Eclettici, brillanti, pieni di creatività e passione, i Subdudes hanno rappresentato in modo formidabile uno dei lati musicali meno conosciuti di New Orleans: quello raffinato, semi-acustico, della canzone d’autore in chiave folk rock. Ascoltando questo fantastico Annunciation, il terzo album di una carriera inspiegabilmente interrottasi a fine anni 90, qualcuno li aveva giustamente definiti gli eredi di The Band.
Come l’ensemble di Robbie Robertson, infatti, questo combo guidato dal chitarrista Tommy Malone e dal fisarmonicista John Magnie ha saputo sintetizzare la grande tradizione nord-americana rendendola personale e originalissima.
Oltre agli strumenti acustici e alle magnifiche armonie vocali il gruppo ha inoltre saputo fornire un tocco in più grazie all’incredibile percussionista Steve Amedee: il suo tamburello si trasformava in una vera e propria batteria. E vederlo suonare dal vivo era davvero spettacolare.
Almeno tanto quanto le trascinanti canzoni di Annunciation, da quelle con piglio funk (come la spumeggiante You’ll Be Satisfied che apre il disco o la bellissima Late At Night dai colori zydeco) alle rock ballad acustiche (su tutte Angel To Be, Message Man o l’incantevole Sugar Pie). Dopo aver accompagnato Joni Mitchell, Shawn Colvin e Roseanne Cash, i Subdudes oggi si riuniscono soltanto per l’annuale Jazz And Heritage Festival di New Orleans; li stiamo già rimpiangendo.
High Street 72902 10323-2 (Roots Rock, 1994)
Ezio Guaitamacchi, fonte JAM n. 77, 2001
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