La compagine dei Bastard Sons Of Johnny Cash (la leggenda metropolitana vuole che i nostri abbiano ricevuto il nulla osta dal grande ‘Man In Black’ in persona all’uso del suo nome), originaria della California, nasce come combo estremamente elastico attorno alla figura carismatica di Mark Stuart, buon cantante e chitarrista oltre che prolifico compositore. Questo è oramai il terzo prodotto discografico a loro nome, anche se il primo ed omonimo CD (2001) è stato ristampato a distanza di pochi mesi, con il titolo trasformato misteriosamente in Walk Away e con l’aggiunta di due brani rispetto all’originale. L’anno seguente viene pubblicato poi Distance Between, dopo di che il gruppo si scioglie ufficialmente.
E’ di quest’anno il nuovo album e dobbiamo subito dire che si tratta di un ritorno tanto inatteso quanto benvenuto, in quanto il disco è davvero bello. L’apertura di chitarra, con corde di nylon, è foriera di atmosfere che profumano di border, la musica ed i testi sono fortemente evocativi di questo mix di culture diverse e l’iniziale Austin Night, è un perfetto connubio fra tex-mex (testo) e cal-tex (musica). Si citano Joe Ely, la sua Letter To Laredo e le notti di Austin nel ricordo del primo viaggio in Texas dei Bastard Sons originali per esibirsi in occasione dell’annuale Independence Day picnic organizzato da Willie Nelson il 4 di Luglio.
Greg Leisz, noto session man degli studios californiani, è presente alla pedal steel, mentre è Mike Turner che ci fa sognare con la sua acustica solista, il resto è tutto merito di Mark Stuart.
La seguente The Road To Bakersfield è un omaggio alla natia California ed al country della West Coast, con citazioni per i due santoni Buck Owens e Merle Haggard ed è resa musicalmente in forma di grintoso country-rock, sorretto impeccabilmente dalla sezione ritmica composta da Taras Prodaniuk (basso) e Dave Raven (batteria).
California Sky è deliziosamente country con il fiddle intrigante di Gabe Witcher ed il dobro elegante del solito Leisz ad aprire le danze.
Borderline Of The Heart ripercorre i sentieri del country-rock che aveva reso popolare il Golden State negli anni ’70 ed il fascino che il territorio oltre confine, riesce ad esercitare su di un ragazzo cresciuto a San Diego traspare in tutta la sua magia.
King Of The World, per definizione dello stesso Mark Stuart, rappresenta un cross-over fra i Traveling Wilburys, Steve Earle ed i Jayhawks: il brano è comunque estremamente gradevole ed immediato, con un bell’uso abbondante di chitarre acustiche ed elettriche.
Radio Girl suona come la colonna sonora di un film stile ‘on the road’: la ragazza messicana conosciuta in un bar di Tucson, i discorsi di dove la gente stia andando e di come nessuno lo sappia davvero e le riflessioni personali di un musicista in transito. E’ un brano introspettivo e forse notturno, almeno nella sua concezione originaria, ma non per questo meno fruibile ed apprezzabile.
Night Comes Down risente di influenze vagamente Springsteeniane e – meno vagamente – Earliane, ma la pedal steel ci riporta immediatamente in California con un grande uso di harmony vocals. No Easy Road è una nervosa country song in chiave attuale ed incalzante, ispirata dal classico di Billy Joe Shaver Georgia On A Fast Train, Lonely Tonight ci riporta ai fasti del classico Bakersfield Sound, con la baritone guitar in mano al magico Mike Turner.
Mark Stuart canta particolarmente bene e la steel guitar di Greg Leisz cuce la sua trama delicata e struggente: uno dei momenti più alti di tutto l’album e frutto di una notte di eccessi alcolici della citazione di una frase accreditata allo stesso Johnny Cash: “Tutto va preso con moderazione, anche gli eccessi”.
Under Your Spell resta un episodio introspettivo e molto personale con più di un riferimento al suono di A Thousand Miles From Nowhere di Dwight Yoakam.
Restless Heart si rituffa in atmosfere country-rock con ottimi risultati, quasi come se il Boss rifacesse il verso alla California anni ’70, per concludere con The Pride Of Abilene (stessi riferimenti), struggente ballata acustica pervasa da una sottile disperazione, risultato del tentativo, da parte di Mark, di scrivere la canzone più semplice e più bella che gli riuscisse di comporre, con una resa decisamente superiore alla media, grazie al sobrio suono del dobro di Leisz ed al valido contributo di fiddle di Witcher, senza trascurare l’imprescindibile apporto del solito Mike Turner – chitarrista extraordinaire – all’acustica.
Mile Markers dei Bastard Sons Of Johnny Cash è un signor disco e vale la pena di darsi da fare per annoverarlo fra i vostri preferiti di questo finale di 2005.
Texicali 449686-2 (Traditional Country, Country Rock, 2005)
Dino Della Casa, fonte TLJ, 2005