Brian Houser è uno dei tantissimi nomi che compaiono misteriosamente sul video del vostro computer mentre state navigando fra i siti che trattano musica country, vi capita di prestargli un ascolto dapprima non sufficientemente attento – quanto invece merita – poi sempre più coinvolto, fino a rendervi conto che avete fatto una gran bella scoperta. Il suo Simple Lives è il terzo disco che allieta il nostro lettore a firma Brian Houser, ma ci riserviamo di approfondire il discorso (anche se pare che la sua discografia si riduca a tre titoli: Never Look Back del 1998 e Son Of A Common Man del 2001).
Già il fatto che quel marpione di Lloyd Maines (non credo che trovi più il tempo neppure per dormire…) gli produca il disco era sufficiente per scuotere la nostra curiosità, ma dopo l’ascolto dell’iniziale Born & Bound To The Road, abbiamo deciso che il disco doveva essere nostro ed eccolo girare allegramente sul nostro affaticato lettore domestico.
Si parte con un’intro da fare invidia ai grandi session-men delle cosiddette majors: il dobro si anima di vita propria sotto le dita esperte del solito Lloyd Maines (chitarre acustiche, elettriche, baritono e pedal steel, oltre al mandolino baritono, quello tradizionale e banjo) ed il fiddle di Dennis Ludiker (già alla corte di Jason Boland) non è davvero da meno. Brian House suona la chitarra acustica ritmica e canta, ma la solista acustica è ancora appannaggio del solito Maines, che fa le solite faville.
Jody Why è una piacevole ballata sottolineata dal banjo, ma I’ll Take Texas Every Time fa davvero faville. Un western swing in perfetta chiave tradizionale, con piano, twin fiddles, steel guitar e chitarra acustica sugli scudi e sicuramente una delle perle dell’intero album. Simple Tragedies vira il timone verso i lidi della country music più tipica e ben si adatta la voce calda e confidenziale di Brian a questo genere, che tanto amiamo. Glenn Fukunaga (basso), Terri Hendrix (armonie vocali), Noah Jeffries (chitarra acustica), Adam Odor (fisarmonica), Riley Osbourn (tastiere) e Paul Pearcy (batteria) si impegnano al massimo in questa prova ed il risultato è davvero interessante.
Sally Bowman è la tragica storia dell’uccisione dell’omonima ragazza da parte dei Comanches per impossessarsi del cavallo di suo padre, che ella montava nel 1868 in quel di Wise County, Texas.
One More One Last Beer è un ammiccante mid-tempo a-la Jerry Jeff Walzer, sottolineato da un’altrettanto intrigante steel guitar ed è dedicata alle cameriere del locale Cozy Oaks di Denton, Texas, teatro di molte notti brave di Brian Houser e del suo compagno Gary Postenreider.
Tex & Dymple ha il sapore delle narrazioni autobiografiche ed è infatti dedicata ai nonni di Brian ed a tutti quanti comprendono i mutamenti del volto e dei volti del Texas, il tutto non resta comunque immune dalla lezione del già citato Jerry Jeff.
Standing Strong For You e la conclusiva Joy’s Valentie sono dedicate ad una misteriosa Joy, che potrebbe però rispondere al cognome di Frederick, sua manager e Booking Agent (ma non solo, a meno che non sia costume diffuso dedicare un paio di romantiche ballate al proprio manager…).
Cowboy Song (con quell’arrangiamento tipicamente western e scanzonato) è l’unico brano a non essere firmato da Brian, mentre sia Lonesome Old Freight Train che A Little Ahead sono dei piccoli grandi capolavori di musica western.
Brian Houser non diventerà mai un Garth Brooks in termini di vendite, ma probabilmente continuerà a sbarcare dignitosamente il lunario facendo musica onesta come questa. Avanti così, Brian.
Yippee 2004 (Traditional Country, Western Swing, 2004)
Dino Della Casa, fonte Country Store n. 73, 2004