Recentemente la Flying Fish ha messo in circolazione l’ultimo disco di Doc & Merle Watson – Guitar Album (FF-301) – colmando, a detta del produttore Mitch Greenhill, della stessa etichetta e di molti critici, una lacuna che padre e figlio, chitarristi, si portavano dietro praticamente dall’inizio della loro carriera.
Senza nulla togliere e nulla aggiungere alle capacità tecniche ed espressive dei due, l’album è quanto di più tedioso, scontato ed in alcuni punti irritante le nostre orecchie abbiano sopportato negli ultimi tempi: brani proposti per la, se ricordo bene, venticinquemilatrecentoduesima volta; di nuovo l’incubo del fottutissimo basso elettrico di T. Michael Coleman (al quale vanno ringraziamenti ed elogi a profusione nelle note di copertina!); percussioni varie che, paradossalmente, sono perfino in grado di annullare il tenue ritmo e la scarsa vivacità delle esecuzioni. L’unica nota positiva se la prende il pimpante violino di Mark O’ Connor che si prodiga all’esaurimento per alleggerire l’ossessionante cappa di monotonia presente dal primo all’ultimo motivo.
In tutto e per tutto sulla linea del mediocre nashvilliano Reflections, dell’allucinante Red Rocking Chair e, per rispolverare un falso mito, del vetusto inconsistente Strictly Instrumental con Lester Flatt ed Earl Scruggs, il disco non merita più di tanto su queste pagine ed esclusivamente grazie al rispetto che il sottoscritto ha sempre portato verso un artista unico nel suo genere.
Il resto del discorso lo deleghiamo ad altre testate, nostrane e non, disposte, bontà loro, a sprecare carta ed inchiostro su un argomento per noi definitivamente chiuso.
Per non lasciare gli appassionati con il classico amaro in bocca, segnalo un’eccellente alternativa. L’etichetta giapponese King, precorrendo di qualche anno i tempi e – credo proprio – interpretando il desiderio degli innumerevoli fans del chitarrista della North Carolina, se n’è uscita nel 1979 con un LP intitolato Hot Guitar, finalmente reperibile anche in Italia nei negozi d’importazione superspecializzati ad un prezzo non proibitivo.
Hot Guitar contiene, in ordine rigorosamente cronologico, 16 strumentali risalenti a tutto il periodo Vanguard (1963-1971), compresi parecchi brani ‘live’ eseguiti nel corso di due edizioni del Newport Folk Festival ed altri tratti dall’impareggiabile doppio On Stage.
Nonostante la totalità del materiale sia edita e per la più parte ancora a disposizione dei ritardatari sui dischi originali, il trovarsi di fronte in un’unica soluzione circa 40 minuti di pura chitarra acustica, tradizionale e/o pseudo-tradizionale, suonata in flat-picking, finger-picking e Travis-style da un grande dello strumento con nessun predecessore del pari livello e con ben pochi eredi al presente, non può che turbare la nostra abituale calma e far rimpiangere, alla luce degli ultimi risultati, delle nuove tendenze e delle intime, sempre più frequenti, compagnie, i bei tempi andati.
Il disco risulta certamente indispensabile per chi di Doc Watson non ha nulla, per chi l’ha ascoltato di seconda o terza mano tramite interposta persona, per coloro che, durante ripetute crisi di nervi, hanno distrutto gli originali, per quelli infine che, cercando di carpire non solo la tecnica ma anche l’anima delle sue interpretazioni, hanno ridotto i solchi delle copie in loro possesso a qualcosa di assolutamente piatto.
King GXF-6028 (Country Acustico, Old Time Music, Piedmont Blues, 1979)
Pierangelo Valenti, fonte Hi, Folks! n. 5, 1984