Se la memoria non ci trae in inganno, il presente 1963 Isn’t 1962 dovrebbe essere la quarta emissione della serie Blues Vault, una label dedita al recupero di materiale inedito registrato in gran parte nel corso dei ’60 da importanti e anziani bluesmen recuperati dall’anonimato. Inoltre, scusate le numerose incertezze, tale registrazione, colta dal vivo a Berkeley nel Novembre 1963, sembra trattarsi del primo (e unico?) live di Bukka White.
Una cosa, comunque, è certa: abbiamo di fronte un documento eccezionale che fotografa nei minimi particolari l’arte di uno dei più grandi bluesman nati e cresciuti dalle parti del Delta. Non è trascurabile, inoltre, il fatto che tanto ben di Dio è possibile gustarlo con una definizione di suono eccellente, ove non s’odono fruscii o rumori di fondo fastidiosi.
All’epoca di questa registrazione, il cinquantaquattrenne Booker T. Washington, meglio noto come Bukka White, è appena riemerso da un lungo oblio, una vera e propria riscoperta il cui merito va tutto al noto musicista e musicologo John Fahey. Quel che stupisce è l’accresciuto spessore del musicista, divenuto estremamente maturo e intenso, in grado di reggere un intero concerto in completa solitudine, grazie ad una vocalità aspra, granulosa, tagliente come una lametta affilata, e grazie anche ad una tecnica chitarristica del tutto personale, anche se il fantasma di Johnson è lì dietro l’angolo, ove gli ‘ostinato’ sui bassi si intrecciano continuamente con vere e proprie sciabolate di slide, che si abbattono violentemente sopra la testa dell’ascoltatore (la lunga e scatenata train song Streamline Special, o il suo hit, spesso riproposto, Aberdeen Blues).
Risulta davvero problematico indicare questo o quel brano, dato che le 13 tracce di 1963 Isn’t 1962 sono di livello uniformemente elevato.
Edsel ED 382 (Blues, 1994)
Enzo Pavoni, fonte Out Of Time n. 7, 1994