Skaggs & Rice cover album

Dopo una nutrita serie di dischi il cui solo pregio sarebbe quello di sparire rapidamente nel dimenticatoio (c/o le ultime fatiche di Dan Crary, Seldom Scene e Country Gentlemen), la Sugar Hill, vale a dire l’etichetta economica (almeno in USA) della County Records, ci propone un inaspettato lavoro scaturito dal sodalizio tra Ricky Skaggs e Tony Rice, sodalizio che dura dai lontani tempi della militanza nel New South di J. D. Crowe.

Entrambi i musicisti non necessitano di alcuna presentazione ricorrendo i loro nomi ormai da qualche anno in quasi tutte le incisioni, peraltro tutte noiosamente uguali e stereotipate, ascrivibili al filone, oggi di moda, del jazz-grass. Entrambi svolgono un’attività parallela incidendo come solisti o in gruppo e calcando la scena con un piede nel progressivo ed uno nel tradizionale; condizione quest’ultima che li contraddistingue dalla massa di artisti incerti sul da farsi e paurosi d’affrontare con idee d’avanguardia l’orecchio sempre più esigente dell’acquirente.

L’album in questione è un tuffo nel passato, nelle armonie pre-bluegrass a due voci e a due strumenti che hanno caratterizzato per circa trent’anni un particolare settore del panorama musicale nordamericano non privo di interessi filologici e risvolti sociologici. L’enorme quantità di vinile prodotta a partire dalla seconda metà degli anni trenta da gruppi composti da due soli artisti, meglio se fratelli, ha avuto un effetto rilevante sul pubblico americano che vedeva in essi non solo la novità (suonavano infatti con una velocità ed una pulizia raramente ascoltate prima), ma anche e soprattutto il recupero di quel patrimonio musicale domestico a lui da sempre familiare.

I Monroes, i McGees, i Delmores, i Callahans, gli Anglins, gli Armstrongs, gli Stanleys ed in special modo i Bolicks (Bue Sky Boys) forse inconsapevolmente contribuirono a determinare in brevissimo tempo una svolta decisiva in un certo tipo di musica tradizionale rendendola tra l’altro accessibile e popolare tramite le stazioni radiofoniche da cui vennero ingaggiati.

Una chitarra ed un mandolino (o, molto meno spesso, un banjo) ed una singolare cura delle parti vocali a duetto (un solista sostenuto da un tenore o da un baritono) riuscirono a cambiare ad esempio la ballata tradizionale ed il gospel bianco al punto da farli apparire irriconoscibili alla generazione precedente con grande scandalo dello studioso di folklore che assisteva impotente al fenomeno. Si vadano a rispolverare le incisioni dei Monroe Brothers (RCA Bluebird AXM2-5510) o dei Blue Sky Boys (RCA Bluebird AXM2-5525) e si avrà un’idea esatta ed una prova inconfutabile di quanto affermato.

Tornando subito all’oggetto della nostra recensione, appare chiaro che i temi dominanti, seguendo la più genuina tradizione, sono proprio il gospel e la ballata, trattati con lo spirito e secondo il modello dei precursori. Accanto alle splendide interpretazioni vocali di Talk About Suffering Here Below e di Where The Soul Of Man Never Dies, appartenenti alla canzone religiosa corale incolore, si possono ascoltare dei buoni esempi di gospel squisitamente bianco con The Old Crossroad (Charlie Monroe) e Mansions Of Men.

La ballata è invece rappresentata dagli arrangiamenti, perfettamente centrati, di Bury Me Beneath The Weeping Willow (che nulla toglie alla classica versione della Carter Family) e dell’eccellente There’s More Pretty Girls Than One, il solo brano eseguito con due chitarre in cui spiccano per scorrevolezza e finezza i brevi interventi solisti di Rice. Il virginiano, infatti, riesce a riscattare puntualmente, anche maneggiando il materiale tradizionale, la pesante eredità lasciatagli dai maestri dello strumento.

Tennessee Blues, l’arcinota composizione di Bill Monroe, è l’unico strumentale della raccolta e dà modo al profano di apprezzare il preciso essenziale mandolino di Skaggs ed ancora una volta la volutamente scarna ma vigorosa ritmica di Rice. “Musica per tutti con testi moralmente sani”, questo potrebbe essere lo slogan pubblicitario per il disco, così come del resto appariva sulle locandine degli spettacoli dal vivo a conduzione strettamente familiare ai quali si ricollega. Un ascolto sarà certamente tutto di guadagnato.

Sugar Hill SH-3711 (Bluegrass Tradizionale, Country Acustico, Early Country, 1980)

Pierangelo Valenti, fonte Mucchio Selvaggio n. 35, 1980

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