L’etichetta britannica HTD sembra voler dare una chance a molti dei vecchi eroi del passato del rock inglese.
Così, dopo Peter Banks, dimenticato chitarrista degli Yes, e Richard Sinclair, bassista e cantante dei Caravan, è ora la volta con Big Sky di Peter Bardens, tastierista le cui gesta sono legate a quelle di uno dei gruppi del rock sinfonico quali i Camel che il musicista lasciò per rincontrare il conterraneo Van Morrison con cui collaborò ad inizi carriera.
Il suo sodalizio con Morrison durò sino alla prima metà degli anni Ottanta con risultati spesso esaltanti. Dopo, Bardens lasciò il grande ‘Van the Man’ e si sperse tra produzioni strumentali vagamente new age che ne mortificavano il talento, asservito a musiche vuote, prive di significato, inutili.
Con questo nuovo contratto per la HTD ci sembra quantomeno che Bardens sia sulla via della guarigione.
Big Sky non è bellissimo né esente da critiche. Taluni spunti strumentali sono belli, tal altri un po’ troppo ridondanti e memori del passato.
Nei brani strumentali Bardens sembra stranamente voler fare il verso ai Dire Straits od ancor di più ai Notting Hillibillies.
Accompagnato da misconosciuti ma validi musicisti quali il chitarrista Neale Heywood, il batterista Jethro Defries ed un buon numero (eccessivo) di cantanti, Bardens prova a ritrovare la ‘dritta via’. In tutta onestà, alla luce di questo album, non ci sentiamo di giurare su di un suo recupero ai massimi livelli ma è evidente la voglia di Bardens di costruirsi una nuova verginità. Ne avrà la voglia ed il tempo?
Un album per curiosi e nostalgici con qualche buon spunto. Ma certamente non basta questo a farci anche solo drizzare le antenne.
HTD CD 22 (Roots Rock, 1994)
Marco Crisostomi, fonte Out Of Time n. 5, 1994