Orville nasce in Florida a cavallo della fine degli anni settanta, nel momento magico del southern rock, era il bassista degli Hydra, poi, dopo un numero imprecisato di collaborazioni, firma per la Fontainbleu e pubblica questo Howl At The Moon. Accompagnato dalla Dakota Band, nella quale spiccano le chitarre di Tommy Davis e le tastiere di Bob Canero, Orville raccoglie 13 pezzi, di cui 12 composti da lui tra il 1993 ed il 1996, confezionando Howl At The Moon, un lavoro estremamente personale, anche se rispettosamente legato al culto di Hank Williams e di una tradizione che non ammette fuorvianti innovazioni.
Del resto non è possibile che un decennio passato nell’entourage di personaggi come Allman, Betts, Caldwell e Van Zandt venga dimenticato o non aggiunga qualche cosa alla cultura di un musicista.
Lo stile di Davis si presenta dunque ricco di sfumature sudiste, che sapientemente, non fa incidere più di tanto sul tessuto delle sue canzoni, che mantengono un’atmosfera moderata anche nei momenti in cui il feeling si accalora ed il ritmo di brani come Trouble With Law o Little Dangerous, titoli che sarebbero piaciuti al Van Zandt di Gimme Back My Bullets, si fa incalzante, ma che Orville si affretta ad ammorbidire con splendidi cori femminili, quasi più in sintonia con del buon r&b che con il southern rock.
Il culto per gli Everly Brothers, altra sua grande passione, gli ha permesso poi di sviluppare una propensione alla melodia che garantisce ai suoi brani quella originalità che lo tiene lontano dal rischio di risultare scontato.
Questo per far intendere che ci troviamo di fronte ad un ottimo musicista, ricco di esperienza e di mestiere che ricorda, ma che non ha nulla da invidiare al primo Travis Tritt (a proposito quando torna).
Una buona storia, un buon esordio che sarebbe un peccato lasciarsi scappare.
Fontainbleu 21003 (Alternative Country, Traditional Country, Country Rock, Roots Rock, Southern Rock, 1996)
Claudio Garbari, fonte Out Of Time n. 36, 2000
Ascolta l’album ora