Così Herbie Hancock si è espresso su Otis Blackwell: “Se tu sei un musicista ed hai scritto una canzone che è diventata un successo e poi è divenuta un classico, questo significa che tu sei molto, molto fortunato. Ma quando tu sei un compositore ed hai scritto canzoni che hanno costruito le fondamenta della musica, quello che tu hai poi è un fenomeno.”
Di questo si può rendere conto persino l’ascoltatore più sprovveduto anche solo leggendo i titoli che compongono questa raccolta intitolata Brace Yourself e che non a caso sono interpretati dai più popolari interpreti rock, pop e blues contemporanei.
Otis Blackwell, emerso in un’era dove le case discografiche non incoraggiavano gli autori a diventare artisti per cantare le proprie canzoni, non ha potuto conoscere la fama che meritava anche come cantautore. Le sue songs hanno avuto però accesso al repertorio di tutti i più grandi interpreti dalla rock & roll era in poi.
Quelli che sono stati fortunati abbastanza di vederlo interpretare i suoi brani, giurano che lo stesso Elvis Presley debba molto a Otis non solo per le canzoni cui ha prestato la voce ma anche per lo stesso stile di canto che Elvis ha fatto proprio, incorporandolo, registrando le sue canzoni.
A partire dalla prima metà degli anni Cinquanta, sino a tutti gli anni settanta, le sue 1000 e più canzoni hanno conosciuto covers e continuano ad essere interpretate anche negli anni ’90 da musicisti dalle più disparate estrazioni. Miglior tributo non si poteva pagare a questo musicista ancora vivente anche se infermo ed in gravi condizioni.
Co-prodotto da personaggi del calibro di John Tiven e Tony Visconti, Brace Yourself presenta un cast eccezionale di musicisti inglesi ed americani accompagnati da una band che comprende: Steve Ferrone, batteria, Kenny Aaronson, basso, Jimmi Destri, tastiere, Chris Spedding, chitarre, e la sezione di fiati degli Uptown Horns arrangiata dal sax baritono di Crispin Cioe.
Registrato a Londra, Chicago ed Austin questo ‘Tribute’ vede alternarsi le più prestigiose voci soliste nell’interpretare le più popolari songs di Otis Blackwell. Apre un ottimo Graham Parker, Paralyzed, seguono in duo Chrissie Hynde & Chris Spedding, Hey Little Boy, seguiti da un toccante Paul Rodgers, Home In Your Heart, ed è un susseguirsi di stelle: Tom Verlaine, Fever, una credibile Deborah Harrys, Don’t Be Cruel, Ronnie Spector, alle prese con la title-track, Willie DeVille, con un’ipnotica e bluesy Daddy Rollingstone, un Kris Kristofferson in versione rocker Sun, All Shock Up, sino ad un incredibile Dave Edmunds, che canta e suona tutti gli strumenti nella nostalgica Return To Sender che sembra magicamente uscita dai fifhties.
Non mancano gradite presenze blues a celebrare questo autore newyorkese, Jon Spencer, Joe Louis Walker, On That Power Line, e Sue Foley in compagnia di Sarah Brown e Marcia Ball, offrono l’occasione al texano Joe Ely di offrirci una scatenata cover di Great Balls Of Fire, uno dei più popolari brani di questo autore.
Può sembrare retorico definire Otis Blackwell uno degli autori più importanti della storia del rock & roll, capace di scrivere brani pieni di ritmo e melodie indimenticabili ed accattivanti con testi in grado di essere a loro modo poesia nel contesto in cui sono inseriti; scorrendo la lista dei brani inseriti in Brace Yourself ed a giudicare dai personaggi che si sono scomodati per celebrarlo, come non convenirne. La musica di Otis non morirà mai, fa parte del patrimonio culturale del rock & roll.
Shanahie 5702 (Rock & Roll, Rhytm & Blues, 1994)
Franco Ratti, fonte Out Of Time n. 3, 1994