She Lyin’ è il secondo volume della serie Blues Vault (in tutto sono tre, almeno per ora) è dedicato alle registrazioni effettuate da Skip James nel 1964 negli studi dell’Adelphi; uno dei produttori è John Fahey.
In quell’anno, il grande bluesman del Mississippi è appena stato riscoperto, dopo decenni di anonimato trascorsi a lavorare nei campi (di giorno) e a suonare attorno al fuoco (la sera), un lungo periodo di tempo durante il quale fa in tempo ad avvicinarsi progressivamente alla fede religiosa, una fede mediata dalle credenze e dalle leggende che da quelle parti si son sempre sviluppate ed intersecate con gran naturalezza, ove sacro e profano hanno spesso trovato un punto d’incontro.
Rispetto alla ruvidità e all’asprezza dei colleghi conterranei, Skip James s’è sempre distinto per una raffinatezza inusuale, il suo arpeggio chitarristico non è mai furioso e a scatti come quello di un Johnson o un Patton; la voce, poi, sempre stazionata su un falsetto garbato e poco granuloso, ha un ruolo molto vicino a quello di un violino. A volte, però, l’estetica musicale di James possiede una semplicità ed una fluidità soltanto apparenti: provate ad ascoltare Catfish, una delle performance più memorabili dell’allora sessantenne bluesman, caratterizzata da continui cambi di tempo, da inusuali spostamenti armonici rispetto alla tonalità di base, da imprevedibili start e stop.
Un altro capolavoro è I’m So Glad, recuperata anche dai Cream oltre cinque lustri fa; qui, Skip, si cimenta in una prestazione vocale da antologia, passando da un elegante e acuto falsetto ad un canto grezzo, quasi sgarbato. Eppoi, ancora, gli arcaici-lenti-intensi Delta blues Cypress Grove Blues e She Lyin’, la ballad’n’gospel Black Gal, la minacciosa e diabolica Devil Got My Woman. Inedito ed indispensabile.
Edsel EDCD 379 (Country Blues, 1993)
Enzo Pavoni, fonte Out Of Time n. 3, 1994