Genghis Angus – (12 Days) cover album

Da Wateford, Virginia, una progressive roots band e sonorità ‘down on the farm’ fresche ed accattivanti. Un trio che porta nel proprio guitar-rock sound il trasparente amore per il blues ed il jazz ma, soprattutto, quello per le proprie matrici rurali. Country, folk e bluegrass fanno parte di un patrimonio culturale perfettamente assimilato e modernizzato nella semplice ed accattivante formula espressiva. Grandi passi sono stati fatti dall’esordio con Echo Park (’95) e dal mini acustico (’97). La band lascia trasparire influenze nobili, Hiatt, Thompson, McMurtry, la Carpenter, tutto il grande rock californiano (i primi Eagles e C.S.N. & Y. su tutti) e, poteva mancare, quella delle roots-bands elettro-acustiche contemporanee (Wilco, Son Volt, Jayhawks), ma lo scripting Allen Kittelsman è molto personale.

Il cantante-chitarrista, ed autore dello straordinario repertorio del gruppo, forma con Jim Ball, batteria, e Gary Smallwood, seconda voce, basso e chitarre, una formazione molto collaudata e amalgamata. Egli ha preso in mano le redini musicali del gruppo, ora un quartetto con due chitarre, e ha focalizzato tutto il Genghis Angus sound attorno alle sue capacità cantautorali.
La sua musica prende ispirazione in ugual misura da un r&r diretto, dal folk e dal country. Una miscela semplice che mostra tutta l’onestà, l’economia, dell’uso di parole (tutto preso dalla vita vissuta, dalle emozioni comuni del quotidiano) con melodie che catturano e lasciano il segno. L’impasto tra la vita reale e la musica ‘reale’ è tra i più riusciti e può attrarre un pubblico di più generazioni. Il segreto di un rock semplice, naturale, ha un doppio vantaggio: spesso è tanto lapalissiano che si stenta a trovarlo o vederlo. Così può assumere una dimensione ancor più importante, come gli splendidi 12 brani di (12 days).

Adrenachrome 41234 (Roots Rock, 1998)

Franco Ratti, fonte Out Of Time n. 29, 1998

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