Billy Don Burns - Heroes, Friends & Other Troubled Souls cover album

Siamo riusciti a risalire fino al 1982 nel tentativo di tracciare la carriera solista di Billy Don Burns e precisamente all’epoca del suo Ramblin’ Gypsy, sforzo discografico su vinile, prodotto da Porter Wagoner ed accreditato all’etichetta Gypsy Woman Records. Semmai è esistito un iconoclasta, outlaw e grande cantautore, individualista e dissacratore fino al midollo, questo è il signor Billy Don Burns. Il mondo discografico ne riscopre le tracce solo nel 1996, quando esce Long Lost Highway, al quale fa seguito l’altrettanto interessante Disperate Men (1996), accreditato a Billy Don in coppia con il grande Hank Cochran.
Altri cinque anni di oblio per arrivare a Train Called Lonesome (2001) e finalmente il presente con questo Heroes, Friends & Other Troubled Souls, prodotto interessante sotto vari punti di vista. Tanto per cominciare, si sono scomodati fior di nomi per affiancare Billy Don in questo disco: Tanya Tucker (duetta in Mississippi), Hank Cochran (è presente in Patsy) e nientepopodimeno (si scrive così?) che Willie Nelson (duetta in Patsy e suona la gut-string guitar in Sailin’ Down The Nile), ma andiamo con ordine.

Si parte con la sonnacchiosa Mississippi e si comincia a parlare di motociclette Harley Davidson, di lunghe corse sul confine fra Texas ed Oklahoma e via luoghi comuni sul genere. I Was There è una ballata autobiografica, giocata sul mandolino e sul fiddle, che racconta le emozioni di Billy Don quando gli capitò di dividere la scena con Ernest Tubb ed i suoi Texas Troubadors (anche se il vocalizzo che si percepisce distintamente è immediatamente riconducibile alla figura di Bob Wills…).
Ad un primo sguardo una canzone intitolata Haggard & Hank non può che passare come un tributo a due dei nomi fondamentali della country music, se non fosse che il brano in questione, originariamente compreso nel CD del 1996, era intitolato – per esteso – Haggard & Merle (Are Both A Son Of A Bitch), in quanto l’autore incolpa questi due grandi artisti country, annoverati fra i suoi vati ispiratori, della piega che ha preso la sua vita, disseminata di dissolutezze, alcool, eccessi vari e tre matrimoni falliti; a questo proposito è da citare il caustico verso conclusivo: “…I wish my heroes played football instead…”.

Dark Side Of The Spoon è una ballata acustica e rarefatta, con un banjo disperso in lontananza ed una stringata chitarra che cerca di rincorrere un fiddle fantasma ed un mandolino che ammicca saltuariamente.
No Man’s Land è più propriamente country, di quel country discorsivo e colloquiale, piuttosto che raffinata interpretazione vocale, Sailin’ Down The Nile è ancora autobiografica ed abbellita dai fraseggi acustici di Willie Nelson (anche se non vi è traccia nei credits) e della sua vetusta gut-string guitar di nome Trigger.
Patsy è il brano-cardine della raccolta: oltre ad annoverare due vocalists come Hank Cochran e Willie al suo interno, rappresenta il sincero ed affettuoso tributo a Patsy Cline da parte di un personaggio che, al momento in cui la di lei carriera era all’apice (agli inizi degli anni ’60 portò al successo commerciale il brano Crazy – di Willie Nelson – quando Willie ancora faticava a mettere insieme il pranzo con la cena) non era che un ragazzino.

Ciliegina sulla torta: Willie suona la sua chitarra in modo incredibile; peccato che il brano finisca in modo tanto brusco da sembrare troncato di netto… Il brano che è stato scelto quale singolo ‘apripista’ del CD è Keith Whitley Blue, un altro tributo, questa volta dedicato a Keith Whitley, un’altra country-star, morta nel sonno e presumibilmente vittima di un rigurgito notturno a seguito dell’ennesima sbronza. Ci sono altri sei brani nel disco, fra i quali la remake di Give My Love To Rose, classico di Johnny Cash, ma ve li lascio come sorpresa.

Indiemafia 79880 (Traditional Country, Singer Songwriter, 2004)

Dino Della Casa, fonte Country Store n. 73, 2004

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