Nata e cresciuta a Long Island, New York ma residente nella cittadina di Metuchen nel New Jersey, Sharon Goldman è una scrittrice, autrice di canzoni e cantante di origine ebraica che si è distinta per intelligenza e perspicacia contribuendo in maniera fattiva alla scena artistica della Grande Mela raccogliendo consensi nei festival musicali e nelle coffehouses della costa orientale.
Tre album all’attivo con quest’ultimo Kol Isha (A Woman’s Voice) a rappresentare l’incontro tra la cultura delle sue radici e il punto di vista contemporaneo di una giovane donna americana alle prese con sentimenti e problematiche dei nostri giorni. Delicatamente acustico negli arrangiamenti e arricchito dalla vena poetica e melodica di una dotata artista, Kol Isha si avvale della produzione a quattro mani della stessa Sharon e di Stephen Murphy, quasi sempre presente con il suo talento alle chitarre acustiche, elettriche e slide, mentre l’aspetto tecnico è curato dall’esperto bassista Mark Dann, veterano della scena newyorkese e presente in un paio di brani.
Le soffici percussioni di Cheryl Preshker colorano molti momenti e talvolta, assieme all’uso dell’ oud (strumento a corda della famiglia dei liuti tipico del medioriente, di origine araba) e della lingua ebraica, dà quel tocco di deliziosamente esotico a brani come Pillar Of Salt, ballata che evoca quelle terre arse dal sole e contraddistinte da una storia spesso tragica e drammatica, Jerusalem (Yerushalayim) e la splendida Kol Isha (A Woman’s Voice) dai tratti autobiografici in particolare. La limpida e affascinante The Tribe che apre il disco, le pianistiche Rose Of Sharon (firmata da Eliza Gilkyson) e Land Of Milk And Honey, The Bride con il contorno del violino di Laura Wolfe che ci culla con tutto il suo fascino mediorientale e ancora la pregevole Three Stars fanno da filo conduttore ad un lavoro meditato e strutturato in modo lineare e coinvolgente. Un’artista da conoscere.
Autoprodotto (Folk, Singer Songwriter, 2016)
Remo Ricaldone, fonte TLJ, 2017
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