiono nell’ambito di produzioni separate: la Blue Moon del soundtrack di Apollo 13 e la vigorosa Call Me The Breeze nel ‘Tribute’ ai Lynyrd Skynyrd, Skynyrd Frynds, in cui la base di boogie viene irresistibilmente evidenziata all’estremo in senso tradizionale (speriamo di sentirla a Gstaad!).
Nel 1997 compare un vivace mini live It’s Now It’s Live. Con l’attuale Trampoline la trasformazione si accentua arricchendosi di stili ma lasciandosi sempre più Nashville alle spalle. Le origini cubane di Maio rendono naturale una scelta ‘latina’ e gli arrangiamenti spaziano nel tempo, fino agli anni ’60. Un bell’album non c’è che dire.
Ma piaceranno questi Mavericks al pubblico europeo del country? C’è un precedente di questo tipo a Gstaad: il già citato Lyle Lovett con big band: molta musica d’autore, poco country: discreto successo. Perché no, dunque? E’ sempre buona musica e noi non vogliamo essere come quei critici musicali che vedono una conversione in ogni allontanamento (anche relativo) dal country o un tradimento in ogni ritorno alla tradizione.
In realtà, le strade della musica negli USA partono sempre dalle stesse radici, talvolta si incontrano o si incrociano o viaggiano insieme. L’importante è riconoscerle, quelle radici, ed il pubblico del country è forse il più preparato a farlo.
Dunque grande programma quest’anno, che è anche il decimo della Country Night. A celebrare l’evento è prevista una sintesi filmata dei momenti migliori della manifestazione. Suppongo che potremo quindi rivedere su schermo Emmylou Harris, Dwight Yoakam, Texas Tornados, Ricky Van Shelton e tanti altri. Per il resto, chi ha una Harley Davidson potrà partecipare al raduno annuale con tanto di premiazione, chi riuscirà a svegliarsi al mattino della domenica potrà vedere la consueta parata Western nelle strade del paese e chi vorrà dare fondo ai propri capitali, potrà acquistare tutti i dischi che in Italia le maledette majors non pubblicano.
Buon divertimento.
Fabrizio Salmoni, fonte Country Store n. 43, 1998