E’ solo da pochi anni che la musica della Louisiana ha lasciato il ghetto della marginalità e ha cominciato ad entrare in un circuito d’ascolto più vasto. All’interno del contesto culturale che ha nell’ultimo decennio caratterizzato il puntiglioso recupero della tradizione in ogni sua espressione, anche questa musica ha trovato il modo di venire riesumata e di essere riproposta con notevole interesse filologico e altrettanta dignità.
In verità le case discografiche si sono finalmente decise a ristampare parte del vastissimo patrimonio popolare di quel paese che fino a poco tempo fa avevano ritenuto di scarso interesse commerciale e hanno così permesso di allargare l’attenzione a riguardo e di coinvolgere un sempre maggiore numero di appassionati di folklore.
La musica della Louisiana ha delle radici storiche estremamente interessanti e vede concorrere alla sua formazione almeno due culture con tradizioni assai diverse tra di loro.
Oltre alla chiara influenza ‘nera’ rappresentata, fin dalle prime deportazioni schiaviste, dal blues e dalle sue forme ancestrali, contribuisce fortemente anche quella Cajun (dialettizzazione locale del termine Acadian) che è una versione del 17°-18° secolo del francese rurale, ancora parlato come dialetto nella maggior parte delle regioni del Canada Francese.
Questa ultima influenza proviene da quella popolazione approdata nel continente americano in seguito al primo sbarco di Jaques Cartier verso la metà del sedicesimo secolo e stabilitasi in una zona geografica detta Acadia, ora nota come Nuova Scozia.
Questi colonizzatori provenienti per la maggior parte dalle regioni nordiche francesi e più precisamente dalla Normandia, Bretagna e Piccardia erano essenzialmente contadini e pescatori in cerca di fortuna nel nuovo mondo.
Dopo una breve tranquilla permanenza, nel 18° secolo, in seguito alla cosiddetta guerra della Regina Anna, l’Acadia passò sotto il controllo inglese e i Cajun, a causa del loro rifiuto di combattere contro la madre patria furono cacciati dalle loro terre e costretti a riparare in gran parte, dopo lungo peregrinare, nella Bajou Country in Louisiana, allora sotto il controllo francese.
L’incontro della cultura degli Acadians con quella nera del posto sviluppò oltre al ‘reitti‘ anche notevoli affinità musicali. Ma anche se il dialetto Cajun dei francesi e la lingua Negro-Creola divennero presto comprensibili tra di loro, questo non permise una fusione completa tra le due espressioni popolari. Fece però in modo che le loro musiche si potessero evolvere separatamente traendo una reciproca influenza.
Quello che generalmente viene indicato come ‘Blues Della Louisiana’ è in realtà un termine che dovrebbe meglio essere specificato. Molto spesso il blues e il cajun assumono il significato di sinonimo senza tenere conto dell’importante differenza etnica che ha portato all’elaborazione dei due stili.
Il Cajun infatti è da considerarsi una musica sviluppatasi in Louisiana dai provenienti dalla Nuova Scozia con influenze locali soprattutto blues, mentre ciò a cui diedero luogo i negri francesi con influenze cajun è noto con il termine di Zydeco.
L’influenza Cajun sul blues nero della Louisiana lo si può soprattutto riscontrare nei testi, meno malinconici e raramente interpreti delle angoscie dell’autore. Essi tendono spesso ad uno sfondo romantico, ad essere gioiosi, ad esaltare l’aspetto ludico e umoristico delle situazioni.
Gli interpreti di questo genere di musica erano di solito riuniti in gruppi che si esprimevano con chitarra, accordeon, violino e canto e tranne rari casi, non divennero mai famosi.
Bisogna aspettare gli anni venti di questo secolo, il periodo in cui si sviluppa l’industria discografica, per avere un minimo di diffusione (per altro locale) e di notorietà di questa musica.
Tra gli interpreti relativamente recenti è facile citare i nomi degli Hackberry Ramblers, Thibodeaux Boys, Joseph Falcon, Leo Soileau, Balfa Bros., Savoy, Menard.
Non è raro inoltre ascoltare singoli cantanti che a volte eseguono addirittura brani senza accompagnamento musicale, anzi parecchie sono le registrazioni fatte sul campo che confermano questa ultima tendenza.
Non stupisce neppure, vista la matrice originale, che la musica Cajun si avvalga di strumenti tipicamente europei come il triangolo e la fisarmonica che primeggia con il suo suono rozzo tra gli altri esaltando il canto che accompagna.
Il ritmo tenuto, a ribadire l’influenza del vecchio continente, è spesso a tempo di valzer e ci riporta alla musica delle più genuine feste da ballo popolari.
Il Cajun, forse perché lingua francese in un contesto americano, ha finito con l’estraniarsi da tutto ciò che lo circondava ed è andato a costituire quasi una deriva musicale.
La musica delle regioni confinanti infatti, soprattutto quelle del Mississippi, nel corso degli anni ha subito un’evoluzione in quanto i suoi interpreti, da country bluesmen conseguentemente ad un processo di urbanizzazione, si sono trovati ad affrontare un tipo di vita più nevrotizzante, con dei problemi diversi da quelli precedenti, che avrebbero dato origine alla musica di Chicago e cioè al blues urbano.
Nella Louisiana, a parte la città di New Orleans, che rappresenta un caso particolare, in cui hanno probabilmente avuto origine buona parte delle espressioni tradizionali dove c’entri in qualche modo la cultura africana, tutto ciò non è avvenuto e ancora oggi nonostante lo stile si sia elettrificato è molto facile riconoscere nei vari pezzi blues e cajun una chiara matrice country.
La mentalità conservatrice, tipica del resto di molti Stati del sud ha probabilmente contribuito a stereotipare questo genere di musica.
Come al solito quando la tradizione popolare viene riproposta immutata nel tempo presenta da una parte la significativa possibilità di studio di quella cultura, ma dall’altra rischia di ritrovarsi a perseguire un ruolo fine a se stesso, di non rappresentare più un termine di confronto e di critica con l’evolversi di un nuovo contesto sociale.
Ma ciò è però molto meno vero per lo Zydeco che è patrimonio di una comunità comunque più vivace e più disposta a mettere in discussione eventuali elaborazioni. Forse a causa del carattere più estroverso del nero e sicuramente per una minore identificazione culturale, in qualche modo in parte sempre acquistata, lo Zydeco è riuscito ad uscire dallo stretto contesto geografico della Bajou Country e ha trovato modo di farsi apprezzare, grazie alle tournée dei musicisti, anche al di fuori del continente americano.
Lo Zydeco deve il suo nome ad una storpiatura del termine francese ‘Haricot’ (fagiolo). Il brano Les Haricots Sont Pas Salè sta infatti secondo alcune versioni alla base del neologismo e rappresenta uno dei primi motivi per solo accordeon che sia mai stato eseguito su disco.
Gli strumenti dello Zydeco, che gli Acadians chiamano anche ‘La La Music’, cambiano leggermente rispetto al Cajun soprattutto a livello della fase ritmica.
Fa la sua comparsa il washboard, o piuttosto una sua versione: non si tratta infatti della classica asse da lavare percossa da ditali, ma di una specie d’armatura metallica sfregata con un manico di cucchiaio.
La chitarra ha poi una funzione molto più marcata e in tempi recenti trovano largo spazio strumenti a fiato (soprattutto sax) e anche altri tipi di percussioni.
Il termine Zydeco non era però solo riferito al tipo di musica suonata, ma allargava il significato fino a comprendere quel caratteristico contesto di vera e propria festa popolare del luogo che era anche noto col nome acadico di ‘Fais Do Dos’.
Il primo musicista nero a suonare l’accordeon su disco sembra sia stato Amadé Ardoin che influenzò buona parte degli artisti più giovani tra i quali Clifton Chenier e Rockin’ Dopsie che sono i due musicisti del genere attualmente più conosciuti.
Ma è proprio tra i due personaggipiù noti del genere che si può già cogliere una differenza di stile che sta alla base di una certa variabilità musicale insita nello Zydeco. Mentre Chenier è il classico rappresentante delle Fais Do Dos che imposta la sua musica in modo da orientarla essenzialmente sul suono dell’accordeon, Dopsie affida ai suoi Twisters una certa propensione all’elaborazione. Il sax tenore del bravo Joe Hurt per esempio ha una funzione insostituibile all’interno del gruppo e non è raro sentirlo impegnato in lunghi ‘solo’ che risentono addirittura di influenze jazz.
Lo Zydeco rappresenta dunque l’ala creativa di quello che è comunemente noto come il blues della Louisiana, l’espressione più mutevole di una cultura piuttosto compressa, non troppo amante dei cambiamenti che in essa possono intervenire a variare una quotidianità ereditata da tante generazioni. Rappresenta quindi anche il fulcro su cui operare per non rimanere emarginati da un’ inevitabile dinamica che prevede il superamento di certi criteri e tuttalpiù il loro recupero in chiave revival.
Roberto Caselli, fonte Hi, Folks! n. 1, 1983