Mike Marshall & Darol Anger

Oddio che impressione, e chi saranno mai questi? Un’ignota band svizzera o il camuffamento pseudo-esotico di qualche gruppo nostrano di ‘nuovo rock’?
Ma no, il manifesto parla chiaro, la serata è dedicata a una fantomatica ‘New Acoustic Music’ e la dicitura ‘Folk in Milano’ chiarisce ulteriormente le cose. O no? Curiosi comunque di scoprire qualcosa di più su questo giallo non possiamo fare a meno di avviarci al teatro Ciak e qui scopriamo che parecchie altre persone hanno avuto la stessa idea, chissà, forse qualcuno ne saprà anche di più sul gruppo misterioso.
Ehi, un attimo, ma quelli che salgono sul palco non sono facce note? Il mistero si risolve: la risposta era … Windham Hill.

Nella fattispecie il ‘duo’ appena comparso è formato da Mike Marshall e Darol Anger, a noi tutti ben noti sia per i trascorsi ‘grismaneschi’ sia per l’apparizione dello scorso anno alla convention di Brescia (gara all’arma bianca con tuoni e fulmini, figurati e reali).
Di qui al resto è intuitivo, ovvia la comparsa della pianista Barbara Higbie, un po’ meno quella del nuovo bassista Michael Manring di cui, però, avevamo sentito molto parlare, e a ragione. Anche il nome si chiarisce, visto che Live At Montreux è stato uno dei dischi di maggiore successo della Windham Hill e Mike, Darol e Barbara hanno pensato bene di sfruttarne il titolo per aiutare la gente ad identificare la band, mancando qui il funambolico Andy Narell, steel-drummer incredibile e tuttora collaboratore saltuario del gruppo. E allora, che direzione seguono attualmente? Primo: interpretano se stessi, musicalmente intendo, cercando di portare alla luce tutte le ‘nuances’ della propria espressività, aiutati in questo da capacità tecniche non comuni e da esperienze abbastanza varie.

Anger e Marshall infatti, noti per la ‘dawg music’ di Grisman, provengono (Darol un po’ meno) dal bluegrass e da diverso tempo hanno affrontato, singolarmente e in coppia, tematiche jazzistiche e contemporanee, la Higbie ha un background abbastanza colto e riporta nel suo stile pianistico una certa modernità di intenzioni e di espressione, senza perdersi in tecnicismi fini a se stessi, Manring, la rivelazione della serata, è allievo di Pastorius e al maestro ha sottratto una parte di padronanza della tastiera del fretless e un certo gusto melodico cui si aggiungono una personalità spiccata anche a livello compositivo.
A questo punto il gioco è fatto. Che musica suonano? Non lo so, e non ha importanza, loro sanno di dare il meglio di se stessi per condensare nei quarantacinque minuti di un disco o nelle due ore di un concerto fascino ed emozioni: non è poco.
Mike è ormai un virtuoso anche della chitarra e non ci risparmia le solite meraviglie al mandolino e mandocello, mentre Darol è sempre il signore del violino (anche quello baritono) con un’eleganza e un vigore che hanno pochi eguali, per non parlare di un senso ritmico addirittura eccezionale nei back-up.

Pensate all’effetto di tre violini in contemporanea quando impugnano l’arco per una volta anche Marshall e Barbara Higbie per un medley di fiddle-tunes ‘transatlantico’ e mozzafiato! Non c’è molto altro da dire se non che è significativo il fatto che una serata così articolata e varia, con in coda la parte tutto sommato più impegnativa, non sia riuscita a stancare, anzi. Chi riuscisse a capire da solo il perché di quest’ultimo fatto può considerarsi persona colta ed intelligente.

Stefano Tavernese, fonte Hi, Folks! n. 18, 1986

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