Dixie Chicks – Home cover album

Non c’è due senza tre, recita un vecchio adagio. Ma le ‘pollastrelle del sud’ mica sono tipe da stare alle regole. E così, alla faccia di quelli che le hanno sempre snobbate ritenendole ‘troppo commerciali’, sfornano un disco quasi acustico,  Home, prodotto dalla sapiente mano di Lloyd Maines (casualmente, papà di Natalie, formidabile lead vocalist del gruppo). Disco che (almeno in parte) si stacca dal cliché new country (ma con molte roots) che aveva contraddistinto i successi milionari di Wide Open Spaces e del successivo Fly.

La differenza, in realtà, è più estetica che di contenuti. Prendiamo la trascinante traccia d’apertura (Long Time Gone): melodia, ‘sincopations’ e struttura ritmico/armonica sono quelle del classico Dixie Chicks sound. La differenza, in questo caso, sta nella strumentazione che è pressoché interamente acustica. Il resto (ascoltate bene) non cambia molto.

Musicalmente, su tutto (e come sempre) ci sono le tre voci incredibilmente armonizzate delle Chicks: la loro abilità nel rendere coinvolgente anche una ballata con due accordi è, in questo senso, davvero sbalorditiva. Specie se poi, come nel caso di Home, di ballate o, più in generale, di brani belli ce ne sono parecchi. Alcuni a firma di compositori di nuovo folk. Come l’ottimo Darrell Scott, autore della già citata Long Time Gone, o la bravissima Patty Griffin (la sua Truth No.2 arrangiata in stile newgrass risorge a nuova vita e diventa uno dei pezzi più belli del disco).

Sempre della Griffin è la più delicata Top Of The World in chiusura dell’album. Prima, da apprezzare More Love (ispiratissima composizione di Tim O’Brien) e le scoppiettanti Tortured, Tangled Hearts nonché la strumentale Lil’ Jack Slade (in cui le ‘pollastrelle’ ricordano a tutti che sanno suonare…) che fanno venire alla mente i migliori arrangiamenti dei New Grass Revival. L’unica concessione pop coincide con il momento meno felice di un album quasi perfetto: la cover di Landslide (Stevie Nicks) è piuttosto anonima. Meglio il bluegrass sfrenato di White Trash Wedding, trascinante come nella migliore tradizione.

Monument Sony 86840 (Bluegrass Progressivo, Country Pop, New Traditionalists, 2002)

Ezio Guaitamacchi, fonte JAM n. 88, 2002

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