Bob Cheevers è un personaggio attivo sulla scena musicale statunitense da molti anni, anche se il suo primo lavoro a ricevere una certa promozione a livello discografico risale solo al 1997 (Gettysburg To Graceland – Black Nine Records BN0201-2).
Frequenti tours nella vecchia Europa lo hanno portato a visitare con una certa regolarità l’Inghilterra e l’Irlanda, fino a conquistarsi un certo seguito anche in terra d’Albione. Questa popolarità lo ha convinto a stampare in proprio otto CD che raccolgono brani ‘a tema’ scritti dallo stesso Bob nel corso degli anni precedenti il 1997.
Questa collezione non viene distribuita tramite i normali canali commerciali, ma soltanto attraverso il sito di Bob, www.cheeversongs.com, dove è logicamente possibile trovare tutta una serie di informazioni su questo anomalo cantautore attualmente domiciliato in quel di Nashville, Tennessee.
Nel 1999 la indie Hayden’s Ferry gli concede fiducia e stampa The Stories I Write, un piccolo grande capolavoro dove Bob narra le sue storie che trattano del profondo Sud, mescolando l’attualità con il passato, la realtà con la fantasia, personaggi veri ad altri inventati, fino a non riuscire più a distinguere lui stesso – per sua ammissione – la realtà dalla finzione.
Con la sua voce a metà strada esatta fra quella di Willie Nelson e quella di Neil Young, nasale e molto particolare (abbiamo spesso scherzato insieme sulla possibilità di incidere un album di covers di brani di Willie e di Neil sotto lo pseudonimo di Neil Nelson o Willie Young..) Bob è uno dei tanti piccoli tesori misconosciuti che restano ancora gelosamente custoditi in quel prolifico sottobosco che è l’ambiente delle etichette indipendenti americane.
In tempi più recenti (2003) Bob mi ha inviato una copia delle sue ultime prove discografiche, nuovamente e rigorosamente autoprodotte/autodistribuite e l’occasione è ghiotta per condividerne il contenuto con tutti voi. Bob è sempre stato molto attivo a livello compositivo e l’anno appena conclusosi ha visto il parto di due albums di materiale nuovo ed inedito oltre ad una compilation dei suoi ultimi quattro lavori, conditi da un paio di inediti assoluti, che non guastano mai.
Il sound che caratterizza i lavori di Bob è vario quanto basta per non annoiare, ma coerente con se stesso ed immediatamente riconoscibile, tanto quanto lo è la sua – bella – voce. Elettroacustico quanto basta per adattarsi alla ballata introspettiva quanto all’esercizio più grintoso, il suono si appoggia pesantemente alla chitarra acustica suonata dallo stesso Bob, frequentemente sostenuta da una robusta sezione ritmica, che spesso varia nella sua line-up (Michael Botts, Paul Scholton, Eric Wallace e John Gardner riescono ad alternarsi alla batteria all’interno delo stesso album – People, Places & Things – mentre il basso passa di mano fra Scott Merry, Erik Klevin e Byron House).
In questo stesso CD non si può fare a meno di menzionare un delizioso uptempo che risponde al titolo di I Need To Slow Down, la cupa narrazione di The Legend Of Sleepy Hollow, i sapori sudisti di The Soul of Savannah enfatizzati dall’accordion di Jay Spell, l’incedere nero di Test of Fire, l’infinita dolcezza acustica di Under The Bayou Moon, la nostalgia ed il rimpianto di Old Habits Die Hard, l’autobiografica delicatezza di Me & Dan & The Spoonman, per chiudere con l’improbabile R & B di Memphis ‘till Monday e con la ballata The Promise & The Promised Land.
Dello stesso anno è anche We Are All Naked, un album profondamente autobiografico, come ci confessa lo stesso Bob in vena di confidenze, dedicato al rapporto sentimentale che lo ha legato per sei tormentati anni alla stessa donna e che ora lo porta a guardarsi allo specchio solo per vedere un uomo solo, in crisi – sentimentale e professionale – con molto bisogno di ‘resettare’ la propria vita e cercare di capire quale direzione prendere, ora che i quarant’anni sono ormai abbondantemente lasciati alle spalle.
Once In A Lifetime Ride inizia la sorta di viaggio autobiografico che vede protagonisti questi “…Kentucky Woman & Tennessee Man…”. Tutti i quattordici brani sono scritti dal solo Cheevers e non poteva essere diversamente, trattandosi di narrazioni estremamente personali e mirate. Gli arrangiamenti predilogono atmosfere acustiche, più favorevoli alla meditazione ed all’introspezione, all’esame dei sentimenti ed al bilancio di una vita ‘on the road’, concetti ben sintetizzati in Help Me With My Heart.
Il Title-Track risulta più scanzonato, almeno nell’arrangiamento, scarno ed incentrato su un banjo solitario, mentre Memories I’ll Keep è essenziale ed acustica, con qualche intervento più deciso, tanto da dare uno scossone a quanti potrebbero essersi lasciati cullare eccessivamente dallo strascicato cantato di Bob, che profuma di magnolie e di umori sudisti.
The Living Proof è delicata ed acustica, All I Want From Memphis è più variegata ed arrangiata con occhiate al sound R & R più soft ed al suono poliedrico di New Orleans. My Beautiful Suzannah ci cala nuovamente nelle profondità del meridione statunitense, con dovizia di luoghi comuni che ci ricordano i paesaggi della Guerra di Secessione, argomento particolarmente caro e ricorrente nelle composizioni di Cheevers: un altro piccolo/grande gioiellino, tutto da scoprire.
Ancora paesaggi frequenti nel nostro immaginario di incalliti sognatori per Blue Delta Dawn, Before You e When The Leaves Turn Gold, brani che si fanno apprezzare appieno dopo ripetuti ascolti, che però non costano assolutamente fatica, tanto è la musica di Bob ed i suoi testi a richiederlo.
Ballate come Thar Was Eli, Every Moment Is A Miracle o That Evening & Forever rappresentano momenti importanti nella vita di qualsiasi uomo che vive queste situazioni e non dobbiamo – e non possiamo – dimenticare che, dopo tutto, Bob Cheevers è proprio questo:un uomo. Non non siamo diversi da lui.
Se poi vogliamo davvero completare l’ascolto della sua ‘opera omnia’, non dobbiamo dimenticare i due inediti su Snapshots: la ballata fortemente evocativa racchiusa in Small Town e l’autobiografica Popsicle Man, dedicata al venditore di ghiaccioli che aveva allietato tanti afosi pomeriggi estivi di un ragazzino che abitava nel profondo Sud e che già avevamo ascoltato nel corso di una magica serata nel freddissimo Febbraio 2002 in quel di Cavriago (RE).
Dino Della Casa, fonte Country Store n. 72,2004