Austin

In occasione dell’annuale manifestazione del ‘South by Southwest’, Austin, la capitale del Texas si è oltremodo arricchita di musica, confermandosi culla della cultura rock.

Austin dopo mezzanotte
L’intera città inizia a muoversi
Austin dopo mezzanotte
Vuoi non entrare nel ‘groviglio’?

12 Marzo
Mentre l’auto procede verso il centro della città ‘Radio Austin 107.1’ trasmette il concerto dato da John Hiatt & The Guilty Dogs giorni prima. Maledizione, cosa ci siamo persi!
Non si fa in tempo a lasciare i bagagli che già ci si accorge, leggendo sul quotidiano, che la serata si presenta elettrizzante. Purtroppo il concerto di Townes Van Zandt è ‘sold-out’ al Cactus Cafe. Iggy canta al Liberty Lunch. I Sundogs sono a La Zona Rosa.

Facciamo in tempo a correre al Continental Club perché abbiamo optato per i Loose Diamonds. La band è superiore rispetto a quanto il compact dello scorso anno ci ha fatto intendere. La formazione a quattro elementi è compatta. Troy Campbell, imbracciando l’acustica, si muove agevolmente sul palco coadiuvato dalla solista di Jud Newcomb e dal fratello Mike, flemmatico, al basso: Wake Up Baby, Advice… Hanno un eccellente repertorio che comprende anche covers come Shotgun Rider e Don’t Do It del duo Holland-Dozier cantata con rabbia da Jud ed eseguita in stile sincopato a la Band-Little Feat.

How Much I Lost viene impreziosita da un nuovo back-ground vocale, anche se purtroppo mancano le tastiere. Si aggrega a loro l’amico Michael Hall e si lanciano in Let’s Take Some Drugs And Drive Around: un appassionante velvet-drivin’- rock. Tra gli inediti una ballata dal probabile titolo In A New Location e Hopeless con una intensa interpretazione di Troy.
725, Shine The Light e All I Know sono vecchi cavalli di battaglia tratti dal repertorio Highwaymen. Downtown è più lunga e l’assolo di Jud in chiusura è sopraffino.
I ragazzi, simpatici e disponibili, stanno preparando un tour europeo e hanno in porto un nuovo cd.

Sai che me ne stavo a guardare il fiume laggiù
13 Marzo
La città, il giorno successivo, lentamente riprende a movimentarsi… La scelta per la serata cade su Walter Hyatt, che trovo statico, come se eseguisse i pezzi secondo canovaccio e, quindi, poco personale e innovativo.

E sentivo la chitarra di Steve Ray che iniziava a gemere
14 Marzo
Michael Landschoot ed Eric Blakely sono gli artisti su cui si accentra la nostra attenzione. Il primo più country e honky-tonk mentre il secondo più rockeggiante. Eric, inoltre, ha un nuovo look, con i capelli corti pettinati all’indietro sembra un ragazzino. I due si alternano nell’esecuzione delle songs: Chantel, First Night In Paris… Blakely sfoggia una vena solistica inaspettata. Durante il set in due tempi Eric e Mike eseguono pure Georgia On A Fast Train di Billy Joe Shaver, Down On The Farm, Grandmother Like A Tinroof, un omaggio a Parsons: Ooh Las Vegas e, in sintonia con la serata, Midnight Special.

Austin dopo mezzanotte
Il blues più profondo
che abbia mai conosciuto
15 Marzo
Da pochi giorni i negozi vendono il CD di Sarah Elizabeth Campbell. Ve la ricordate? Quella voce incredibile che esegue Ramblin ‘round e Hobo’s Lullabye su Pastures Of Plenty! E’ proprio simpatica, così come appare sulla foto è nella vita. Quale occasione migliore se non ascoltarla a La Zona Rosa? Inoltre si dice che vi saranno delle sorprese…

L’ambiente è rumoroso, sembra che Sarah canti solo per sé. Imperterrita, alterna composizioni proprie a quelle di T-Bone Burnett, di Bryant e altri. La Zona si affolla sempre più di personaggi: da Van Zandt a Hancock, da Fracasso a Ecklund, da LaFave a Livingston.
E’ solo quando Townes sale sul palco che l’ambiente si ‘ferma’ e, reverente, ascolta questo hobo passare da una lullaby ad una canzone piena di satira per concludere infine con Lost Highway di Hank Williams.

Incrociamo il simpaticissimo Fracasso che ci ricorda le origini ciociare – è della zona di Montecassino – mentre Jason Eklund sul palco canta da incazzato. Si avvicina a noi Townes Van Zandt, gli scoccia suonare se si accorge che qualcuno chiacchiera. E’ affaticato, un poco brillo e si lascia sfuggire che in aprile sarà in Irlanda a preparare la nuova uscita.

Austin dopo mezzanotte
Lascia che sia
quel ritmo del rock
16 Marzo
Inizia South By Southwest. Ritiriamo i pass e tutti i fogli informativi. Arrivano giovani da ogni dove, managers, talent-scouts, gestori di locali, articolisti di giornali studenteschi e musicali, appassionati di musica: un mondo multicolore che affolla incredibilmente la città. Vi sono musicisti che rappresentano i suoni di 19 nazioni provenienti da quattro continenti (per l’Italia Paolo Bonfanti, suona al Chicago House Up-stage il giorno 18).

E’ difficile scegliere cosa andare a vedere perché ad ogni ora e simultaneamente, ma in posti differenti, avvengono gli show-cases. Così si decide di selezionare gli artisti che più interessano cercando di rimanere in un locale e spostarsi il meno possibile.
Alle 15.45 ascoltiamo Jesse Taylor in compagnia di Ponty Bone e amici che danno vita a una ‘festa’ a base di stuzzichini, birra, blues – un po’ rozzo, senza troppi fronzoli, ma trascinante – e tex-mex polkas con Viva Seguir, I Wanna Be A Millionaire, lo scatenato Boogie Boogie Woman e Streets Of Baltimore.

La scelta del locale è stata dettata dalla presenza di Paul Metza, visto che il suo ultimo lavoro ha ben impressionato noi di Out of Time. Desideravamo incontrarlo avendo scoperto che oltre ad essere un poeta il nostro ha pubblicato un LP nel 1984, Paper Tigers (Raven Rec. RX-XO). Anche se non ha l’aria del musicista, con la chitarra in mano si infervora alquanto e con voce roca e dura sa attirare l’attenzione. Whistling Past The Graveyard, Jack Ruby, Slow Justice vengono sviscerate al meglio con rabbiosi passaggi di chitarra acustica.
L’appuntamento serale è al Palmer Auditorium per gli Austin Music Awards. I premi ai migliori quasi si sprecano. Dal club: Liberty Lunch, all’avvenimento: la statua di Stevie Ray, al negozio di dischi: Waterloo, allo spettacolo televisivo: Austin City Limits.

Tra i nostri favoriti vanno segnalati: Monte Warden (migliore canzone e cantante maschile); Jimmie Dale Gilmore (musicista dell’anno e folk-act); Tony Price (voce femminile e album dell’anno); Sue Foley Band (blues band); Malford Milligan’ Storyville (soul band); Alejandro Escovedo (songwriter); e così via.
Tutto viene intercalato da alcune performances. I’m A Rolling Stones In Texas canta Don Walser con The Pure Texas Band: country elementare ma essenziale a base di yodelyn, fiddle e steel guitar. L’anno scorso Don ha immesso sul mercato il primo CD, Texas Souvenir, dopo aver fatto circolare un mucchio di cassette.

Sale Kinky Friedman nell’ilarità generale: “…e se guidate stasera non dimenticatevi l’auto”. Premia la migliore artista tex-latino: Tish Hinojosa. E via con i Los Pinkys e il loro conjunto.
Riappaiono dopo anni nella formazione originale i True Believers: Hard Road, One Moment To Another, I Get Excited con un furioso Javier e The Rain Won’t Help You… con Jon Dee che “ingrana la quarta” con la sua lead mentre i due fratelli cantano il refrain.

Junior Brown assieme alla moglie Tanya Rae sono tra i più attesi. Junior (anch’egli tra i premiati) di country sembra abbia solo il cappello. Corre sulla sei corde alternandosi poi sulla ‘steel’ eseguendo Party Night con effetti hendrixiani spostandosi improvvisamente su note di musica classica, country e quanto altro, intermezzi e divagazioni che mandano tutti in visibilio.
E’ la volta di Jimmy LaFave. Si presenta in trio: Desperate Men Do Desperate Things, superlativa versione acustica. La nuovissima: The Open Road. Veramente unico!
Sopraggiunge l’elegante Angela Strehli e la Blues Revue, ossia Sarah Brown al basso, Derek O’Brien, Kaz Kazanoff…: To Be In Texas Town, The Sun Is Shining e una cover di rito: Having A Party.

Sale anche Lou Ann Barton e si prosegue: Do The Hip! Shake Baby, Shake. E’ uno spettacolo nello spettacolo. Si vedono quarantenni (e passa) con le proprie donne che si alzano e si mettono ad ondeggiare e a ballare. Viene annunciato: “Il più grande cantante del mondo: Roky Erickson! E’ con lui Charlie Sexton”. Starry Eyes… ma c’è qualcosa che non funziona. Roky, dopo il primo ritornello, inizia ad allontanarsi dal microfono, fa cenni di dissenso. Il brano viene concluso da Lou Ann. Roky è proprio messo male, ha paura della propria ombra e questo non può che far dispiacere a chi ha sempre ammirato la sua potenza evocativa e vocale.
Riflettori puntati anche sui Little Sister, di Dallas, che si sono costruiti qui una solida reputazione per le loro jam di funk, soul e rock.

Quando è la volta di Doug Sahm riusciamo ad ascoltare solo un brano e mezzo perché scappiamo inorriditi. Il suono è hard. Shawn, uno dei due figli, è talmente un maniacale protagonista che devasta le canzoni con il suo modo di usare la chitarra.
Anche se è passata mezzanotte decidiamo di fare una capatina al Continental. A conclusione della giornata ci aspettano gli Iguanas. Sudore, birre, i sax che ci danno dentro e i musicisti che spingono a ballare con i loro ritmi.

Austin dopo mezzanotte
Antiche lacrime
di un’anima messa in libertà
17 Marzo
All’inaugurazione ufficiale ci sono i Bad Livers. Inconfondibilmente bluegrass & roots, semplici e accattivanti. Fanno da open act a Cash. Quando Johnny Cash sale sul palco tutti si alzano per una lunga ovazione. Mi si è accapponata la pelle. Ha un fascino inspiegabile: un alone ‘mistico’ attorno a sé. Prima di eseguire ogni canzone (Delia’s Gone, Drive On,…) si sofferma a fare discorsi. Saranno anche ‘americanate’ ma, credetemi, colpiscono nel segno. Gli vengono consegnate le chiavi della città, conferita la cittadinanza onoraria e viene dichiarato il ‘Johnny Cash day’. Rimaniamo nel ‘palazzo’ perché vi avvengono gli show-cases, le conferenze e vi sono gli stands delle etichette indipendenti.

Il supergruppo dei Setters inizia alle 11.40 (di mattina!!!). Escovedo e Tom Freud alle chitarre, Hall al piano, Salas-Humara alle percussioni. Si alternano al canto nelle quattro esecuzioni ma è la conclusiva Roadrunner di Jonathan Richman che si segnala per la sua lenta cadenza, la voce discorsiva, gli assoli appena pronunciati.
Di primo pomeriggio costringo gli altri ad andare alla Waterloo. Ci sono i miei beniamini: The Picketts. Il loro set di fresco roots-country-rock-rockabilly è la presentazione del CD dell’anno scorso. Eseguono anche un brano del primo singolo: Should I Stay, Or Should I Go.
Alle 18 sulla Sesta Strada c’è il free show dei Maverick e di Rodney Crowell. I primi sono vitali come non mai, in alcuni momenti un po’ ‘in posa’, da attori. Il secondo è una star e fa un set senza sbavature, impeccabile.

Non possiamo stare fino alla fine. E’ il ‘Saint Patrick’s day’ e al City Coliseum, alle 20, c’è il party di Jimmie Dale. I primi sono i Tradgill Troubadour: acustici secondo la migliore tradizione con Waitin’ For The Train, un’indimenticabile Friend Of The Devil e, con Jimmie Dale Gilmore, Sitting On The Top Of The World.

Subito dopo, Jimmie al microfono: “Da Seattle, i miei amici: The Picketts”. Il silenzio generale viene rotto da due urla: del sottoscritto e di Terry Lee Hale (pregevole songwriter di cui è stato appena edito Frontier Model – Glitterhouse). Tutti si aspettano un gruppo ‘grunge’, invece, con poche note, la dolce voce di Christy McWilson e il solismo di John Olufs fanno sobbalzare i presenti. A riprova della loro validità e vitalità si unisce Dave Alvin per un country-rock’n’roll.
Viene ricordato l’Armadillo ed è la volta di Tracy Lamar con Santiago Jimenez. Successivamente Syd Straw con Gurf Morlix, ma la loro musica non è consona all’ambiente. Pure Bob Mould, solo, alla 12 corde, non convince.

E’ Michelle Shocked che rialza la temperatura. Imbracciando l’elettrica corre sul palco e si cambia registro: Prodigal Son. Chiama Joe Ely per Hold On, ancora rock stratosferico, tirato e sudato. L’acclamato Jimmie Dale riunisce i Flatlanders per Joly Bloom, Corpus Christy: puro Texas border sound. Stupiscono con uno strumentale, un traditional ‘fin de siècle’. Salgono due Texas Dames per Brand New Tennessee Waltz. Rimane Jimmie Dale con la sua band: Banks Of Colorado. In Dallas all’armonica c’è Ben Vaughn.
Altro brivido con What Kind Of Love: Rodney Crowell alla chitarra e Jimmie Dale alla voce. Tish Hinojosa canta Round The Rio Grande, Closer To Still, Esperame. E’ un via vai continuo.

Monte Warden con il suo stile Holly-60’s-Petty: Don’t Know A Thing, Every Night And Day, I Call You On The Phone (aka: Just To Hear Your Voice), The Only One. Sotto poi con il pimpante Bill Kirchen: Rockabilly Funeral.
Angela Strehli, Sarah Brown e band sprigionano blues a tutta forza. Gilmore ricorda che gli incassi verranno devoluti in beneficienza alla ‘Open Door School’. Canta il nuovo singolo in compagnia dei Mudhoney. Il palco si affolla incredibilmente per la conclusiva Rave On.
Altra corsa nella notte. Da Antone’s faccio in tempo ad ascoltare 3 o 4 brani degli Storyville. Il cantante, Malford Milligan, è proprio come raccontano: una forza della natura. In Bluest Eyes i musicisti danno l’anima, pure il pubblico sente la carica, l’anima’ del soul.

Degli Storyville non mi convincono alcuni passaggi funky, ma quando fanno r’n’b gli strumenti fanno surriscaldare l’ambiente: David Grissom e Steve Bruton alle chitarre!!! Via loro è la volta della band di Steve Bruton… rock e blues con Grissom insuperabile! Ceniamo dopo le 2 a La Zona Rosa mentre l’impareggiabile Michael Fracasso canta le proprie storie con entusiasmo e feeling non comuni.

Bene! I tuoi piedi iniziano a battere
Le ragazze cominciano a dondolarsi
18 Marzo
Sul palco c’è Howe Gelb e Rainer: sorta di ‘Giant Sand’ dissacratori e in vena di non far niente…
E’ la volta di Monte Warden, Lisa Mednick, Rosie Flores e Tex Thomas. Ognuno alle prese con una propria song in versione acustica. Blue Highway, Just To Hear Your Voice, With A Dollar In Your Hand, Bandera Highway con in più Lisa all’accordeon. Warden esegue pure Help From Jesus una gospel song in chiave rock’n’roll.
In prima serata Sam Phillips e, inaspettatamente, T-Bone Burnett. Il suono è ‘facile’, di routine. Ci dividiamo. Da Emo’s i Texas Instrumens riaffermano la vitalità del rock chitarristico che hanno saputo amalgamare con la carica del punk e dei Sixties. Indi, a La Zona Rosa, Phil Alvin invita Dave a salire.

Il set è rovente. Sul palco si sono riuniti i tre quarti dei Blasters!!! Non ci sono parole. Andiamo tutti fuori di testa!
A piedi al Liberty Lunch. Chuck Prophet ha messo su una bella band con una ragazza, seconda voce e accordeon, che rende il sound seducente: Step Right This Way, una interminabile 110° In The Shade, Heart Breaks Like The Dawn tra Dylan e Parsons…

Di ritorno a La Zona ascolto alcune esecuzioni dei Loved Ones. Sviscerano dei rhythm’n’blues incredibili questi moods della Bay Area. Subito dopo Dave Alvin con la propria band manda tutti in visibilio. E’ un’altra ‘sudata’ per tutti: Museum Of Heart, Longer Than I Thought… (se le avesse incise così!), King Of California, Fourth Of July,…
Non possiamo rimanere per il set di Rosalie Flores. All’interno del locale ci aspetta Jimmy La Fave che presenta il nuovo lavoro, oltre a vecchi brani e ad una superlativa Oklahoma Hills. Interpreta, in coppia con Christine Albert, Hickory Wind di Parsons. Christine ha una voce cristallina e se poi ci aggiungete il sentimento che ci mette Jimmy La Fave si raggiunge l’estasi… E’ quasi l’alba!

Austin dopo mezzanotte
Lascia che ti trasporti
19 Marzo
I Silos, di primo pomeriggio, sono alla Waterloo Records. Walter Salas Humara e soci fanno un’ottima impressione. Il violino di Mary Rowell rafforza il collaudato sound della band: The Sounds Next Door, Miles Away, Mary’s Gettin Married… A seguire i Setters: Tonight’s The Night (è migliore quella di Neil Young???), River Of Love, Road-runner in una versione più veloce rispetto a quella del giorno prima e una suggestiva I Wanna Be Your Dog con interventi e improvvisazioni dell’onnipresente Mary.

Flaco Jimenez è sulla Sesta e dopo di lui Radney Foster che non fa una buona impressione. Ascoltiamo solo un brano del micidiale Le Roy Parnell. Harvey Mandell apre il set serale da Antone’s. Ero convinto di trovarmi di fronte ad un artista seduto sugli allori. Mi sono ricreduto: è alquanto vivace e padrone della scena. David Halley non avrà una gran voce ma le sue songs sono pregnanti di passione e con la chitarra ci sa fare. Il set con la band è mille volte più vario rispetto a quello tenuto in Italia.

Mi rivedo i Loose Diamonds. Questi rockers si confermano una realtà della scena musicale: ‘The Austin’ drivin-rockin balladeers’. La loro versione di Shotgun Rider di Delbert McClinton è un capolavoro… Il Sir Douglas Quintet si è riformato: Doug Sahm, Doug Clifford, Augie Meyers & Co. con l’aggiunta dei figli e John Jorgenson.

Scappiamo di nuovo.
Preferiamo così vederci Mike Hall da Hole in the Wall. Questo songwriter ‘post-modern’ dimostra le sue notevoli doti. L’amico Ovidio, giunto nel locale prima di noi, ci esalta Ray Wylie Hubbard e la buona vena di Michael Fracasso. Ci trasferiamo a La Zona Rosa. L’altro amico, Sandro, va a risentirsi Halley mentre io preferisco andare all’altro lato del locale per il party ‘after hours’ con i Continental Drifters. Peter Hollsaple, Carlo Nuccio, Vicki Peterson (?) e soci si sono installati in Louisiana e fanno del rock’n’roots… Se poi pensate che a loro si unisce Rosalie Flores per Wild Thing, It’s All Over Now…, A Song For You, potete immaginare che cosa è successo nel locale…alle 5 del mattino!!!

Austin dopo mezzanotte
Ipnotizzati dal ritmo
20 Marzo
Ci dedichiamo alla città di Austin, ai dischi, ai regali di rito. Alla sera perdiamo Syd Straw, ma riascoltiamo Ben Harper a La Zona Rosa.
Dopo le 22.30 sale Alejandro Escovedo. E’ affidata a lui la chiusura del South By Southwest: al miglior songwriter, definito il ‘gioiello’ di Austin. E’ a capo di una band di 12 elementi composta da fiati, violini, viola, batterie che eseguono un brano più bello dell’altro. E’ la dimostrazione che Alejandro ha ormai creato delle sonorià tutte personali, al di fuori degli schemi usuali. La sua è una musica che evoca ‘visioni’, in grado di trasformare le note in ‘immagini’: Gravity & Fallin Down, Thirteen Years, I Wanna Be Your Dog, The Rain Won’t Help You… e nel bis: Hard Road, Pale Blue Eyes in duetto con Syd Straw, Sway degli Stones.

E’ tutto finito? Ci chiediamo cosa fare, visto che è passata l’1.30. Passiamo dal negozio di Butch Hancock da dove proviene della musica. Ci uniamo alla festicciola a cui partecipa lo stesso Butch, Syd Straw, Terry Clarke, Bob Neuwirth e amici: I Shall Be Released

Austin dopo mezzanotte
La musa misteriosa
nella calura del Texas
continua a calare e ‘coinvolge’ tutti
21 Marzo
Dovrebbe essere una giornata tranquilla ad Austin. Il primo appuntamento è con Jimmy LaFave che durante una simpatica intervista ci lascia esterefatti informandoci dei suoi due dischi realizzati nella natia Oklahoma, dei problemi avuti con la Tornato Records e del timore che questa pubblichi i vecchi nastri…
Raggiungiamo Alejandro Escovedo prima del sound-check pomeridiano. Conversiamo con lui: è molto pacato, si dimostra sensibile, legato alla famiglia e al fratello. Ci svela il significato delle canzoni, da cui traspare la sua personalità.

Di sera c’è la rientrée dei True Believers a La Zona Rosa, con open-act dei Doctor’s Mob. Alejandro afferma che sarà l’ultima e l’unica volta. Chissà? Ci auguriamo di no.
La Ryko ha installato delle videocamere ed un’attrezzatura da registrazione. Il gruppo, dopo qualche problema audio iniziale, ci dà dentro: Nobody’s Home, One Moment To Another, Train Round The Bend, Only A Dream, Ring The Bell, Hard Road, 20th Century Boy, Just Like Tom Thumb’s Blues, Highway To Hell.
Un set rovente con un serioso Alejandro sempre attento e misurato, Javier ‘ribelle’ rocker e Graham all’apparenza più professionale ma ‘heavy’ come tutti. E’ l’apoteosi del ritmo pulsante e delle chitarre che giostrano toccando con mano la vitalità del rock…

Lascia che la luna piena
getti un bagliore
Austin dopo mezzanotte
Santificherà la tua anima
(Jimmy LaFave)

Gianfranco Giudici, fonte Out Of Time n. 4, 1994

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