Bisogna riconoscere un notevole fervore operativo a Jon Langford, avendo messo in piedi in pochi anni progetti come Mekons, Sadies, Waco Brothers fino ai più recenti Pine Valley Cosmonauts, senza disdegnare una carriera solista che, dopo Skull Orchard, oggi trova un seguito in questo All The Fame Of Lofty Deeds.
Filo conduttore di tutta la sua produzione musicale, uno stile che, rivisitando le radici country, attraverso l’esperienza punk degli anni ottanta, ha trovato una connotazione personale, grazie ad un’attenta ricerca fatta sugli acidi e sulla psychedelia, che avevano fatto dell’amatissimo Gram Parsons, un nume tutelare del moderno country rock.
In questo nuovo album, Langford prosegue nell’opera di fusione delle sonorità agresti ed americane di strumenti come dobro, banjo e mandolino, con una ritmica più decisamente urbana, punk ed europea. La voce, aspra e gutturale, in perfetto equilibrio angloamericano, trova magnifico sostegno in un dobroista capace come Jon Rice ed in musicisti che, sistematicamente, ritroviamo nelle incisioni del padrone di casa.
Insurgeant country della migliore specie, espresso con frequenti citazioni che vanno dal rock & roll, al folk, al bluegrass e, naturalmente al honky tonk, vera radice musicale delle più recenti generazioni.
Splendido cammeo in All The Fame Of Lofty Deeds la presenza di una versione acustica ed intensa di Homburg, svestita dei pesanti abiti gotici e sapientemente rinfrescata dai suoni brillanti del dobro di Rice e dall’interpretazione meno malinconica di Langford: una piacevole sorpresa.
Solido, coerente, ruvido, concreto. Una voce fuori dai cori nashvilliani che a Nashville si ispirano.
Bloodshot BS 108 (Country Rock, 2004)
Claudio Garbari, fonte Out Of Time n. 44, 2004
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