È sempre difficile accostarsi ad un nuovo prodotto discografico di un musicista ‘mito’, perché malgrado la necessaria obbiettività si rischia di essere in qualche modo benevoli giudicando così non il disco da recensire, ma l’attività più o meno lunga del musicista.
Il caso, questo in particolare, è poi ancora più difficile perché il disco da recensire è del signor B.B. King, personaggio che con la sua chitarra e la sua musica ha influito sul panorama musicale dagli anni sessanta in poi.
King Of The Blues: 1989 è un disco brutto e questo va detto subito, ma attenzione, questo giudizio non esce da una o più considerazioni nate dal ripetuto ascolto dell’album, nasce piuttosto dall’operazione messa in piedi da B.B. King o da chi per lui. Comunque questo LP esce a nome di B.B. King ed è con lui che bisogna fare i conti.
Siamo di fronte ad un blues senza identità, senza suono ed arrangiato in modo pretenzioso e ambiziosamente moderno. Si potrà obiettare che B.B. King ha sempre tentato di coniugare il suo blues con un suono che riuscisse ad essere legato o collegato ad un presente, per amore delle citazioni potremmo pensare a Indianola Mississipi Seeds, un album non certo meraviglioso dove però il chitarrista proponeva un blues preciso riconoscibile avvalendosi di un suono che molti puristi rifiutarono.
In questo King Of The Blues: 1989 invece nulla sembra funzionare nel senso giusto, la produzione poi è frammentaria; ci sono brani affidati alle cure di Jerry Williams, altri invece vedono la presenza di Al Kooper, comunque le note di copertina parlano chiaro e leggerle aiuta a capire come la nascita di questo ‘mostro’ sia stata lunga, complessa e malriuscita.
MCA 42183 (Blues, 1988)
Giuseppe Barbieri, fonte Chitarre n. 37, 1989
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