I dieci migliori dischi country degli anni ’90 secondo Dino Della Casa.
WILLIE NELSON, Across The Borderline (Columbia, 1993)
Album-celebrazione per il sessantesimo compleanno dell’inossidabile texano. Ci sono ospiti del calibro di Paul Simon, John Hiatt, Bob Dylan, Peter Gabriel, Bonnie Raitt e Sinead O’Connor. Il disco non è necessariamente country nell’accezione più propria del termine, ma lo spirito lo è. E’ un tipo di country cantautorale, con la voce e la chitarra di Willie, entrambe ugualmente inconfondibili, che la fanno da padrone in tutti i brani. E’ l’album che conferma la ritrovata vena interpretativa – se non compositiva – di Willie, dopo un periodo piuttosto piatto, ma ora il leone torna a ruggire e produrrà i seguenti album, ciascuno per motivi diversi, in modo ineccepibile. Il CD contiene American Tune e Graceland (entrambe a firma Paul Simon), Heartland (firmata da Willie e Bob Dylan), Across The Borderline e l’inedito Still Is Still Moving To Me.
RAY WYLIE HUBBARD, Loco Gringo’s Lament (DejaDisc, 1994)
E’ l’album della resurrezione. Ballate aride ed acustiche, con strumentazione parca che lascia ampi spazi alla voce molto espressiva del nostro. Prodotto dall’infaticabile – già allora – Lloyd Maines, l’album viene etichettato come “dodici poderose canzoni nuove del leggendario cantautore texano. Honky-tonk music acustica, onesta e scevra da ogni compromesso”. Contiene l’iniziale Dust Of The Chase, la texanissima Love Never Dies che sarebbe stata bene in mano a Billy Joe Shaver, senza dimenticare l’altrettanto valida e personale I’ve Seen That Old Highway, Didn’t Have A Prayer la sentirei invece adatta alla voce di Waylon Jennings. Il title-track è fra le perle assolute di Ray, che non può certo essere accusato di inflazionare la sua produzione, parco com’è nel produrre dischi.
TOM RUSSELL, The Rose Of The San Joaquin (Hightone, 1995)
Tom Russell è uno dei nostri preferiti e lo è stato fin da quando ha firmato l’imperituro classico Gallo Del Cielo. Anche lui non è uno che si spreca a sfornare albums a getto continuo, ma quando esce il nuovo disco, è difficile che sia un fallimento. Già il title-track si presenta come un delizioso quadretto dipinto con i colori tipici della tavolozza tex-mex. La chitarra di quel mago delle corde noto come Andrew Hardin, il contributo compositivo del grande Ian Tyson, il giro giusto dei musicisti, ma soprattutto il genio compositivo ed interpretativo dello stesso Tom ci regalano gioielli quali la stessa Rose Of The San Joaquin, Heartaches Are Stealin’, Out In California e l’inarrivabile The Sky Above, The Mud Below, dipinta con immagini vivide come se fossero tratte da un vecchio western di John Ford.
BRIAN BURNS, Highways, Heartaches & Honky-tonks (Bandera Records 1997)
Piacevolissima sorpresa proveniente dal solito prolifico Texas. Brian è un esordiente all’epoca (ora stiamo attendendo il suo terzo CD), ma ha veramente della classe: il titolo è già vincente da solo e ben riassume gli argomenti topici della musica texana doc, la parte strumentale è assolutamente all’altezza delle produzioni delle majors – se non meglio – con nomi quali Ray Wylie Hubbard e Tommy Alverson che collaborano. Da ricordare lo shuffle del title-track, il country smaccatamente texano di If You Don’t Believe I Love You, Ask My Wife (rifatta anche da Gary P. Nunn), il tex-mex esilarante di Fire Ants e la stupenda ed inquietante ballata conclusiva The Haunted Jukebox, fra le cose migliori del cantautorato texano di sempre. Ci sono anche un paio di covers a firma Ray Wylie Hubbard, a conferma che Brian Burns sa il fatto suo. Da conoscere assolutamente.
CORY MORROW BAND, The Cory Morrow Band (Morrow Music 1997)
Cory Morrow appartiene al filone cosiddetto ‘new breed’, una nuova razza di cantautori, per lo più texani, particolarmente attenta all’insegnamento dell’outlaw-country che vede in Willie Nelson, Waylon Jennings, Billy Joe Shaver & soci i propri guru. Country-rock grintoso e ben arrangiato, con picchi di interesse corrispondenti all’iniziale e grintosissima The Preacher, alla più rilassata Angela (bello il ritornello immediatamente memorizzabile), Texas Bound Train, classicamente texana, all’accattivante The Light On The Stage, fatta apposta per coinvolgere le platee ai concerti, alla sferragliante I Wanna Go Home, al novello classico di Let It Roll, che non potrebbe suonare più texana di così, per finire con un vero e proprio capolavoro: quella Mercenary Song che, non per niente, porta la firma di un altro grande texano, Steve Earle, tutta pervasa dalla foga di un sano country boogie.
DALE WATSON, Cheatin’ Heart Attack (Hightone, 1995)
Dale è un grande, anzi un grandissimo. Come tale, il suo successo è assolutamente sproporzionato (in termini riduttivi, sia chiaro) al suo talento ed anche la malasorte si è accanita nei suoi confronti. Ha pubblicato otto albums, ma non è certo diventato ricco per questo, nonostante venga considerato alla stregua dei grandi del country texano. Questo suo disco di esordio è davvero eccellente: reminiscenze di Bakersfield sound, voce calda che si rifà alle tonalità più confidenziali di Merle Haggard, senza tralasciare gli insegnamenti di Johnny Cash ed un sound già personalissimo fin dalle prime battute. Il CD contiene Caught, lo shuffle di That’s The Day, l’western-swing gradevolissimo di South Of Round Rock, Texas e via con Nashville Rash, Wine, Wine, Wine e Texas Boogie. Imperdibile.
ASLEEP AT THE WHEEL, Ride With Bob (Dreamworks, 1999)
Gli Asleep At The Wheel sono il gruppo che maggiormente ha contribuito a traghettare l’eredità del western swing di Bob Wills fino ai giorni nostri, preservandone intatto l’imprescindibile contenuto artistico e storico. Questo album è il secondo tributo alla musica di chi l’western-swing lo ha inventato: Bob Wills ed i suoi Texas Playboys. Ogni brano vede la sfavillante partecipazione di un ospite importante: Willie Nelson, Clint Black, Tracy Byrd, Mark Chesnutt, Merle Haggard, Dwight Yoakam sono alcuni dei nomi presenti ed i titoli fanno parte della storia della nostra musica da sempre: San Antonio Rose, Roly Poly, Maiden’s Prayer, You’re From Texas, Faded Love, Take Me Back To Tulsa. Non rientrante nel repertorio del grande Bob è solo Bob Wills Is Still The King, scritta da Waylon Jennings nel 1974, ma qui inclusa come logico ed attuale omaggio al grande fiddler.
JASON BOLAND & THE STRAGGLERS, Pearl Snaps (Broken, 1999)
Jason Boland ed i suoi Stragglers esordiscono con un album sorprendente, a metà fra country, rock e cantautorato, con un melange di sonorità che ci hanno affascinato fin dal primo ascolto. Bella la voce di Jason, ma altrettanto ben supportata dai suoi Stragglers. Honky-tonk di classe per Pearl Snaps e If I Ever Get Back To Oklahoma, cantautorato di gran classe per l’iniziale Somewhere Down In Texas, western music con un fiddle a-la Charlie Daniels per Ponies, ritmo piacevolmente cadenzato in Devil Pays In Gold e grande boogie in No Damn Good e Change In The Weather. Inseriti a ragione nel filone del country-roots-rock, Joson Boland ed i suoi rappresentano una realtà molto interessante, che, con il CD in uscita Truckstop Diaries, non mancherà di confermare quanto di buono promesso in questo fulminante esordio.
ED BURLESON, My Perfect World (Tornado, 1999)
Vedere il proprio primo disco prodotto da Doug Sahm è certo il sogno di ogni esordiente, ma Ed Burleson davvero lo merita. Texano doc, Ed ha sfornato un disco con i controfiocchi, suonato come si deve e cantato ancora meglio. I suoni texani ci sono tutti, il country della Stella Solitaria è presente in gran spolvero ed il disco è un vero successo. Clinging To You è uno shuffle come si sentiva ai vecchi tempi, con una steel guitar da sogno (Tommy Detamore) e No Closing Time e No Tears sono alla pari. Goin’ Home To Texas e Might Seem Like A Loser sono due grandi esercizi honky-tonk, mentre il resto è affidato alle corde delle emozioni più delicate e romantiche. Fra gli amici che suonano con Ed troviamo logicamente Doug Sahm, Bill Kirchen, Lloyd Maines, Alvin Crow, Tommy Alverson e Clay Blaker. Alla faccia dell’esordio… ed è già uscito il nuovo CD Live At The Sons Of Sherman Hall.
KRIS KRISTOFFERSON, BILLY JOE SHAVER, WILLIE NELSON & WAYLON JENNINGS, Honky-Tonk Heroes (Pedernales/Free Falls, 1999)
I quattro titolari non hanno bisogno di alcuna presentazione, in quanto rappresentano – per certi aspetti – la summa del country texano che conta. Dieci brani, tutti scritti da Billy Joe Shaver, interpretati da quattro delle più belle voci del Lone Star State in tutte le combinazioni possibili. C’è Honky-Tonk Heroes, che aveva , a suo tempo, segnato l’inizio del movimento dell’outlaw-country, grazie all’omonimo disco di Waylon Jennings. Troviamo la dolce ballata dedicata allo stesso Willie Nelson, intitolata Willie, The Wandering Gypsy And Me cantata da Kris Kristofferson alla voce solista. Ain’t No God In Mexico e You Asked Me To hanno molto in comune e che dire della sognante ed acustica I Couldn’t Be Me Without You con Willie solista? Abbiamo fra le mani un piccolo grande capolavoro che quattro amici, nostri e vostri, hanno voluto regalarci. Grazie di cuore, vecchi ragazzi.
Dino Della Casa, fonte Country Store n. 60, 2001