Gene Lowinger

Ho sentito di recente una band del New Jersey, veramente buona, che si chiama Avalanche. Suonavano bluegrass contemporaneo e tradizionale, un po’ di western swing, e alcuni standard folk e jazz, usando solo flddle, mandolino, chitarra e basso. Proprio così… Suonavano tutto questo senza un banjo, ed erano straordinari.
Conoscevo bene uno dei membri della band. Più o meno dieci anni fa avevo pubblicato una storia su Bluegrass Unlimited su di lui, che era stato un Blue Grass Boy.
Aveva suonato il violino nella band del grande Bill Monroe. Molte cose strane sono successe a questo signore, e vorrei ragguagliarvi su alcune nuove attività nella sua vita musicale.
La storia originale che avevo scritto iniziava così: “E così sono le dieci di sera e sto cercando di scrivere una storia sul tema IL TRIONFO DELLA VOLONTÀ. Conoscete il genere, c’è qualcuno che persevera e, alla fine, riesce a farcela. Ma non mi viene niente di buono. Sono allarmato, quando suona il telefono e questo tipo di cui non sapevo niente da dieci, o forse dodici anni, in atteggiamento quasi umile, mi chiede se mi ricordo di lui.
Certo, naturalmente sì, e la sua voce mette in movimento i miei ricordi, e mi chiedo che sia mai successo a questo giovane che suonava il flddle con Bill Monroe”.
Ora, capita che i vecchi lettori di faccende bluegrass siano ferratissimi sulla storia della nostra musica. Cioè, sanno quale musicista suonasse in quella tale band fin dalle orìgini del bluegrass. E la mia storia era stata scritta con l’intento di costringere il lettore a indovinare chi fosse quel fiddler.
Ma questa volta non voglio provare a farvi indovinare.

Quel fiddler era Gene Lowinger, e suonò con Monroe dal maggio 1965 al febbraio 1966, insieme a Lamar Grier (il padre di David Grier) al banjo, Peter Rowan alla chitarra, e James Monroe al basso.
Ora, dopo molti anni di grandi cambiamenti nella sua vita ed un grave incidente, Gene è tornato, con un nuovo gruppo che si chiama Avalanche.
Gene è nato nel 1942 nel New Jersey. Nei primi anni frequentò un college nella sua zona, imparò il banjo, ma trascorse quasi tutto il suo tempo a suonare nel Greenwich Village a New York City con Eric Weissberg (quello di Dueling Banjos) e con altri musicisti folk.
Si accorse molto presto che c’erano semplicemente troppi banjoisti, e si comprò un violino per 15 dollari. Ascoltando dischi incessantemente, come quasi tutti i musicisti bluegrass delle origini, imparò a suonare il flddle a orecchio. Gene suonò con un sacco di bande bluegrass nella zona, molte delle quali caratterizzate da musicisti che in seguito sarebbero divenuti importanti, come David Grisman. Suonò alla Carnegie Hall ed alla Town Hall con tutti i più importanti personaggi.
Suonò il violino per Roland e Clarence White, e, a Boston, il ‘twin flddle’ con Tex Logan. Suonò a Union Grove e si guadagnò parecchi premi ed un primo premio ad un ‘fìddle contest’.
Nel 1964 Gene era un ‘pick-up’ fiddler nel Vermont per Bill Monroe, che gli disse che, se mai fosse andato a Nashville, di cercare di lui, che gli avrebbe dato un lavoro. Poco dopo, decise di saltare le lezioni di legge, per andare in autostop a Sunset Park, dove Jim e Jesse McReynolds lo presero nel loro autobus per andare a trovare Monroe a Nashville. Gene aveva veramente creduto all’offerta di Monroe!

Arrivò un venerdì sera, e cercò subito di Bill. Bill lo guardò glaciale, e disse: “Hai il tuo violino, ragazzo? No? Be’, portalo domani sera al Ryman, e ti metto nella Grand Ole Opry. Ah si, metti una camicia e una cravatta, ragazzo, e anche una giacca. La gente ti porterà rispetto”.
Peter Rowan, all’epoca chitarrista con Bill Monroe, lo aiutò a trovare una stanza per dormire, e la sera dopo, nella saletta delle prove, pochi minuti prima della chiamata di Bill, provarono due fìddle tune (Bill Cheatam e un altro). Dieci minuti dopo, sul palco, Bill andò al microfono e disse: “Ho una sorpresa per voi, gente, ho un nuovo giovane fiddler da New York. Se vi piace, lo assumo. Cosa vuoi suonare, ragazzo?”. Be’, Gene era preoccupato ed anche scosso, perché pensava di essere già stato assunto. Suonò Bill Cheatam ed il pubblico impazzì.
Bill chiese all’uditorio: “Volete sentirne un’altra?” e la folla urlò incoraggiante. Monroe stava ritto dietro a Gene (con il mandolino alzato, proprio vicino all’orecchio del giovane), schioccando il suo ritmo, forte. Il giovane fiddler, spaventato, attaccò l’altro pezzo che aveva provato una sola volta, e l’uditorio stava in attonito silenzio. Bill si sporse in avanti, e sussurrò all’orecchio di Gene: “Sei assunto”.
Alle tre di quello stesso mattino partirono per il Sud Carolina, proseguendo con una intera settimana in giro, ma tornarono alla Grand Ole Opry in tempo per il sabato successivo. Quel ritmo forsennato continuò per tutto il tempo che lavorò per Monroe.
Era una cosa importante che Gene descriveva così: “Non era solo la musica, era il personaggio, e la sua disciplina. Questo lavoro mi insegnò una cosa importante. E cioè, che ogni cosa importante che ho fatto nella mia vita ha bisogno di un mentore. Monroe era il mio mentore, e io imparavo”.

La paga di Monroe per un flddler era scarsa (si veniva pagati solo un tanto a spettacolo, con giorni senza lavoro e senza paga), ma Gene imparò a scrivere parti di musica per arrotondare. Non sapeva leggere la musica molto bene, così scriveva gli accordi sotto forma di tablature per altri musicisti che leggevano la musica ancora peggio di lui.
Pochi musicisti bluegrass sapevano leggere la musica a quell’epoca, piuttosto imparavano tutto ad orecchio. Quando aveva iniziato a Nashville aveva messo 200 dollari su un libretto di risparmio, e otto o nove mesi più tardi, poteva far conto solo su quei 200 dollari. Un giorno a Nashville incontrò un violinista dell’orchestra sinfonica di Nashville, che gli disse che stava sciupando il suo tempo a suonare questo tipo di musica, e questo gli mise il tarlo per un cambiamento ed una nuova sfida.
Avere sempre pochi soldi e lo stare sempre in giro alla fine ebbero la meglio su di lui (come succede a molti che viaggiano), e, durante un viaggio a Los Angeles, diede i quindici giorni a Monroe.
Nelle due settimane successive suonò meglio di come avesse mai suonato. Persino Monroe lo diceva. Richard Greene fu chiamato a sostituirlo, e Gene si separò da Monroe molto amichevolmente, dopo meno di un anno con il suo mentore.
A questo punto la storia diventa insolita. Era l’inverno del 1965, e Gene tornò nel New Jersey. Là si mise a frequentare una insegnate di violino classico per preparare gli esami di ammissione ad una scuola di musica. Fece domanda a tre scuole, e tutte richiedevano che suonasse un particolare concerto per violino di Mozart come prova di ammissione. Dopo poche settimane la sua insegnante gli disse in termini inequivocabili: “Gene, non ce la farai mai come violinista. Non sai leggere molto bene la musica, tieni la mano destra in modo sbagliato, ed hai così tanti altri problemi che non penso sarai assolutamente pronto in tempo per il tuo esame”.

Gene la implorò, dicendo: “Mi dia ancora un’opportunità, e, se non andrò bene la prossima settimana, lascerò perdere”. Così Gene andò a comprarsi una registrazione del pezzo di Mozart, la fece suonare incessantemente come ogni buon musicista bluegrass avrebbe fatto, e la imparò a memoria. Tornando dalla sua insegnante la settimana dopo disse: “Ho lavorato molto duro questa settimana, infatti, non ho nemmeno bisogno di vedere lo spartito”, e lo suonò perfettamente, alla lettera.
La sua insegnate disse, “Non so come hai fatto, ma vai a fare il tuo esame”. Lo fece, ma, sfortunatamente, lei aveva scordato di dirgli che gli avrebbero anche dato un pezzo da suonare a vista. Nonostante la sua incapacità di leggere bene la musica, il Mannes College of Music a New York lo accettò.
Uno dei loro vecchi tradizionali professori fu così affascinato dalla sua capacità per nulla ortodossa di imparare e suonare che si offrì di insegnargli privatamente, e fu così che incontrò il suo secondo mentore.
Così, il nostro, non più bluegrass fiddler ora apprendista violinista, trascorse i sette anni successivi con il Prof. Raphael Bronstein, a due diversi college musicali, dove Gene conseguì la Laurea in Musica, specializzandosi in violino e viola.
Era ormai il 1972, e Gene aveva aiutato Bronstein a scrivere un libro sulle tecniche di insegnamento per il violino classico, aveva suonato il violino e la viola con orchestre sinfoniche, ensenbles, e diversi gruppi di musica da camera.
Nel periodo in cui scriveva tablature per arrotondare aveva scritto anche un libro intitolato Bluegrass Fiddle, e lo aveva mandato alla rivista Sing Out!, ma non ne aveva più saputo nulla.

Diversi anni più tardi, la Oak Music Publications acquistò Sìng Out!, e qualche redattore trovò il manoscritto in un vecchio archivio. L’aspetto buffo fu che quando completò il libro per la Oak, ormai era un professionista in piena attività con viola e violino. Forse si trovò nel luogo giusto al momento giusto, ma durante il solo primo anno i suoi diritti per quel libro furono di oltre 10.000 dollari.
Continuò a suonare musica classica per altri quattro o cinque anni, fino ad una drammatica serie di eventi.
Era il dicembre del 1978 o 1979 (Gene non ricorda – ha rimosso quasi tutto) e stava suonando free-lance da forse sette anni, per pochi soldi. Ci aveva pensato per molto tempo, e aveva deciso che avrebbe lasciato la musica del tutto per trovarsi un lavoro stabile dove guadagnare qualcosa di serio. Proprio in quel momento, suonò il telefono, ed un agente musicale lo implorò di suonare ad una produzione di un teatro locale per un balletto classico per Natale: Lo Schiaccianoci.
Gene, riluttante, acconsentì. La sera della prima, un ballerino cadde dal palcoscenico nella buca dell’orchestra, proprio sopra a Gene! La caduta gli ruppe una vertebra, in alto nel collo, ed i medici gli dissero che non avrebbe mai più suonato il violino professionalmente.

Per circa quattro o cinque anni fu un vegetale, con ogni aspetto artistico e creativo del suo corpo e della sua anima in ibernazione. Aveva 36 o 37 anni, in quel periodo, trascorse la maggior parte degli anni successivi sotto intensa terapia psicologica e fisiologica. Come parte della sua riabilitazione, un medico gli disse di nuotare ogni giorno, per evitare che il collo gli si irrigidisse completamente, e anch’egli confermò che non avrebbe mai più suonato professionalmente.
Gene si trovò una quantità di strani lavori per sopravvivere, come vendere abiti in un grande magazzino di New York, e scrisse altri due libri (Bluegrass Fiddle Styles, e Jazz Violin).
Era ormai il 1982, ed il lavoro di Gene era assolutamente il più noioso del mondo, faceva il programmatore di computer per una grande banca dì New York City. Otto anni dopo programmava ancora computer, seguendo quel vecchio proverbio dei musicisti: ‘never give up your day job’. Ma era la sua nuotata quotidiana che salvò la sua vita. Il nuoto lo portò al nuoto subacqueo, e questo ad un interesse alla fotografìa subacquea. Frequentò numerosi corsi di fotografìa, attraverso i quali Gene trovò un nuovo mentore.
Mario Cabrera, un insegnante di fotografìa, divenne per Gene, a questo punto della sua vita, quello che Monroe e Bronstein erano stati in precedenza. A quell’epoca Gene disse: “Ho ritrovato la mia anima nella camera oscura. Ci trascorro altrettanto tempo ora di quello che trascorrevo facendo pratica e suonando con ilflddle. Questo è il mio periodo migliore da molti anni”. E che cosa fotografava? Be’, anche questo può essere ironico, perché non erano certo pesci esotici, indossando la muta. Pensava che, come musicista, avrebbe saputo quando un musicista è veramente un tutt’uno con il suo strumento, e non sta solo suonando per il pubblico o per il denaro.

Gene diceva che questo succede per lo più nelle sale di prova e nei posti dove i musicisti si riscaldano o si trovano per jam sessions. Voleva fotografare questi visi e queste mani e mostrarle al mondo come proprio contributo all’arte. Infatti Gene contribuì notevolmente all’arte del bluegrass durante i suo anni come fotografo, quando viaggiava e fotografava gli ultimi anni della vita di Bill Monroe.
Successivamente pubblicò una raccolta delle sue fotografìe nell’edizione della primavera del 1998 del Journal of Country Music, e conserva una collezione archiviata di immagini di Monroe.
Ci sono molte storie che Gene racconta del periodo che trascorse con il ‘Grande Vecchio’ verso la fine della sua vita. Una che spicca è di quando lui e Monroe passeggiavano vicino alla vecchia casa natale, appena fuori Rosine, Kentucky. Bill chiese: “Perché hai lasciato me e la banda? Se fossi rimasto nella musica avresti potuto diventare qualcuno!”. Gene rispose: “Non me lo hai mai detto quando suonavo per te”. Bill replicò pronto: “Se lo avessi fatto, avrebbe fatto differenza?”. Gene replicò: “Non so allora, ma lo fa adesso!” E promise a Bill che avrebbe ricominciato a dedicare più tempo al fìddle.
E’ un dato di fatto, dice Gene, che era piacevolmente stupito dal fatto che quando fotografava musicisti bluegrass “Tutti quelli che conoscevo come musicisti, si ricordavano di me dopo tutto questo tempo. E la prima domanda che mi facevano era se suonassi ancora. Quando dicevo di no, mi dicevano perché no! Dovresti farlo!”. E quando si trovava insieme a qualcuno dei Blue Grass Boys, era accolto con maggior calore come suonatore che come fotografo.
Un ricordo speciale fu quando Gene suonò il twin fiddle con Vassar Clements, “per molto tempo Vassar era stato il mio idolo, ed era stata la maggior influenza nel mio modo di suonare, ed ora mi ritrovavo ad averlo come amico”.

Sarebbe stato un grosso impegno per Gene rimettersi a suonare come professionista, e ce la mise ancora tutta, ed alla fine ci riuscì. Mise in piedi una banda che si chiama Avalanche con Gene Lowinger. Sarà stato per la promessa fatta a Bill Monroe. O forse è solo l’ironia delle ironie, dopo tutti quegli anni durante i quali si è sentito dire che non avrebbe mai più suonato professionalmente… Il fatto è che Gene è tornato.
Gene dice: “La libertà, ed allo stesso tempo la disciplina, sono le chiavi della creatività artistica. Essere capace di fare quello che vuoi e quando lo vuoi, lavorare duramente quanto puoi, e al diavolo il dolore, per fare il meglio che puoi, questo è quello che conta di più”.
Ho riflettuto molto su questo, e ho ricordato un mio amico pittore che spesso si descriveva dicendo: “Sono un artista allenato. Non sono nato così, ho imparato come si fa”. Questa è la storia di Gene Lowinger, che è diventata la storia ‘II Trionfo Della Volontà’ che scrissi quasi dieci anni fa.
E se c’è un qualche fondamento di verità nell’antico mito greco della Fenice, che risorge dalle proprie ceneri con rinnovata giovinezza e bellezza, allora Gene deve avere qualche cosa di quell’antico uccello nascosta da qualche parte.
Ma se venite dalla campagna, quello che dicono di persone come queste è: “Non lo puoi ammazzare, nemmeno con un bastone!”. Ma basta parlare di Gene, lasciatemi dire qualcosa di questo nuovo bel gruppo che si chiama Avalanche.

Michale Madan, al mandolino, ha avuto a che fare con la musica acustica per oltre 20 anni. Ha suonato con i maestri della chitarra John Carlini e Beppe Gambetta. Ha suonato con diversi gruppi bluegrass e con Walt Michael & Co. E con John Kirk e Trish Miller. Negli anni settanta, Mike ha supportato Kitty Wells e Justin Tubbs. Il suo mandolino aggiunge una solida pulsazione, e degli ottimi assoli, al suono della band.
John Maylater, chitarra e voce, ha suonato per molte bande bluegrass in Colorado, California e New Jersey. Nel ’93, come membro della banda Groundspeed, ha vinto il ‘People Choice Band Award’. Dimostra diversi eccellenti stili flatpicking con la sua nuova chitarra Tacoma, ed un altrettanto solido ritmo. Il suo stile vocale, lead e non, spazia dal tradizionale al più nuovo dei pezzi contemporanei.
Paul Unkert è un polistrumentista che ora suona il basso acustico con Avalanche. Anche lui ha suonato con molti gruppi locali, ma è meglio conosciuto come esperto artigiano e manutentore di strumenti acustici. Paul è conosciuto nella zona come ‘quello delle chitarre’.
Ho visto e sentito Avalanche esibirsi diverse volte, e sono ogni volta impressionato da come riprendono alcuni vecchi standard. Hanno un selvaggio arrangiamento, alla David Grisman, del classico di Django Reinardth e Stephan Grappelli (Le Hot Club, Parigi), Minor Swing. Hanno una versione fantastica del vecchio Wayfaring Stranger, ed una graziosa versione western swing di Roly Poly, che mi ha fatto venire voglia di alzarmi e ballare. Sono sicuro che vorrete saperne di più di questa banda nel prossimo futuro, per cui tenete gli occhi e gli orecchi aperti per Avalanche.
(traduzione di Aldo Marchioni)

Aldo Marchioni, fonte Country Store n. 49, 1999

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