Dwight Yoakam

Una delle figure più influenti nell’ambito della country music degli ultimi vent’anni, Dwight Yoakam è un artista a tutto tondo che ha saputo rivalutare, rivitalizzandolo, un suono che nei primi anni ottanta languiva tra un’insipida e stanca pop music e gli ‘ultimi fuochi’ del periodo post-Urban Cowboy, il film che ne proponeva un’immagine didascalica e da cartolina.

Lo ha fatto con una ricetta apparentemente semplice ma in quel momento coraggiosa, tornando alle radici e proponendo una country music genuina e senza compromessi, degna discendente di nomi quasi dimenticati dall’establishment: Buck Owens, Harlan Howard, Lefty Frizzell, Johnny Horton, Merle Haggard, George Jones e Ralph Stanley. La sua forte personalità ha contribuito a creare uno stile originale pur ispirandosi chiaramente alle ‘roots’, dalla mountain music tradizionale al più classico honky-tonk, fino al rock’n’roll degli anni cinquanta e sessanta.

Naturalmente molti sono gli aspetti che hanno permesso a Dwight Yoakam di affermarsi nonostante un primo rifiuto delle majors di Nashville: una voce calda, riconoscibile, modulata, nasale come nella più classica tradizione, una vena compositiva di grande valore pari alla capacità di proporre brani altrui con estrema naturalezza e una presenza scenica particolarmente affascinante e ricca di carisma. In una carriera discografica che si avvicina ai venti anni, Dwight Yoakam ha proposto una country music onesta, che non si è mai piegata alle mode che il business avrebbe voluto imporgli e, nonostante gli inevitabili alti e bassi, ci ha regalato pagine di assoluto valore in quello che è il grande libro della American Music delle radici.

Ripercorrendo assieme la discografia di Dwight Yoakam, (ri)scopriremo la musicalità di un personaggio di prima grandezza al quale, a suggello di una meritata fama, è stato dedicato un box quadruplo intitolato Reprise Please Baby/The Warner Bros. Years di cui parleremo più avanti.

Dwight Yoakam nasce a Pikeville, Kentucky il 23 Ottobre 1956 e, giovanissimo, percorre la Route 23 (che sarà protagonista di una delle sue prime composizioni) che lo porta in Ohio dove inizia ad esibirsi nelle roadhouses e nei clubs.

Dopo la consueta e naturale gavetta Dwight decide di trasferirsi a Los Angeles dopo aver tentato la strada di Nashville, non ancora pronta alla country music ruvida e tradizionale del cantante kentuckiano.

A Los Angeles viene accolto molto favorevolmente e grazie ad alcune amicizie ‘giuste’ (i fratelli Alvin, David Hidalgo e Cesar Rosas, Maria McKee) entra a far parte del circuito dei clubs aprendo i concerti dei Blasters, dei Los Lobos, dei Lone Justice e degli X, riuscendo a fare apprezzare da un pubblico non aduso ad ascoltare country music, alle canzoni di Buck Owens o di Merle Haggard.

Nel 1985 incide sei canzoni che vengono pubblicate dall’etichetta indipendente Oak Records e poco dopo viene notato dalla Reprise Records, sussidiaria della Warner Brothers, che decide di produrre quello che è il vero e proprio debutto per Dwight Yoakam: Guitars, Cadillacs, Etc., Etc.

Nel 1986, anno in cui vengono pubblicati gli esordi di grandi musicisti come Steve Earle (Guitar Town), Randy Travis (Storms Of Life) e Lyle Lovett (Lyle Lovett) che in maniera diversa portano una ventata di freschezza notevolissima, Dwight Yoakam esce con Guitars, Cadillacs, Etc., Etc., un disco di formidabile honky-tonk music che riporta in auge il cosiddetto ‘Bakersfield sound’.

All’originale EP dell’anno precedente, al quale è stata mantenuta la bella copertina, vengono aggiunti quattro brani che contribuiscono a comporre un prodotto di straordinario impatto e forza in cui viene fuori prepotentemente la capacità compositiva di Dwight Yoakam unita ad un amore per le tradizioni che sarà una costante della sua produzione.

Con questo disco inizia anche la collaborazione tra Dwight e Pete Anderson, produttore, ingegnere del suono ma anche solido chitarrista, il cui lavoro sarà di fondamentale importanza nella carriera del nostro e la cui presenza fornirà un punto di riferimento costante nell’economia musicale del cantante di Pikeville, Kentucky.

Guitars, Cadillacs, Etc., Etc. si basa su un suono diretto, compatto ed ispirato in ogni nota, fornito da un piccolo combo formato da Pete Anderson alle chitarre, J.D. Foster al basso, Jeff Donavan alla batteria e Brantley Kearns al fiddle. Il lavoro di Brantley Kearns è di primissima qualità e il suo fiddle caratterizza fortemente gli arrangiamenti; la parentesi con Dwight Yoakam sarà molto importante per il fiddler già partner di David Bromberg negli anni settanta e in tempi molto più recenti con la band di Dave Alvin. Ospiti sono poi Glen D. Hardin e Gene Taylor (già membro dei Blasters) al piano, Jay Dee Maness alla pedal steel, David Mansfield a mandolino e dobro e Maria McKee dei Lone Justice a duettare nella tradizionale Bury Me. Non si può comunque non citare il resto del disco, nove veri e propri gioiellini che iniziano con Honky Tonk Man, hit per Johnny Horton scritto nel 1956.

Honky Tonk Man raggiunge la Top 10 dei singoli country e porta Dwight Yoakam ad essere finalmente considerato a Nashville, pur nei panni di un musicista che ha sempre voluto rivendicare indipendenza ed autonomia.

Il debutto di Dwight scorre in un baleno tra covers (Ring Of Fire dal repertorio di Johnny Cash che sembra uscita da un disco dei Blasters e la pregevole Heartaches By The Numbers di Harlan Howard) e brani originali (la bluegrass-oriented I’ll Be Gone, la strepitosa ballata intitolata South Of Cincinnati, la title-track frizzante e puramente honky-tonk, Twenty Years, It Won’t Hurt e la acustica Miner’s Prayer dedicata al nonno materno) in uno dei dischi più brillanti della sua ricca discografia.

Dopo un album come Guitars, Cadillacs, Etc., Etc. era difficile per Dwight Yoakam ripetersi a quei livelli; nel 1987 viene pubblicato Hillbilly Deluxe, disco che consacra la sua fama e la sua bravura e diventa ‘platinum album’ grazie a due covers che entrano nelle country charts tra le prime dieci: Little Sister, standard di Doc Pomus e Mort Shuman che anche Ry Cooder ripropose in una versione più ‘black’ nel suo Bop ‘Til You Drop, e Always Late With Your Kisses del grande Lefty Frizzell, scritta nel 1951.

Il disco si regge comunque ottimamente sulle composizioni di Dwight, a partire da Little Ways che apre il disco e che vede la presenza di una eccellente chitarra elettrica nelle mani di Pete Anderson, ancora una volta a fianco del Nostro alla produzione. Johnson’s Love è una intensa ballata con la pedal steel di Tom Brumley in primo piano e il nostalgico fiddle di Brantley Kearns.

Una delle più belle ballate del primo periodo di Dwight Yoakam. Please, Please Baby sarà uno dei cavalli di battaglia dal vivo per la sua carica ed il suo drive, Readin’ Rightin’, Rt. 23 ripercorre idealmente i primi passi della carriera di Dwight e lo fa in maniera profonda ed ispirata diventando uno degli ‘highlights’ di questo suo secondo disco.

Di grande impatto sono anche la cadenzata 1,000 Miles, Throughout All Time, il bluegrass elettrificato di This Drinkin’ Will Kill Me e la bellissima Smoke Along The Track di Alan Rose e Don Helms.

Hillbilly Deluxe conferma le grandi potenzialità di Dwight Yoakam e ne amplia la popolarità diventando un punto di riferimento per la sua freschissima vena neo-traditionalist.

Buenas Noches From A Lonely Room esce nel 1988 e ci propone una selezione di sicura presa. La band è più compatta che mai e si assesta in una formazione a quintetto guidata dal solito Pete Anderson alle chitarre e completata dalla sezione ritmica in cui eccellono il bassista Taras Prodaniuk ed il batterista Jeff Donavan, con il prezioso apporto di Scott Joss al mandolino e Skip Edwards al piano. Ospiti sono Flaco Jimenez e Al Perkins, due nomi di grandissima caratura nell’ambito ‘roots’. Le canzoni fanno il resto, tra composizioni dello stesso Dwight e covers, scelte attentamente e perfettamente in sintonia con il suo ormai inconfondibile stile.

Home Of The Blues (di Johnny Cash, Glen Douglas e Lillie McAlpine), I Hear You Knockin’ (J.D. Miller), Send Me The Pillow (Hank Locklin) in cui a duettare c’è ancora una volta Maria McKee e lo strepitoso duetto con Buck Owens in Streets Of Bakersfield (di Homer Joy), una delle ‘signature songs’ di Dwight Yoakam, brillano fortemente in un disco in cui le canzoni originali non sono da meno.

A mio parere sono tre i capolavori assoluti di Buenas Noches From A Lonely Room: la title-track, una ballata dagli echi messicani in cui troviamo l’ispirata accordion di Flaco Jimenez, la nostalgica ed amara I Sang Dixie e Floyd County, brani che emozionano e commuovono l’ascoltatore, interpretate con una intensità veramente fuori dal comune.

La Reprise nel 1989 pubblica una raccolta antologica dei primi tre albums di Dwight Yoakam approfittando dell’anno in cui non escono nuovi prodotti del Nostro che preferisce dedicare le sue forze ai concerti (ricordo uno strepitoso concerto del settembre di quell’anno al Thomas & Mack Center di Las Vegas con supporting artist un Clint Black agli esordi) e alle composizioni che troveranno spazio nel nuovo album in fase di preparazione.

Just Looking For A Hit è un disco abbastanza inutile, meglio rivolgersi ai tre dischi precedenti, se non fosse per una granitica versione di un grande brano dal repertorio dei Blasters, Long White Cadillac pubblicato anche come singolo, e una sorprendente Sin City dei Flying Burrito Brothers in cui duetta con la cantante canadese K.D.Lang. For collector’s only.

La nuova decade si apre con un altro disco cantato e suonato a livelli altissimi, If There Was A Way, un altro album di country music i cui testi e le cui melodie si inseriscono alla perfezione in quell’atmosfera di grande revival che riporta in auge personaggi come Buck Owens, Lefty Frizzell e tutti i grandi degli anni cinquanta e sessanta. Il tutto comunque filtrato attraverso la sensibilità di un musicista che ha metabolizzato il rock’n’roll delle origini (ascoltatevi Takes A Lot To Rock You, If There Was A Way, I Don’t Need It Done e Let’s Work Together) e le sue origini kentuckiane (Sad, Sad Music e Since I Started Drinkin’ Again).

Nothing’s Changed Here scritta assieme al compositore di origine greca Kostas, Turn It On, Turn It Up, Turn Me Loose (Kostas/Wayland Patton), It Only Hurts When I Cry scritta con Roger Miller e Dangerous Man sono canzoni che entrano subito nel cuore e nella mente e rappresentano l’anima di un artista ormai maturo e sicuro di se.

Approfittando della fama acquisita da Dwight Yoakam non solo tra i country fans, la casa discografica decide di pubblicare (solo in Europa) un curioso assemblaggio di brani che prende il titolo di La Croix D’Amour, un disco tutto sommato inutile ma che contiene qualche canzone appetibile ai collezionisti e ai ‘die hard fans’.

Truckin’ è la eccellente rivisitazione dei Grateful Dead di American Beauty inclusa nel tributo intitolato Deadicated e pubblicato nel 1991. La già citata Long White Cadillac dei Blasters viene riproposta qui per coloro che se l’erano persa in Just Looking For A Hit. Tra i momenti degni di nota figura Suspicious Minds, classico di Elvis Presley inserito nella colonna sonora del divertente film Honeymoon In Vegas interpretato da James Caan, Nicolas Cage e Sara Jessica Parker, Hey Little Girl trascinante rock’n’roll tipicamente sixties, Here Comes The Night del grande compositore Bert Berns e riprea tra gli altri da Van Morrison, qui riproposta in una versione quasi caraibica nel refrain. Doin’ What I Did è ancora gustoso rock’n’roll, mentre meno riuscita è la cover di Things We Said Today dei Beatles.

A distanza di tre anni dal precedente album esce finalmente un nuovo prodotto, This Time. Il disco è particolarmente ben amalgamato e la vena compositiva di Dwight Yoakam non si è assolutamente arrugginita, con ben dieci composizioni su undici in cui è autore o co-autore.

La collaborazione con Kostas è molto positiva e ne escono fuori quattro grandi canzoni: This Time puro ‘Bakersfield sound’ con il piano di Skip Edwards gustosamente in risalto, Two Doors Down lenta ed accorata, King Of Fools honky-tonk di prima categoria, Try Not To Look So Pretty classica ballata acustica.

Tra le canzoni firmate dal solo Yoakam si fanno notare A Thousand Miles From Nowhere dalla melodia dolce ed evocativa, Home For Sale amara e toccante nella sua veste scarna che può ricordare certo Springsteen di album come The Ghost Of Tom Joad, le rockeggianti Fast As You e Wild Ride, Lonesome Roads dall’andatura tradizionale che fa rivivere alcune composizioni di Hank Williams Sr..

The Pocket Of A Clown si rivela come uno dei singoli di maggior fascino anche se nell’economia del disco si rivela come un momento leggermente in secondo piano.

L’unica canzone non scritta da Dwight Yoakam è invece uno dei punti di forza dell’album, Ain’t That Lonely Yet di Kostas e James House, elegante ed appassionata. Nel complesso This Time un disco che ci riconsegna Dwight Yoakam in grande forma dopo un così lungo periodo, un artista che non ha perso minimamente il suo smalto e anzi si è creato un suono perfettamente riconoscibile grazie anche ad una voce sempre eccellente.

Passano altri due anni e, nel 1995, escono ben due dischi di Dwight Yoakam: il primo è un live, il secondo si intitola Gone.

Dwight Yoakam Live è un quadro sufficientemente esaustivo di quello che è il suo show ed è anche l’occasione per riascoltare alcune delle sue composizioni con l’aggiunta della grinta e del coinvolgimento di un concerto. Scorrono così canzoni del calibro di Little Sister, Streets Of Bakersfield, Little Ways, Please, Please Baby, A Thousand Miles From Nowhere, una lunga e travolgente Long White Cadillac introdotta da un grintoso assolo di Pete Anderson alla chitarra elettrica, l’intermezzo acustico di Miner’s Prayer, l’inedita Rocky Road Blues e la presleyana Suspicious Minds. Un disco veramente compatto ed energetico.

Gone esce a pochi mesi di distanza dal live ed è un altro capitolo particolarmente positivo per Dwight Yoakam. Dieci composizioni tutte firmate per la prima volta da Dwight e una varietà di temi e di suoni che lo rendono molto godibile. Sorry You Asked? È l’eccellente apertura dell’album nel tipico stile riconducibile a Johnny Cash con tanto di fiati mariachi. Near You mostra invece il lato più fifties di Mr. Yoakam con chiare influenze rock e pop. Don’t Be Sad è la dimostrazione delle grandi capacità interpretative di Dwight Yoakam che riesce a rendere gradevolissime anche canzoni, come in questo caso, assolutamente ‘normali’.

Di altro spessore sono Gone (That’ll Be Me), Baby Why Not deliziosamente mexican nei sapori e l’elettrica country ballad One More Night che rappresentano a mio parere il meglio di questo disco che tutto sommato è il meno country inciso fino a quel momento, più orientato verso sonorità fifties e sixties.

I fans di Dwight Yoakam devono attendere altri due anni prima di poter assaporare del nuovo materiale.

Nel 1997 escon altri due lavori discografici, entrambi molto particolari e in qualche maniera atipici nell’ambito della sua carriera. Il primo, senz’altro il più importante e maggiormente consigliato perché rappresenta un importante lato della personalità di Dwight Yoakam, è Under The Covers, un album interamente composto da brani altrui in cui esce prepotentemente allo scoperto la grande capacità del Nostro di fare proprie composizioni scritte da musicisti estremamente lontani tra loro ma che formano un insieme di grande coesione e vitalità.

Vale la pena ricordare tutte le canzoni che compongono questo Under The Covers per far risaltare l’estrema varietà di suoni ed influenze che Dwight Yoakam mette assieme. Si parte con una canzone di Roy Orbison, Claudette, in cui, grazie alla limpida melodia e al trattamento fedele all’originale, viene ancora fuori il grande amore per la musica degli anni cinquanta. Train In Vain di Mick Jones e Joe Strummer viene invece stravolta completamente e la canzone dei Clash diventa un classico country acustico con influenze mexican in cui appare Ralph Stanley alle armonie vocali e al banjo.

Tired Of Wating For You è una canzone di Ray Davies dei Kinks composta nel 1968 e Dwight Yoakam tira fuori dal cilindro una versione incredibile in cui veste i panni del jazz crooner con tanto di ampia sezione fiati. Con Good Time Charlie’s Got The Blues scritta nello stesso anno dal cantautore Danny O’Keefe si torna ad atmosfere acustiche e ‘laidback’ e risulta una delle cose più brillanti del disco. Here Comes The Night e Things We Said Today apparivano già in La Croix D’Amour e vengono pubblicate per la prima volta negli States. Baby Don’t Go è una piacevole pop song di Sonny Bono in cui si respira l’atmosfera un po’ easy e disimpegnata tipica dell’epoca. Sheryl Crow duetta con Dwight e si trova molto a suo agio in questo contesto.

Playboy ci riporta alle classiche sonorità country e honky-tonk di cui Yoakam è maestro mentre la celeberrima Wichita Lineman di Jimmy Webb è a mio parere splendida grazie ad un arrangiamento originale che ne esalta la melodia. The Last Time dei Rolling Stones è resa in maniera molto più veloce rispetto all’originale e diventa un trascinante country e un altro dei momenti più appetibili del disco. In conclusione sono poste altre due importanti covers, tra le più valide di questo Under The Covers: North To Alaska (grande hit di Johnny Horton scritto nel 1960) è riproposta con grande reverenza e rispetto e, grazie alla melodia senza tempo dei classici, mette perfettamente in risalto le doti interpretative di Dwight Yoakam; T For Texas di Jimmie Rodgers (inserito anche nel tributo al ‘singing brakeman’ uscito su Columbia) è ispiratissima, con tutti i sapori del Sud (country e blues principalmente) che si percepiscono in ogni nota.

Under The Covers è consigliatissimo perché, più che in altri dischi, si riescono ad apprezzare le molteplici sfaccettature della personalità di Dwight Yoakam e a godere delle più diverse sonorità.

Come On Christmas è invece essenzialmente per i fans, i collezionisti e gli appassionati delle canzoni natalizie ma riserva momenti piacevoli grazie ad alcuni brani nel più tipico ‘Yoakam sound’. Run Run Rudolph, Silver Bells (una ‘border Christmas song’ grazie a fisarmonica e fiati in stile mariachi), Santa Claus Is Back In Town (pubblicata qualche anno prima su 45 giri) con la presenza di Eddie Shaver alla chitarra elettrica e di un pregevole coro gospel, Away In A Manger più acustica e tradizionale e la presleyana Santa Can’t Stay sono le canzoni che si fanno ricordare con più piacere e risultano all’altezza della produzione media di Dwight Yoakam.

A Long Way Home (1998) ci riconsegna il Dwight Yoakam autore dopo ben tre anni dal precedente Gone e lo fa soddisfacendo pienamente i country fans grazie alla ritrovata vena e agli arrangiamenti cristallini.

Lo si capisce subito con la bellissima Same Fool in cui si incrociano mirabilmente steel guitar e chitarra acustica, subito seguita da una ‘cashiana’ The Curse nella più bella tradizione del ‘man in black’.

Da citare ancora per la bellezza delle melodie e la convinzione delle interpretazioni canzoni come I Wouldn’t Put It Past Me, il classico honky-tonk di These Arms, That’s Okay, Only Want You More (che rappresenta il lato rock di Yoakam sulle orme ancora una volta degli ispiratori Blasters), A Long Way Home, la mountain song Traveler’s Lantern con il banjo e la voce di Ralph Stanley.

A Long Way Home è un altro must per tutti coloro che vogliono conoscere una country music di grande, grandissima classe.

Last Chance For A Thousand Years è il divertente titolo della seconda raccolta antologica pubblicata dalla Warner/Reprise. Non si tratta di un doppione ma di un gustoso compendio di Just Looking For A Hit; infatti il disco si occupa della produzione degli anni novanta e chiude in bellezza un decennio di notevole qualità sonora.

La maggior parte dei brani sono tratti da If I Had A Way, This Time e Gone e rappesentano abbastanza bene quello che Dwight Yoakam ha proposto nel corso della decade appena trascorsa. Non mancano le canzoni inedite: Thinking About Leaving, pregnante ballata scritta a quattro mani con Rodney Crowell, I’ll Go Back To Her di Waylon Jennings e una trascinante rilettura di Crazy Little Thing Called Love (firmata da Freddy Mercury!!!) con un sapido piglio rock’n’roll, sono canzoni di buona levatura. Il 2000 è un anno di particolare ispirazione per Dwight Yoakam.

Reduce da un lungo tour per tutti gli States in cui i fans apprezzano in maniera calorosa i suoi intermezzi acustici, Dwight decide di muoversi in quella direzione, incidendo i suoi brani più amati in veste scarna e ‘unplugged’.

Il risultato è di grande fascino. Dwightyoakamacoustic.net rappresenta l’apice di un artista che rivisita stilisticamente i grandi che hanno scritto la storia della American Music. Questo è un album che esalta le straordinarie doti vocali di Dwight Yoakam e il suo robusto stile chitarristico, dando vita ad un insieme di rara intensità emotiva.

Il binomio chitarra/voce che regge l’intero disco non limita assolutamente la fruibilità del prodotto e non risulta per niente noioso. Ben venticinque (!) sono le canzoni inserite in questo album che coprono l’intero arco della carriera di Dwight Yoakam, dall’esordio (su tutte Bury Me e Guitars, Cadillacs in una sorprendente versione acappella) al suo più recente A Long Way Home (con l’eccellente title-track), passando attraverso i momenti topici della sua discografia, da Little Sister a A Thousand Miles From Nowhere a The Distance Between You And Me. A distanza di pochi mesi Dwight Yoakam si ripropone con un disco di nuove canzoni, Tomorrow’s Sounds Today, un album in cui ancora una volta è protagonista la sua schietta e brillante country music.

Oltre alla consueta band che lo asseconda sempre in maniera pregevole, Dwight è supportato da una serie di ospiti di grande attrattiva, a partire dal suo mentore Buck Owens presente sia a livello vocale sia a livello compositivo (le eccellenti The Sad Side Of Town e I Was There). Chris Hillman (mandolino), Flaco Jimenez (accordion) e Jim Lauderdale (harmony vocals) nobilitano con il loro contributo un disco già di per se solido e compatto.

Il songwriting di Dwight Yoakam è qui ai massimi livelli e brani come Love Caught Up To Me, What Do You Know About Love, Time Spent Missing You, Free To Go (una vera e propria ‘killer selection’ iniziale), A Place To Cry (che musicalmente è un mix di Roy Orbison e del Jerry Lee Lewis più country), The Heartaches Are Free e Alright, I’m Wrong sono momenti di ottima country music.

Da citare ancora la brillante ed originale cover di I Want You To Want Me, noto rock hit degli anni settanta per i Cheap Trick che qui diventa un country rock in perfetta sintonia con il repertorio di Dwight.

In questa retrospettiva non abbiamo ancora citato l’attrazione e il fascino che ha sempre esercitato il mondo del cinema su Dwight Yoakam. Sono state tantissime le sue apparizioni che in questi anni si sono succedute nelle più svariate pellicole, da partecipazioni poco più che marginali a ruoli più impegnativi. Citando a memoria si possono ricordare Red Rock West e Panic Room.

Dwight Yoakam si è anche cimentato nella regia di un western la cui gestazione è stata particolarmente travagliata, South Of Heaven, West Of Hell (uscito nel 2001) di cui ha anche curato la colonna sonora. Un disco che si pone come progetto con una precisa connotazione e che non si può paragonare al resto della sua discografia anche se rimane interessante e con parecchi momenti di valore.

Come già citato all’inizio l’ultimo prodotto in ordine di uscita è il cofanetto composto da quattro cd intitolato Reprise Baby Please che costituisce, vista l’ampiezza della proposta, il più completo e approfondito sguardo sulla carriera di Dwight Yoakam, diventando al tempo stesso l’ideale approccio per coloro che ancora non conoscono il musicista di Pikeville, Kentucky.

Per i fans non mancano i motivi di interesse, tutti concentrati sul quarto cd del boxed set, a partire dalle primissime sessions incise nel 1981, fino ai tanti classici della country music che confermano il suo grandissimo amore per la tradizione. Vengono riletti personaggi del calibro di George Jones (The Grand Tour), Don Gibson (Oh Lonesome Me), Merle Haggard (Today I Started Loving You Again), Bill Monroe (Can’t You Hear Me Calling) e Hank Williams Sr. (My Bucket’s Got A Hole In It) in una selezione eccellente.

Ci sono poi brani nuovi (tre), duetti più o meno recenti e tutta la sua grande musicalità.

Tutti gli ingredienti che hanno contribuito a creare uno dei grandi dell’attuale country music, un personaggio che si è meritato un posto di primissimo piano nella storia della musica che amiamo.

Discografia:
Guitars, Cadillacs, Etc., Etc. (Reprise, 1986)
Hillbilly Deluxe (Reprise, 1987)
Buenas Noches From A Lonely Room (Reprise, 1988)
Just Looking For A Hit (Reprise, 1989)
If There Was A Way (Reprise, 1990)
La Croix D’Amour (WEA/Reprise, 1992)
This Time (Reprise, 1993)
Dwight Live (Reprise, 1995)
Gone (Reprise, 1995)
Under The Covers (Reprise, 1997)
Come On Christmas (Reprise, 1997)
A Long Way Home (Reprise, 1998)
Last Chance For A Thousand Years (Reprise, 1999)
Dwightyoakamacoustic.net (Reprise, 2000)
Tomorrow’s Sounds Today (Reprise, 2000)
South Of Heaven, West Of Hell (OST/Reprise, 2001)
Reprise Baby Please (4cd) (Reprise, 2002)

Principali apparizioni (non in ordine cronologico)
Down Where The River Bends e Miner’s Prayer (Ralph Stanley Saturday Night & Sunday Morning)
I Just Got Wise e The Darkest Hour Is Just Before Dawn (Ralph Stanley Clinch Mountain Country)
Truckin’
(V/A Deadicated – Tribute to Grateful Dead)
T For Texas
(V/A The Songs Of Jimmie Rodgers – A Tribute)
Mystery Train
(acoustic version) (V/A Great Moments Of Vynil History)
Rapid City, South Dakota (V/A Pearls In The Snow – The Songs Of Kinky Friedman)
New San Antone Rose (V/A RideWith Bob – A Tribute To Bob Wills & Texas Playboys)
Holding Things Together (V/A Tulare Dust – A Songwriters’ Tribute To Merle Haggard)
I’m Bad, I’m Nationwide (V/A Sharp Dressed MenA Tribute to ZZ Top)
Understand Your Man (V/A Kindred Spirits – A Tribute To The Songs Of Johnny Cash)

Remo Ricaldone, fonte Country Store n. 70, 2003

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