Beaumont è una cittadina del Texas orientale famosa per essere stata, all’inizio del 900, la prima ‘boomtown’ del petrolio. Grazie alla sua invidiabile posizione geografica questa città si trova al crocevia di varie culture e scuole musicali. Se da una parte infatti è a pieno titolo una città del ‘Lone Star State’, quindi profondamente legata alla musica honky tonk e western swing, dall’altra il confine con la Louisiana è troppo vicino per non influenzare la locale scena musicale col ritmo travolgente del cajun.
Questo mix esplosivo di honky tonk, western swing e cajun col passare del tempo è diventato quasi il ‘marchio di fabbrica’ dei musicisti che provengono da questa zona del Texas. In questo clima così favorevole per chi ha sensibilità musicale, si sono sviluppati molti grandi talenti del passato (Ray Price, Johnny Lee, Billie Jo Spears) e alcuni dei più famosi new traditionals, quali Tracy Byrd, Clay Walker e in particolare Mark Chesnutt.
Nato il 6 Settembre 1963 in un sobborgo di Beaumont, Mark è diventato uno dei più famosi e apprezzati country singer dell’ultima generazione grazie a una impressionante serie di successi. Pur avendo cantato praticamente da sempre, è all’età di diciassette anni che Mark tenta di fare il grande salto nel professionismo incidendo per una etichetta di San Antonio, la Axbar Records. Il disco che raggruppa le sue prime canzoni, Doin’ My Country Things (AX 4148), ci mostra un giovane cantante dotato di una ottima voce ma alla ricerca di uno stile personale e di una propria identità artistica.
Ovviamente il disco, sia per l’incerta prova del protagonista che per lo scarso budget messo a disposizione dall’Axbar, vendette pochissime copie e convinse il giovane Mark che, per affinare la propria tecnica, bisognava fare ancora un po’ di gavetta.
Negli anni successivi vediamo infatti il nostro suonare con la sua band, chiamata Beaumont’s Cutter e di cui faceva parte anche Tracy Byrd, nei clubs del West-Texas e della Louisiana. Questa esperienza lo porterà ad imparare migliaia di canzoni country tanto da farsi affibbiare, per la prontezza con cui eseguiva i brani su richiesta del pubblico, il soprannome di ‘The Human Jukebox’.
Su consiglio del padre, che in passato aveva lavorato nel mondo della country music, Mark decide di fare un nuovo tentativo discografico quindi si rivolge alla Cherry Records di Houston e incide un demo dal titolo Too Cold At Home canzone scritta da Bobby Harden. Il pezzo è talmente buono che una major, la MCA Records, lo convoca per fargli firmare un contratto che prevede come prima operazione la reincisione del brano. Il singolo esce nel 1990 su etichetta MCA e si piazza molto bene in classifica.
Diventato professionista, Mark pubblica il suo primo album, ovviamente intitolato Too Cold At Home (MCA 10032), e si avvale della sponsorizzazione di George Jones che scrive le note introduttive riportate sulla copertina del CD. L’impatto sul mercato discografico fu enorme tanto che diventerà il ‘debut album’ più venduto della storia della MCA/Nashville. Fra i brani dell’album uno raggiunse la prima posizione (Brother Jukebox di Paul Craft) e due (Blame It On Texas e Your Love Is A Miracle) entrarono nella ‘top ten’. Inoltre vi è nel CD una delle più ispirate versioni di un classico di Garth Brooks, la bellissima Friends In Low Places.
In questo periodo arriva anche il primo importante riconoscimento, viene infatti concesso al nostro Mark l’onore di potersi esibire alla Grand Ole Opry.
Per conservare il successo appena ottenuto Chesnutt parte per un tour di oltre un anno attraverso gli Stati Uniti e il Canada. Nonostante questo impegno Mark trova il tempo per incidere il suo secondo album Longnecks And Short Stories (MCA 10851). Il compito di aprire il CD spetta alla bellissima Ol’ Country altro capolavoro uscito dalla penna di Bobby Harden. Lo stesso George Jones partecipa attivamente al progetto duettando con Chesnutt in Talking To Hank, ma i brani più riusciti e più apprezzati sono certamente It’s Not Over (If I’m Not Over You), Bubba Shot The Jukebox e Postpone The Pain dal suono molto cajun.
Nel 1993 esce il quarto album intitolato Almost Goodbye (MCA 10851). Quello che sbalordisce di questo CD è l’incredibile serie di ottime canzoni che lo compongono e che rendono, a mio giudizio, Almost Goodbye uno degli album più belli della storia della moderna country music.
Si parte con Sure It’s Monday dal ritmo travolgente, segue poi il classico hit di Don Gibson Woman Sensuous Woman eseguita con uno stile molto simile a quello di Johnny Bush perché, come dice lo stesso Mark: “If you’re from Texas, you’re naturally a big Johnny Bush fan”. ‘Million seller’ dell’album è l’arcinota Almost Goodbye classica ballata sull’amore perduto. Non può certamente mancare in un album di questo genere un riferimento preciso alla sua terra, il Texas, cosa che puntualmente avviene col brano Texas Is Bigger Than It Used To Be. Inutile sottolineare che Almost Goodbye raggiunge la testa delle charts per rimanervi per molte settimane.
Bisogna però aspettare quasi un anno per poter ascoltare un nuovo album di Mark Chesnutt, anche se nel frattempo il nostro ‘Human Juke-box’ partecipa al tributo a Keith Whitley incidendo una toccante versione di I Never Go Around Mirrors.
Verso la fine del 1994 Mark ritorna prepotentemente in testa alle classifiche con l’album What A Way To Live (MCA/Decca 1 1094). Il disco si presenta come un tentativo di ripercorre la storia della country music attraverso 10 tracce. Vi sono infatti brani con sonorità tipiche degli anni ’50 e ’60, brani che ripropongono il country sound degli anni ’70 (Rainy Day Woman cantata in coppia con Waylon Jennings e la title track scritta da Willie Nelson), e vi sono ovviamente grandi brani in stile ‘new traditional’. Collaborano all’album Tim Mensey e Gary Harrison, mentre lo stesso Mark partecipa come co-autore al brano Half Of Everything.
A metà del 1995 viene pubblicato il suo sesto albums intitolato Wings (Decca 11261), che contiene alcuni piccoli capolavori. Per esempio As The Honky Tonk Turns, oppure The King Of Broken Hearts (che ricorda molto la versione di George Strait) , lo shuffle blues Trouble e Settlin’ For What They Get dove il fiddle si fa apprezzare particolarmente. Il CD si rivela l’ennesimo successo grazie a una ricetta semplice ma efficace: grande honky tonk, con un pizzico di western swing e una spruzzata di cajun.
Ormai il numero di hits è tale che la Decca/MCA decide di pubblicare l’immancabile Greatest Hits (Decca/MCA 11529). L’album contiene dodici brani di cui due inediti, Let It Rain e la cajun upbeat It’s A Little To Late, che vedono Chesnutt cimentarsi nel ruolo di co-autore. I restanti dieci brani sono i classici del suo repertorio: Bubba Shot The Jukebox, I’ll Think Of Something, Brother Jukebox, Blame It On Texas, Too Cold At Home, Almost Goobye, Ol’ Country, Gonna Get A Life, It Sure Is Monday e Goin’ Through The Big D. Peccato solo che 12 brani siano davvero pochi per riassumere la carriera di un artista di questo calibro. L’inserimento di altri cinque o sei pezzi avrebbero reso il CD molto più appetibile e avrebbe anche fornito, a chi si avvicina a questo artista per la primavolta , una idea molto più completa di quella che è la sua arte.
A quasi un anno di distanza dal Greatest Hits esce Thank God For Believers sempre su etichetta Decca. Rispetto ai precedenti tre albums si nota una notevole riavvicinamento alle musica delle origini. Molto honky tonk, proposto col classico stile texano, recupero della grande tradizione western swing e notevoli canzoni mid-tempo che evocano immagini di strade assolate che attraversano immense distese ricoperte di mesquite, o fumosi locali dove ci si trova a bere una ‘Lone star beer’ ghiacciata, a fare una partita a biliardo mentre un colorato juke-box suona Waylon o Willie.
Difficile dire comunque quali siano stati gli artisti che hanno maggiormente influenzato la musica di Chesnutt. Sicuramente i più vicini al suo modo di cantare sono George Strait e George Jones, ma anche Hank Williams Jr, Lefty Frizzell, Merle Haggard e Johnny Bush hanno contribuito molto alla sua formazione musicale. Tra i nuovi ‘tradizionalisti’ quello che più si avvicina allo stile di Chesnutt è senza dubbio Alan Jackson. Col singer di Newnan, Ga, infatti vi sono molte affinità: entrambi hanno una voce fantastica, entrambi non hanno mai fatto troppe concessioni al pop o al rock e soprattutto entrambi credono fermamente nei valori tradizionali della propria terra. In fondo li apprezziamo anche per questo.
Discografia:
–Doing My Country Thing
–Too Cold At Home – 1990
-Longnecks And Short Stories – 1992
-Almost Goodbye – 1993
-What A Way To Live – 1994
-Wings – 1995
-Greatest Hits – 1996
-Thank God For Believers – 1997
Gianluca Sitta, fonte Country Store n. 43, 1998