Originario dalla Florida Aubrey Haynie inizia a suonare fiddle e mandolino in giovanissima età (tenero il retro della copertina di questo disco con numerose foto che ritraggono lui bambino o teen-ager in adorazione a fianco dei suoi idoli bluegrass). Unanimemente riconosciuto tra i migliori sulla scena, la sua carriera si dipana tra impegni con artisti country e bluegrass, sia come session-man e sia nei vari tour (da quello con Aaron Tippin quando aveva solo 17 anni, e subito dopo con Clint Black), facendosi apprezzare per il suo mirabolante stile che lo fa passare indifferentemente dal country al bluegrass, dallo swing al jazz.
Ora, neanche trentenne approda al terzo album a suo nome, ed a supportarlo nel suo lavoro troviamo nomi stellari quali Tony Rice alla chitarra, Sam Bush al mandolino, Barry Bales al basso e David Talbot al banjo.
La scaletta dei brani abbraccia un buon mix di tradizionali rivitalizzati, cover (principalmente da Kenny Baker ed una vivacissima Smith’s Rag da Fiddlin’ Arthur Smith) ed un paio di originali di Haynie stesso posti in apertura.
L’ascolto non deve essere superficiale: subito l’intero disco può risultare poco coinvolgente ed anche monotono (40 minuti esclusivamente strumentali, con il fiddle in pesante evidenza). Tutto ad altissimo livello, intendiamoci, ma sembra che i vari Rice, Bush, ecc. scompaiano, non siano all’altezza della loro fama, facciano un lavoro un po’ piatto. Ma quando l’ascolto si fa attento, questo disco dimostra tutta la sua bellezza.
Arrangiamenti e soluzioni mai banali, virtuosismi ricercati che paiono semplici e leggeri, arrangiamenti puliti sui quali svetta un fiddle sicuro, liscio e fluido. Un dischetto senz’altro non appetibile per un pubblico ampio, che forse solo gli appassionati possono capire e godere in pieno.
Sugar Hill 3957 (Bluegrass Tradizionale, 2003)
Claudio Pella, fonte Country Store n. 66, 2003
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