Se prima veniva spontaneo a molti parlare di Skyline come il ‘gruppo di Tony Trischka’, la seconda prova discografica ha confermato una maturità della band come organismo d’insieme caratterizzato dalla coralità del contributo al suono generale e dal felice confluire delle diverse personalità in un’unica volontà di fare buona musica.
Chi li ha visti dal vivo l’anno scorso, anche in Italia, sa quanto sia piacevole e ben costruito il loro spettacolo e questo disco è quello presentato appunto nella scorsa stagione. L’amalgama fra il country-rock melodico delle due chitarre-voci, Danny Weiss e Dede Wyland, e l’esuberanza genialoide di Trischka e Mitterhoff si è confermato vincente ed efficace sempre con l’aiuto sornione di Larry Cohen, arrangiatore di classe.
Molto interessante il lavoro di scomposizione ritmica all’interno di una formazione che è senza dubbio quella classica del bluegrass, ma di questo genere rifiuta in parte i limiti formali arrivando a proporre cose in teoria abbastanza lontane da esso, ma senza strafare.
Significative in questo senso le parti finali di Shiloh e Lifeline come pure i ‘barocchismi’ di Child’s Play e lo swing di Pour Tessa; splendida la title-track con una ottima prova vocale di Dede Wyland, come pure il quasi tradizionale gospel Man In The Middle.
Da notare rispetto al primo lavoro, cui siamo poi molto vicini, l’affacciarsi di una tendenza, specialmente dal vivo, ad uscire a volte dai tempi limitati della canzone per dare spazio anche a code strumentali di un certo fascino come in I Can’t Believe. A questo proposito, senza tornare sui meriti di Mitterhoff o su quelli fin troppo (e giustamente) celebrati di Tony Trischka, il cui banjo è molto più eloquente di qualsiasi lode, vorrei fare una piccola segnalazione di merito per la lead guitar di Danny Weiss che, senza avere la fama e il virtuosismo di un Rice o un O’Connor, merita però attenzione per questo suo tocco ‘gentile’ ma grintoso, sempre pieno di genuino swing (inteso come feeling emotivo).
Un secondo disco di ottimo livello quindi, le cui finezze si fanno apprezzare ad ogni successivo ascolto, con le diverse caratteristiche del gruppo tutte evidenti e ben realizzate.
Resta da vedere che cosa ci presenteranno la prossima volta: non è lecito aspettarsi anche di più da una band di questo livello?
Flying Fish 304 (Bluegrass Tradizionale, Bluegrass Progressivo, 1984)
Stefano Tavernese, fonte Hi, Folks! n. 12, 1985